Trasformare una tragedia in testimonianza: le vittime del lavoro e dell'amianto rivivono nelle voci dei familiari
Protagonisti della conferenza di ieri sera a Palazzo delle Paure il Gruppo Aiuto Mesotelioma e le associazioni "Gabry nel cuore" e "Angelo Di Napoli". Esposti in sala sette dipinti dell'artista Carlo Maria Giudici
"Prevenire è meglio che curare!": questa la conferenza promossa in occasione della Giornata mondiale delle vittime dell'amianto (28 aprile) che si è tenuta nella serata di ieri, venerdì 26 aprile 2024, nella sala conferenze di Palazzo delle Paure, davanti ad un numerosissimo pubblico. Protagonisti il Gruppo Aiuto Mesotelioma, l'associazione "Angelo Di Napoli" e l'associazione "Gabry nel cuore" con le testimonianze dei propri cari morti sul lavoro o vittime dell'amianto. Le testimonianze sono state intervallate dalle note della violoncellista Maria Antonietta Puggioni, mentre in sala erano esposti 7 dipinti del maestro Carlo Maria Giudici, rappresentanti il dramma delle stragi sul lavoro. Durante la serata è stato anche presentato il romanzo "Le ragazze fantasma" di Virginia Benenati. Moderatrice dell'evento la giornalista Katia Sala; presente anche l'assessore alle Pari opportunità Renata Zuffi.
Trasformare una tragedia in testimonianza: le vittime del lavoro e dell'amianto rivivono nelle voci dei familiari
"Solitamente celebriamo la Giornata mondiale delle vittime dell'amianto organizzando qualcosa che riguarda il tema specifico - così Cinzia Manzoni, presidente del gruppo "Aiuto Mesotelioma", figlia di Angelo, vittima dell'amianto - Ma purtroppo tra le vittime dell'amianto si contano anche tante vittime del lavoro e così ho pensato di allargare il tema della serata invitando anche le altre associazioni. Non c'è giorno in cui non si contino morti sul lavoro, ma dietro questi numeri ci sono delle persone: ho pensato di portare delle storie perchè la gente deve comprendere con il cuore. Il mio appello è che apriate il vostro cuore e ascoltiate le nostre voci. Ad oggi, in una città come Lecco sono solo 4 le persone sotto sorveglianza sanitaria per i rischi legati all'amianto: vorrei che le istituzioni si impegnassero per attivare la sorveglianza sanitaria per tutte le persone che hanno lavorato con questo materiale. Invito i cittadini a fare esposti perchè solo così il Comune può intervenire e eliminare tetti e tubazioni in amianto: questa è l'unica cosa che può salvare le nuove generazioni".
In Lombardia si contano un quarto dei casi di mesotelioma dell'intera Italia, come ha spiegato la dottoressa Carolina Mensi, responsabile del Registro Mesoteliomi Lombardia. In provincia di Lecco, sono 5.3 su 100mila gli uomini che sviluppano il mesotelioma e 2.2 le donne. A Lecco città il numero di donne colpite è leggermente sotto la media provinciale; quello degli uomini leggermente sopra. "In Brianza spesso il legame tra dipendente e datore di lavoro è molto forte e quindi risulta più difficile per i lavoratori aprire una battaglia legale", ha spiegato la dottoressa Mensi.
La storia di Gabriele, morto sul lavoro a 25 anni
Gabriele aveva 25 anni, una fidanzata e il sogno di un figlio, un sogno che si è spezzato in modo assurdo il 10 aprile 2019. Questa è la sua storia, raccontata con grande forza e coraggio dalla madre, Ester Intini, che ha saputo trasformare un'incomprensibile tragedia in un cammino di testimonianza, fondando l'associazione "Gabry nel cuore", perchè "non poteva essere tutto finito quel giorno". Gabriele aveva frequentato l'alberghiero e per un po' di tempo aveva lavorato nei bar, con ritmi assurdi che non lasciavano spazio alla vita e con un salario troppo basso. Così decise di prendere il patentino per il muletto al fine di poter arricchire il proprio curriculum e poter essere assunto in fabbrica. Nel gennaio del 2019 un amico gli disse che in un paese vicino un'azienda stava subendo un cambio generazionale e dunque si prospettava un incremento di lavoro e, di conseguenza, la necessità di nuovo personale. Gabriele porta subito il curriculum e effettua il colloquio con il datore di lavoro, che si era dimostrato entusiasta di aver trovato un ragazzo sveglio e capace. Il datore gli chiede quindi di accettare un contratto determinato di sei mesi, con la promessa che poi si sarebbe tramutato in indeterminato. Così Gabriele viene assunto come addetto di fine-linea, una posizione che di solito si acquisisce con il tempo. Nei giorni, però, Gabriele iniziava a mostrarsi un po' preoccupato perchè la sua formazione era costituita semplicemente nell'affiancamento, per 15 giorni, del suo amico, che gli ha insegnato ad utilizzare il macchinario, ma non gli ha mai parlato di sicurezza. L'8 aprile del 2019, finito il turno, Gabriele torna a casa ma dice alla madre che la mattina seguente deve rientrare al lavoro perchè il macchinario non aveva funzionato e quindi i colleghi gli avrebbero fatto vedere come fare. Infine, arriva il 10 aprile, il giorno dell'incidente. "Quella mattina non riuscii a salutarlo perchè le gambe non mi si spostavano dal letto a causa di un'improvvisa paralisi - ha raccontato Ester - Andai a lavorare in ritardo. Alle 10 ricevetti la telefonata di Giorgia, la ragazza di Gabriele, che abitava vicino alla fabbrica e diceva di aver visto un via vai di ambulanze. Così lasciai il mio posto di lavoro, chiamai l'azienda e l'ufficio mi rispose che mi avrebbero passato il magazzino: era come se mi avessero attaccato il telefono in faccia; lì capii che era successo qualcosa di grave. In azienda c'erano i Vigili del fuoco e le ambulanze e più di mille persone fuori. Io sentii solo i Carabinieri che dicevano a mio marito: 'Mi dispiace, non ce l'ha fatta', e lo vidi mentre si accasciava a terra. Non ascoltai nemmeno i Carabinieri, non avevo tempo per loro: mi diressi dai colleghi di Gabriele e chiesi loro se stesse lavorando su quel macchinario. Fecero un passo indietro: credo di aver fatto passare loro i tre minuti più brutti della vita. I Ris mi dicevano che non potevo vedere mio figlio, che dovevano fargli un'autopsia per vedere se fosse ubriaco o drogato e che me l'avrebbero fatto vedere solo giorni dopo attraverso un vetro per poterlo riconoscere. Mi concentrai sul pensiero che non potesse finire tutto lì: non potevo smettere di crescere mio figlio. Forse immaginavo già quello che avrei fatto".
Gabriele era stato lasciato solo su una linea in cui si lavora in due, affiancato da una figura jolly, un magazziniere che doveva però assolvere alle sue mansioni e quindi non poteva fermarsi tutto il tempo. La ditta in questione si occupava della verniciatura della lamiera destinata alla produzione di lattine e la sola formazione che Gabriele aveva ricevuto era questa: il verde non deve intaccare il beige, altrimenti bisogna entrare nella cabina e controllare che non si formino micropolveri sui rulli. Se presenti, bisognava avvicinarsi ai rulli e pulirle: non si poteva fare a macchina spenta se no avrebbe impiegato troppo tempo a ripartire. Gabriele segue le indicazioni che gli sono state date. Qualcosa però va storto: resta incastrato con la mano destra nel macchinario, ma il macchinario non si ferma. Nessuno sapeva dove fosse: è stato ritrovato agonizzante incastrato nella macchina 28 minuti dopo.
La storia di Angelo, morto sul lavoro a 35 anni
Il 24 ottobre 2019 Angelo, come tutte le mattine, si è alzato alle 5.45 per andare al lavoro, ma non è più tornato a casa vivo: dopo essere rientrato dalla pausa pranzo - aveva appena sentito al telefono la compagna - a causa di una manovra sbagliata, messa in atto al fine di risparmiare, come sempre, il denaro che sarebbe stato necessario per l'utilizzo degli strumenti adeguati, un trasformatore da 5 tonnellate lo ha travolto, causandogli un trauma cranico e un trauma toracico. Lui si accorse di ciò che stava succedendo, ma non aveva vie di fuga. E' entrato in coma e vi è rimasto per sette mesi. Questa è la storia raccontata dalla sua compagna, Carmen Cannistra, che all'epoca era incita del suo secondogenito (Angelo e Carmen avevano una bambina di 2 anni). "Avevo fatto un fioretto: io partorisco da sola, ma tu ti svegli. E invece il 25 maggio 2020 Angelo ci ha lasciato per sempre". Opera, la città dove abitava la coppia, ha intitolato ad Angelo un campo sportivo. "Le istituzioni devono dare un volto ai morti sul lavoro, altrimenti restano solo numeri. Lavorare è un diritto, ma tornare a casa lo è di più", le parole commosse di Carmen, seguite da un lungo applauso.
Cinzia, figlia di Angelo, vittima dell'amianto: dalla tragedia alla fondazione dell'associazione
"Io non sapevo neanche cosa fosse il mesotelioma - il racconto di Cinzia Manzoni - Questa parola mi è stata detta per la prima volta da un medico quando abbiamo portato mio papà all'ospedale Humanitas. Lì ci hanno dato la sentenza: un tumore che non lascia scampo; se va male sono sei mesi, se va bene sono due anni. Lui ha resistito due anni: due anni di sacrifici, battaglie e grandi dolori. Nel 2012 - 2013 non si parlava di amianto. Non è stato facile". "Io ho pensato subito: questa donna è straordinaria - ha commentato la giornalista Sala - Fondare un'associazione e dover fare i conti con il dolore significa veramente avere dentro di sé una passione civica e sociale ammirevole".
"Le ragazze fantasma", il libro di Virginia Benenati
Durante la serata è stato anche presentato il libro di Virginia Benenati, "Le ragazze fantasma". E' il 1917 quando in New Jersey apre una nuova fabbrica che attira molti dipendenti, soprattutto giovanissime ragazze (dai 15 ai 17 anni), attratte da una retribuzione più alta della media e dall'utilizzo di un nuovo materiale: il radio. Il compito delle giovani era dipingere il quadrante degli orologi con una pittura fatta di colla, acqua e polvere di radio: dovevano intingere il pennellino nella tintura e, per assottigliarlo e guadagnare una maggiore precisione, passarlo tra le labbra. Piano piano però queste ragazze iniziano ad ammalarsi...
"Penso che la lettura ci dia la possibilità di immedesimarci - le parole dell'autrice - Se tutti provassimo indignazione per queste assurde morti, forse questa ingiustizia sarebbe risanabile".
Esposte in sala sette opere dell'artista Carlo Maria Giudici
Conclusasi la conferenza, è stato possibile osservare le sette opere dell'artista Carlo Maria Giudici, dipinti che rappresentano incidenti sul lavoro e che evocano, attraverso simboli, l'assurdità di queste morti: "Ho voluto racchiudere in questi dipinti una realtà dove si passa da un evento diretto come un'azienda che brucia, alle operazioni del primo soccorso e al trasferimento in ospedale. Ci sono poi delle croci rosse con dei piccoli segni gialli, che possono essere interpretati come caschetti da lavoro o come piccole luci, che, per chi ha fede come me, indicano il passaggio dalla materia allo spirito".
I dipinti esposti in sala: