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Cgil e Uil, un flash mob in piazza Diaz per gridare stop alle morti sul lavoro

"Rifiutiamo un paese a doppio binario, diviso tra chi viaggia in prima classe e chi sul treno dei diritti non può salire"

Cgil e Uil, un flash mob in piazza Diaz per gridare stop alle morti sul lavoro
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Cgil e Uil sono scese in piazza Diaz, a Lecco, nel pomeriggio di oggi, giovedì 11 aprile 2024, per gridare stop alle morti sul lavoro, quanto mai attuali, considerati i fatti di cronaca dei giorni scorsi, che hanno visto la morte di quattro lavoratori nell'esplosione della centrale idroelettrica di Bargi, nel bolognese, mentre due risultano ancora dispersi. Proprio per questo gli scioperanti si sono vestiti con una tunica bianca, una maschera in volto e un elmetto in testa, sdraiandosi a terra: "Uno sciopero in silenzio come espressione del dolore che proviamo, per inviare un messaggio di cordoglio alle famiglie di tutte le vittime - così spiega una scioperante - ma lo sciopero anche come un grido per dire 'basta morti sul lavoro', vittime di un sistema che mette al centro il profitto, tagliando sulle misure di sicurezza".

Cgil e Uil, un flash mob in piazza Diaz per gridare stop alle morti sul lavoro

"Scendiamo nuovamente in questa piazza dopo il 24 novembre, che ha visto partecipare tanta gente allo sciopero - spiega Diego Riva, segretario di Cgil - il problema è che da allora si sono intensificate le problematiche, invece che diminuire. Se il governo pensa che noi ci fermeremo, ha sbagliato a capire: il 20 aprile andremo insieme a Roma perché pretendiamo rispetto. Come Uil e Cgil chiederemo la possibilità di una legge sulla rappresentanza per decidere quali possono essere le organizzazioni che rappresentano i lavoratori, anche perché in questo momento c'è un cambiamento in atto: la transizione industriale, quella ecologica... la situazione non la puoi governare senza le organizzazioni sindacali, per questo pretendiamo rispetto. Oggi dobbiamo provare ad affermare la cultura della sicurezza: si va al lavoro per vivere, non per morire. Poi c'è la questione delle tasse: si tutelano i redditi alti e si fa cassa con le pensioni e non si rinnovano contratti nazionali, partendo dal pubblico impiego". Infine la questione delle pensioni: "Si riducono le pensioni alle persone anziane, bloccano la legge sulla non autosufficienza e le politiche attive non si sa dove siano finite: chi paga le tasse sono i lavoratori e i pensionati, ma poi quando c'è da discutere di flax tax chiamano i commercialisti...".

Dario Esposito e Diego Riva

"Rifiutiamo un paese a doppio binario, diviso tra chi viaggia in prima classe e chi sul treno dei diritti non può salire"

"Non siamo qui contro un’associazione datoriale, ma a domandarci quanta coscienza ci sia in un soggetto pubblico (lo Stato) e deve essere chiaro che lo stato obbliga le nostre due associazioni sindacali a scendere in piazza per un diritto che dovrebbe essere sacrosanto: il diritto alla vita dei lavoratori; di chi, per pagare le bollette, esce di casa e ha il diritto di tornarci - prosegue Dario Esposito, segretario della Uil - A me dispiace che oggi in piazza ci siano solo questi due colori perché il diritto alla vita dei lavoratori deve essere difeso da tutti. Qualche politico nei mesi scorsi ha detto che le manifestazioni sono atti eversivi, io vorrei dire che é eversivo il decreto legge che introduce la patente a crediti per le imprese: non si può pesare una vita umana con 20 crediti. Nessuno si permetta di dire che stiamo facendo politica di partito, solo una lezione di educazione civica a quei politici che dovrebbero rappresentare tutti, anche lavoratori e pensionati, ma hanno deciso di rappresentare solo chi è di parte. Giorgia Meloni ha detto che 'il fisco non deve disturbare coloro che producono ricchezza', che deve essere amico delle imprese; noi abbiamo nulla contro le imprese e le partite Iva, ma vorrei chiedere cos’ha il governo contro i sindacati. In questo posto c’é gente che non riesce a pagare i mutui, un posto in ospedale... Noi rifiutiamo un paese a doppio binario, diviso tra chi viaggia in prima classe e chi sul treno dei diritti non ci può salire".

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