La storia di Brumano

La storia del paese abbarbicato sul Resegone che stava scomparendo e ora rinasce

Il piccolo centro della Valle Imagna era sceso a 76 abitanti e rischiava di scomparire, poi qualcosa è cambiato: oggi sono 124. Parla il sindaco

La storia del paese abbarbicato sul Resegone che stava scomparendo e ora rinasce
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C’era una volta un paese della montagna bergamasca abbarbicato sul Resegone  che continuava a perdere abitanti. Prima erano trecento, poi scesero a duecento. La gente se ne andava in cerca di lavoro e di fortuna. Poi diventarono cento e poi scesero a sole 76 persone. E poi...

La storia del paese abbarbicato sul Resegone che stava scomparendo e ora rinasce

Poi arrivarono Santa Lucia, Babbo Natale, gli Elfi e pure qualcun altro ancora. E lo spopolamento, come per magia, si fermò. I pochi giovani del paesino, che era diventato il più piccolo della Bergamasca, decisero di restare qui, in questo presepe in mezzo al verde della montagna, nella grande conca che da Rota Imagna arriva fino a Fuipiano. Cominciarono a nascere dei bambini, e i vecchi decisero di morire di meno.

Sindaco del paese dal 1990 è Luciano Manzoni, con in mezzo una breve pausa come vicesindaco. Luciano, come raccontano i colleghi di Primabergamo.it  ha 64 anni, è in pensione, ha fatto il portalettere per una vita. Ma la passione per la politica e per il suo paese lo ha sempre accompagnato. Oggi fa il sindaco a tempo pieno. Brumano in vent’anni è salito da 80 a 124 abitanti. Cioè ha aumentato la popolazione del cinquanta per cento.

Che cosa è successo?

«Per la precisione, il minimo è stato toccato nel 1981 con 76 residenti. È successo che alcuni ragazzi hanno deciso di restare e di fare famiglia. Hanno deciso che è più bello stare in montagna che nel caos della città e della periferia. Forse anche perché a Brumano abbiamo tutto».

Luciano Manzoni

Cioè?

«Nel nostro piccolo abbiamo un centro sportivo, un parchetto, la chiesa, un bar, un negozio. Abbiamo ottenuto il Postamat. E abbiamo anche una trattoria-pizzeria».

Non manca niente.

«Niente di essenziale. Poi magari c’è la scomodità di dovere affrontare chilometri in auto per portare a scuola i figli o per andare al lavoro. Ma in compenso viviamo in un ambiente da favola e questo è un aspetto che i giovani tornano ad apprezzare».

Lei è sindaco da sempre.

«Mi sono appassionato della politica e del mio paese da giovane. Ricordo che quando ero bambino giocavo a pallone con i miei amici sul piazzale della chiesa e mi dispiaceva che non avevamo un campo. Ecco, sono partito da lì: volevo che il mio paese avesse un campo per giocare a calcio».

Lei non gira mai da solo per il paese.

(Ride) «No, no... Giro sempre con Tumì, la mia cagnolina. Mi segue ovunque vada. Mi vuole bene».

Com’è fare il sindaco di un paese così piccolo?

«A Brumano ci conosciamo tutti bene, fin da piccoli. Essere il sindaco è una bella cosa perché ti dà la possibilità di agire. Io sono di poche parole, dico sempre: non dire quello che bisognerebbe fare, fallo. Vede, in un paese non conta se sei di destra o di sinistra, conta risolvere i problemi, dare una spinta alla vita. Ho iniziato a fare il sindaco che avevamo problemi con l’acqua potabile e con le fognature e quelle sono le prime cose che abbiamo affrontato. Adesso ci occupiamo anche di Babbo Natale».

Il Comune ha dei dipendenti?

«Uno solo, dodici ore la settimana, l’ufficio tecnico e l’anagrafe li abbiamo in convenzione con Rota Imagna, con cui andiamo d’accordo».

Tutto il resto lo fa il sindaco?

«Mi do da fare, sono in pensione. Quando non c’era Uniacque gestivamo anche l’acquedotto e dovevo andare io a mettere il cloro o a sistemare le pompe. Si fa un po’ di tutto. Del resto, il bilancio del Comune è di 300 mila euro circa, c’è poco da scialare. Poi ci sono i contributi per progetti specifici. Ma non è semplice, se non hai il personale è dura conoscere i diversi bandi e preparare la documentazione. Comunque, andiamo avanti, di recente abbiamo ricevuto dei contributi e abbiamo sistemato la strada per Fuipiano»

Brumano ha avuto per tanti anni un parroco eccezionale, don Beniamino Cappelletti.

«Sì, gli abbiamo dedicato la via principale del paese. Noi facevamo parte della diocesi di Milano perché eravamo legati storicamente più a Lecco che a Bergamo. Don Beniamino arrivò dopo la guerra, nel 1946, e rimase qui per tutta la vita, fino al 2004, quando morì. Fu il nostro parroco per 58 anni. Quando arrivò, Brumano non aveva la strada, ma la mulattiera per Rota Imagna. Non c’era nemmeno la corrente elettrica. Lui ha fatto tantissimo per Brumano, è stato fondamentale anche per rafforzare il senso della comunità».

Brumano è diventato il paese di Babbo Natale.

«E di Santa Lucia, della Befana... È un’idea che abbiamo avuto una decina di anni fa. La gente ci offre delle vecchie case o stallette e noi abbiamo creato queste situazioni che piacciono tanto ai bambini. Facciamo anche il Villaggio di Natale con le casette degli ambulanti nelle nostre piccole contrade. La gente viene, è molto contenta. Il 6 gennaio faremo il presepe itinerante con i Re Magi. Ci sono giorni che arrivano migliaia di persone. È un momento importante per Brumano».

Il futuro della montagna?

«Meno parole dei politici e più fatti. Agevolazioni. Faccio un esempio: un bar che resiste in un paese di cento abitanti dovrebbe venire aiutato, agevolato, rappresenta un vero servizio, un presidio di socialità, ed è bello se tiene la saracinesca alzata. Invece paga le tasse come tutti gli altri. Comunque, alla montagna serve che restino le famiglie. Quest’anno a Brumano non abbiamo avuto morti e sono nati due bimbi: loro sono il futuro, sono il nostro Natale».

 Paolo Aresi

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