Morgan racconta il suo Manzoni: "Un non allineato, come me"
Il cantautore, musicista, artista protagonista della serata conclusiva del festival “Lecco Città dei Promessi Sposi”. Una conversazione concerto in un Cenacolo Francescano affollato.
Irriverente, libertario, senza filtri, ma anche colto, preparato e gran musicista. Morgan, al secolo Marco Castoldi da Monza, cantautore, musicista, artista è stato protagonista domenica 16 ottobre 2022 di "Canta/Storie", la serata conclusiva del festival “Lecco Città dei Promessi Sposi”.
Morgan racconta il suo Manzoni, ma anche tanto di sé
In una conversazione concerto, in un Cenacolo Francescano affollato, Morgan ha raccontato il suo Manzoni, ma anche tanto di sé.
Come in ogni concerto che si rispetti, Morgan ha avuto il suo artista supporter: il cantautore Lisbona, all’anagrafe Luca Fratto, che collabora con lui, ha infatti aperto la serata con alcuni suoi brani originali tra cui “Tostapane” ed una canzone dedicata ai lussuriosi della cantica dantesca.
L'artista Morgan e il professor Mauro Rossetto
Poi il palco è stato tutto per la strana coppia, “l’artista e il professore”, Morgan e Mauro Rossetto, direttore artistico del Festival e direttore dei Musei manzoniani, che hanno dato vita ad una serata godibilissima, tra fughe in avanti del ex front man dei Bluvertigo e tentativi del professore di riportarlo nel seminato.
"Manzoni, come il Pd"
“Son vestito da Manzoni – ha esordito – Fateci caso c’è un ritratto dello scrittore in cui è proprio così – ha detto sedendosi di profilo e poi via, velocissimo, a descrivere il suo Manzoni: “Un eclettico, un maître à penser, un intellettuale complesso, ma anche uno che sta bene, che nasce in mezzo ai libri, suo nonno materno è Cesare Beccaria. Non è mica un Leopardi, un disperato”.
E poi, in un climax “alla Morgan”: “Uno snob, un narcisista ambizioso, il padrone di Milano, un ricco che si occupava della questione sociale, praticamente come il Pd dove son tutti ricchi e parlan di operai”. Per provare l’ambizione e il narcisismo “non patologico, eh” di Manzoni, Morgan ha letto “Autoritratto”, un composizione giovanile del Nostro e l’ha rifatta intitolandola “Selfie”, non prima di aver spiegato al pubblico quale sia la musica dell’endecasillabo citando Dante a memoria e cantando le prime terzine dell’Inferno.
E per raccontare meglio il rapporto tra ambizione ed attese ha regalo al pubblico due canzoni, la sua “Contro me stesso” e “L’avvelenata” che ha concluso imitando Guccini. Incontenibile, Morgan ha voluto dire la sua anche sulla censura di cui non c’è nemmeno più bisogno: “Oggi Guccini non potrebbe più scriverla, una canzone così. La censura è preventiva, ce l’abbiamo dentro. Lo Stato è contro gli artisti, li vuole omologati”.
"Alla Meloni ho chiesto se le interessava investire nella cultura"
Nessuno sconto alla classe politica che ha caratterizzato gli ultimi 35 anni della storia del nostro Paese. “Non è mai importato a nessuno della cultura. Franceschini mi ha trattato malissimo. Invece con la Meloni ho fatto un patto culturale. Le ha chiesto se davvero le interessava investire nella cultura e ha detto di sì”. Morgan non ha dubbi nemmeno su quale dovrebbe essere la prima mossa: “Sgarbi ministro della Cultura. È l’unico che può farlo, ma si discute perché si dice che lui è uno che litiga. Ma dove? In tv con Mughini? È solo spettacolo”.
Morgan come Manzoni: "Un non allineato eterodosso"
Morgan come Manzoni si sente uno “non allineato”, “eterodosso”, come ha ricordato Rossetto citando le sue simpatie gianseniste, ma “Manzoni era stimato, onorato, io ho 9, 10 articoli al giorno che parlano male di me. Non li denuncio, credo nel dialogo, credo nell’uomo”. L’occasione è il destro per parlare del rapporto di Manzoni col potere e con Napoleone a cui dedicò “Ei fu”. Ma più che le parole in una serata cosi “conta la musica” e infatti Morgan si è alzato improvvisando al pianoforte “Hey Jude” con il testo della poesia manzoniana.
Morgan: "I veri rivoluzionari sono Renzo e Lucia"
Il monzese sa senza dubbio stare sul palco e passa agilmente dal "Giudice" di De André , un “poeta epico”, ad un suo brano, regalando al pubblico persino la "Patetica" di Beethoven, dimostrando quando dietro al frontman scatenato ci siano in realtà cultura e preparazione.
Ma è quando Mauro Rossetto lo incalza sulle figure della Monaca di Monza e dell’innominato che il “mazziniano, risorgimentale, lottatore” Morgan dà il meglio di sé: “I veri rivoluzionari del romanzo sono i promessi sposi, Renzo e Lucia. Lo strappo originale è cercare di impedire a chi si ama di amarsi. Sono convinto che Manzoni abbia voluto dare un lieto fine a Romeo e Giulietta”.
Poi Morgan regala al pubblico la canzone "Il mio regno di Tenco”, il cantautore che aveva poco prima definito “lirico” e lascia il teatro così, tra gli applausi ma definitivamente e per sempre “controcorrente”.
Chiara Ratti