Gianni Amelio incanta Lecco: applausi per il regista
Il maestro è intervenuto alla proiezione di sabato sera del suo capolavoro «Il signore delle formiche»
«Don Davide ha dimostrato una libertà che fa bene a tutti». Con queste parole sabato sera il maestro Gianni Amelio ha voluto ringraziare sabato sera monsignor Davide Milani, prevosto di Lecco, che ha regalato alla nostra città la possibilità di vedere un film osannato da critica e pubblico al recente Festival di Venezia: «Il signore delle formiche».
Gianni Amelio incanta Lecco: applausi per il regista
«Quando sono venuto l'anno scorso avevo in progetto questo film, poi l'ho girato e avrei voluto dire che volevo tornare qui a presentarlo - ha spiegato il regista dal palco del cinema Aquilone - Ma si tratta di una storia che una volta si sarebbe definita scabrosa, quindi pensavo che don Davide non avrebbe accettato. Stasera invece siamo qua e sono felicissimo proprio perché don Davide ha dimostrato una libertà che fa bene a tutti».
Altrettanto felice monsignor Milani
«Non c'è occasione migliore, nel primo compleanno di questa sala, che avere qui chi ha contribuito a fare nascere questo cinema. Sono contento che festeggiamo con te, perché il film che vedremo stasera, accolto con grandissimo successo di critica e pubblico, dovrebbe aiutarci a fare cadere un po' di diaframmi dentro di noi. Dovremmo imparare a vedere il mondo non attraverso categorie ma attraverso le persone che incontriamo e attraverso quello che ci capita».
Poi la proiezione, un vero e proprio pugno nello stomaco
Nel film narrata la storia, vera, di Aldo Braibanti, uno scrittore italiano che nel 1968 viene accusato e condannato per plagio. La realtà è che l'uomo non aveva commesso plagio, ma l'imputazione serviva a coprire la vera accusa, ossia quella di omosessualità.
Dopo i meritatissimi applausi, Amelio è tornato sul palco per rispondere alle domande del critico Gianluca Pisacane e del pubblico. Ha quindi parlato del rapporto «padre-figlio», ricorrente in tanti suoi lavori, che qui che assume altri connotati. «Non ho mai lavorato per temi, perché io parto dalle viscere mie, non studio e non cerco il tema, al massimo nasce da solo attraverso il racconto. Voglio raccontare dei sentimenti che vivo e che voglio condividere con qualcuno. Faccio un mestiere bellissimo e non voglio svenderlo, per cui le cose che sento e che mi sembrano importanti le racconto, ma senza premeditazione. Certe cose ritornano proprio perché fanno parte di me e volendo condividere con voi delle cose non banali coniugo questo rapporto nei tanti modi in cui l’ho vissuto e lo vivo».
Il regista ha poi raccontato il suo rapporto con il «caso Braibanti»
«Sono stato alle udienze negli anni Sessanta, ma per caso. Allora non avevo ancora in mente di fare il regista. Sono andato perché era un processo fatto a un omosessuale, quindi avevo paura ma anche desiderio di accostarmi a un posto dove c'era un alone di vizio. In quegli anni chi era tollerante parlava di malattia e chi non era tollerante voleva ucciderli. Sono andato due giorni al processo e mi dicevo che potevo essere al suo posto. E questo mi faceva paura. Mi è sembrato talmente grave il linguaggio usato dalla giustizia che per me è stato un incubo per molto tempo». E poi ha sottolineato: «Le parole usate nel film in tribunale sono quelle usate davvero al processo, non ho voluto cambiare una virgola».
La chiosa è toccato a don Davide: «Tra i meriti della costruzione di questa opera c'è anche l'onestà di raccontare dei personaggi che non sono perfetti. Io non l'ho trovato un film ideologico sull'omosessualità ma un film su un fatto accaduto, senza “buoni e cattivi” e questo mi è piaciuto molto. E poi ci consegna una domanda: siamo capaci di giudicare le persone senza mettergli un’etichetta? Dovremmo guardare le persone per quelle che sono e non attraverso dei pregiudizi».
La targa
La serata si è chiusa con la consegna di una targa «al maestro Gianni Amelio che, con la sua presenza per l’inaugurazione della sala e oggi tra noi per il suo primo compleanno, testimonia l’amicizia con il Cinema Nuovo Aquilone di Lecco, i suoi volontari e il suo pubblico. Oltre che per l’affetto, esprimiamo gratitudine per la sua opera: un’arte sublime, sincera, coraggiosa».