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Dalla zia suora a Bellano al delicato tema della morte: Giacomo Poretti a tutto tondo al Lecco Film Fest

L’attore è stato intervistato da Donatella Negri, giornalista TGR RAI ed ha raccontato come è nato il suo spettacolo “Chiedimi se sono di turno”, in scena al Cenacolo francescano.

Dalla zia suora a Bellano al delicato tema della morte: Giacomo Poretti a tutto tondo al Lecco Film Fest
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Dalla zia suora a Bellano al delicato tema della morte: Giacomo Poretti a tutti tondo al Lecco Film Fest. Poretti, primo grande ospite del Lecco Film Fest  ha dichiarato di essere legato a Lecco perché ci veniva una volta al mese quando andava a trovare sua zia suora impiegata all’ospedale di Bellano. “Mia zia si chiamava Pierina, poi come tutte le suore ha cambiato nome…in Gilberta. Secondo me ha peggiorato”, ha scherzato.

Dalla zia suora a Bellano al delicato tema della morte: Giacomo Poretti a tutti tondo al Lecco Film Fest

Donatella Negri ha condotto a partire da qui un’intervista garbata che ha permesso a “Giacomino” di raccontarsi e mostrare accanto al suo talento di comico e intrattenitore anche la profondità dell’autore che osserva e sa tradurre in uno spettacolo o in un libro quel che accade nella vita. Scopriamo così che Poretti ha lavorato per 11 anni, dal 1974 all’85, all’ospedale di Legnano.

“Ci ho fatto una carriera – scherza – sono entrato ausiliario e sono uscito caposala. Stici**i!”

Ma poi cambia registro e racconta com’era la vita in corsia, la vicinanza con il dolore, la prima volta che ha affrontato la morte “proprio del paziente a cui eri affezionato”; gli insegnamenti di Suor Aurelia che suggeriva di curare tutti come se fossero i migliori amici, ma di non affezionarsi altrimenti “perdi un amico a settimana”, la differenza tra lavorare in traumatologia, un lavoro fisico e faticoso, e in medicina 2, oncologia, dove la fatica è dell’anima. “Ma in ospedale è come col calcio mercato, cambi squadra spesso. Sarà la carenza endemica degli infermieri, ma da un giorno all’altro si cambiava reparto”, spiega l’attore.

E poi l’incontro con la fragilità: “Il pappagallo nessuno lo vuol portare, nessuno lo vuol riempiere e nessuno lo vuol svuotare, ma l’infermiere deve saper fa compagnia alla vergona. E’ questo il più grande insegnamento di Suor Aurelia”, ricorda Poretti.

C’è tempo anche per un dialogo a distanza con un cane che decide di abbaiare proprio quando Giacomo  Poretti attacca e per affrontare le cose serie: la passione per il teatro che lo accompagna fin dall’orario, e a cui riesce a tornare quando diventato caposala può iscriversi alla scuola serale di teatro, l’esperienza con il teatro Oscar, il teatro in Apecar con gli amici Luca Doninelli e Gabriele Allevi e persino il rapporto con Dio. “Ce lo chiediamo tutti se c’è un amministratore delegato che ha fatto tutta questa bellezza. Poi queste domande le mettiamo da parte. Ma anche in questo caso non bisogna avere vergogna” confessa Poretti.

Al termine dell’intervista il pubblico presente lo attende, lo circonda, cerca una vicinanza con l’artista e con l’uomo scoperto questa sera.

Chiara Ratti

 

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