Garlate celebra il suo patrono Santo Stefano
Per questa occasione, all'inizio della solenne Concelebrazione Eucaristica delle 10.30, presieduta dal parroco don Matteo, Gignoli, è avvenuto il rito del faro.
Grande festa ieri, giovedì 26 dicembre, a Garlate per la ricorrenza liturgica del Patrono Santo Stefano.
Garlate celebra Santo Stefano
Per questa occasione, all'inizio della solenne celebrazione Eucaristica delle 10.30, presieduta dal parroco don Matteo, Gignoli, è avvenuto il rito del faro. "Come di consueto - ha ricordato don Matteo - Oggi abbiamo svolto la bruciatura del pallone, atto simbolico che richiama il martirio del diacono Stefano e che è una tradizione con radici antiche". Oltre a don Matteo hanno celebrato don Andrea Mellera, don Enrico Mauri, don Paolo Ventura parroco di Valgreghentino, monsignor Giuseppe Longhi, nativo di Garlate, e don Giuseppe Buzzi, parroco del rione Caleotto ed anche lui nativo di Garlate. Presenti inoltre l'indiano don Das e don Regan del Bangladesh che stanno trascorrendo il periodo natalizio nelle parrocchie di Garlate. Olginate e Pescate.
I parroci che hanno celebrato Santo Stefano a Garlate
L'assessore Roberto Manzocchi ai lavori pubblici
I due sacerdoti nativi di Garlate: a sinistra Monsignor Giuseppe Longhi e Don Giuseppe Buzzi con il sindaco Giuseppe Conti .
I volontari della Protezione civile hanno distribuito le mele al termine della messa
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Don Matteo: "Santo Stefano ci insegna il coraggio"
"Ogni parrocchia ha un suo Santo Patrono, il nostro è il giovane Martire Santo Stefano - ha detto don Matteo durante l'omelia - Mi son chiesto, ma Stefano cosa può insegnare a noi oggi? Tra le sue qualità, ho scelto quella del coraggio, che è la virtù che ci fa camminare su percorsi difficili della nostra vita. Secondo me il coraggio ha tre sfaccettature che riassumo in tre parole. Prima di tutto il fidarsi. Stefano si è fidato solo di Dio, che non si arrende neanche di fronte a quegli uomini che lo minacciavano di morte. Così ci indica di fidarci di Dio perché a volte ci perdiamo nelle nostre paure e lui ci insegna a non aver paura. Poi la verità: lui aveva intuito che la strada di Dio era quella giusta, a noi insegna a non cambiare le carte in tavola, ma ad essere onesti e perseveranti nella verità. Infine il coraggio delle parole: le sue non erano di offesa o di rabbia, le sue erano parole miti. A noi insegna che, quando abbiamo torto, non dobbiamo alzare la voce e arrabbiarci, ma è meglio morsicarci la lingua, tacendo, prima, e poi pronunziare parole buone, vere e di mitezza. Il nostro Santo Stefano dunque è quanto mai attuale ed egli per mantenere fede a tutto ciò si è lasciato lapidare".