La festività prigioniera della festa L'EDITORIALE

Festività e feste tra sacro e profano. Ma chi la spunta? L'editoriale di Marco Calvetti

La festività prigioniera della festa L'EDITORIALE
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La riflessione di Don Davide (clicca qui per leggere la riflessione del prevosto di Lecco) mi affranca da qualsivoglia indulgenza e digressione di carattere religioso, spirituale e persino morale.
Il Natale tuttavia è per definizione una festività e una festa laddove il lessico e l'assonanza fondono il sacro e il profano sino a confondersi.
Nella sempreverde ripetitività del rito si nasconde la tenuta storica di un evento senza confini, né di spazio né di tempo. La novella si fa notizia e fa il giro del mondo occupando la scena attraverso rappresentazioni che rispecchiano usi e tradizioni delle lande più sperdute e delle stazioni più rinomate.

La festività prigioniera della festa

Confesso che da sempre il mio approccio è distaccato e melanconico. Non cale a nessuno conoscerne le ragioni, ma io provo a uscire dalla sfera personale per dire che troppe ipocrisie si consumano vestite con l'abito buono.
Siccome ritengo che il genere umano, anche sul piano statistico, contempli la malvagità, non può essere che l'atmosfera natalizia ingentilisca gli animi senza eccezioni e oltre la crosta del galateo.
Tranci d'affetto e affettato misto confezionano l'equilibrio delle tavolate dei parenti, questi illustri sconosciuti.
Mi (vi) risparmio la liturgia sociologica sul consumismo, perché equivale alle tiritere sull'eclisse delle mezze stagioni e sui bimbi che si accontentavano di una palla di pezza.
Così come evito di sfruculiare i mezzanottisti, cantori delle vigilie, pronti a popolare le chiese, disertate per il resto dell'anno e acrobati nel mescolare l'odore di trippa con il profumo dell'incenso, riscoprendo caminetti e calore familiare.
Ho le mie convinzioni, ma a differenza del passato me le tengo per me: sono ormai tatuate e non mi sposto di un millimetro, per evitare la deriva brontolona degli anziani che si vogliono spacciare per saggi. Non lo sono mai stato e non ho nessuna intenzione di diventarlo. Nessun giudizio quindi e tanto meno consigli. Anzi con gli auguri a ciascuno dei nostri lettori, un suggerimento sincero lo voglio spendere.
Siccome soffro di moltitudine e tendo a carezzare l'eremita che c'è in me, mi raccomando di non lasciare solo chi solo non sa o non vuole stare. L'angoscia e la depressione sono in agguato nell'orbita del Natale e a nessuno resti sulla coscienza un abbandono o il comodo menefreghismo.

Una sorta di pronto soccorso, temporaneo, poi provvedono “gli uomini di buona volontà” che per congenita dedizione sono di “corvée” tutto l'anno.

Marco Calvetti

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