"Dove hai la testa?": il Soccorso alpino si racconta dalla tragedia della Conca di Crezzo agli interventi odierni
Ieri sera in Sala Don Ticozzi l'evento organizzato nell'ambito del programma per il 150° del Cai Lecco
Fu l'incidente aereo dell'ATR42 alla Conca di Crezzo a portare alla creazione della centrale operativa del Bione 40 anni fa, ma il soccorso alpino esisteva anche prima, seppur in forma meno organizzata e in veste meno ufficiale. E proprio della storia del Soccorso alpino, dalla prima attività sino ai dati degli interventi odierni, si è parlato nella serata di ieri, lunedì 6 maggio 2024, in Sala Don Ticozzi, a Lecco. Moderatrice della serata, che rientra tra le iniziative organizzate per celebrare il 150° anniversario del Cai Lecco, la giornalista Sara Sottocornola. Tanti gli ospiti di ieri e di oggi che sono saliti sul palco a raccontare la realtà del Soccorso alpino.
"Dove hai la testa?": il Soccorso alpino si racconta dalla tragedia della Conca di Crezzo agli interventi odierni
La serata si è aperta, dopo i saluti del consigliere regionale e presidente della Commissione montagna di Regione Lombardia, Giacomo Zamperini, con l'introduzione di Marco Anemoli, delegato XIX Lariana, che ha sottolineato l'importante introduzione della legge del rischio evolutivo sanitario, grazie alla quale risulta che se una persona chiama il 112 per una difficoltà in montagna, anche se al momento è illesa, resta sempre a rischio evolutivo sanitario perché si trova in zone impervie. Questa legge lega a doppio filo il Soccorso alpino ai servizi sanitari regionali e, quindi, territoriali. Si cerca inoltre di incentivare l'ingresso nel corpo volontari di sanitari professionisti, mentre nascono sempre più specializzazioni per gli operatori del Soccorso alpino, che possono diventare operatori cinofili, speleologici, elisoccorritori, specializzati nell'uso dei droni, eccetera. In Lombardia esistono 5 delegazioni, di cui 4 alpine (Lariana, Orobica, Bresciana, Valtellinese) e una speleologica. In provincia di Lecco ci sono tre stazioni: Lecco, Valsassina-Valvarrone e Triangolo Lariano. La XIX delegazione in provincia di Lecco è composta da 149 tecnici, di cui 20 medici e sanitari, 10 guide alpine e 12 donne (un dato, quest'ultimo, significativo, considerando che fino a circa 10 anni fa era pari a zero). L'età media dei volontari è di 45 anni.
Giacomo Zamperini
Marco Anemoli
Sembra che i primi interventi del Soccorso alpino risalgano agli anni Venti, gli anni in cui un gran numero di persone inizia ad interessarsi all'alpinismo - che prima era riservato ad un'élite - e quindi si verificano anche i primi incidenti in montagna. Nel 1932 le cronache parlano già di una benedizione di attrezzi di soccorso in cima al Resegone. E a raccontare gli albori del soccorso alpino sale sul palco Luigino Airoldi, ragno, accademico del Cai e cavaliere della Repubblica: "Imparavamo tra di noi, ognuno raccontava la sua - spiega Airoldi - Mettevamo su un sacco su una scala, uno stava davanti e uno dietro: il soccorso era quello lì. Venivamo avvisati dal passaparola". Airoldi ha vestito i panni del soccorritore per ben 50 anni, e alla domanda "Cosa è cambiato in questi anni?", non ha alcun dubbio: "Porca miseria meglio non parlarne! Il soccorso alpino ha fatto un cambiamento enorme!", la pronta risposta di Airoldi. "E la rivoluzione più grande?". Anche qui non ci sono esitazioni: "L'elicottero". "Una volta più che tutto era la passione - la chiosa di Airoldi - Quando si fa male qualcuno in montagna mi arrabbio. All'epoca ognuno faceva per conto suo e tirava fuori il meglio di se stesso".
Come anticipato, negli anni 80 prende vita il centro operativo del Bione in concomitanza con la tragedia dell'ATR42, il volo Milano-Colonia con a bordo 37 persone, tra passeggeri ed equipaggio, che si schianta alla Conca di Crezzo. La tragedia ha dimostrato a tutti l'esigenza di un coordinamento maggiore e l'importanza di riconoscere il soccorso alpino come un'organizzazione che avesse delle competenze specifiche. Durante la serata sono saliti sul palco Giuseppe Orlandi "Calumer" e Adelio "Bebo" Fazzini, che erano presenti quella tragica sera di giovedì 15 ottobre 1987. "Potremmo ridurre il tutto ad un'unica parola: 'panico' - racconta Bebo - Io ero solo una recluta, una matricola. A quell'ora della sera ero, come al solito, al bar. Mi chiamano a casa ma la linea è occupata perché mia moglie e mia sorella sono in chiamata da mezz'ora per questioni internazionali - scherza Bebo - Rientro in casa perché mi dicono che c'è un'urgenza importante". "Arrivati sul campo, vedevamo pezzi di persone da tutte le parti - prosegue Calumer - Abbiamo verificato che non ci fosse nessun sopravvissuto". "Mi vengono ancora i brividi - rincara Bebo - Il problema principale è diventato recuperare la scatola nera, perché purtroppo non c'era nessuno da soccorrere".
Daniele Chiappa per molti anni è stato il cuore dell'attività del centro operativo del Bione; e proprio un video realizzato dal fratello Roberto, nel quale si illustrano le varie funzioni del centro operativo, è stato mostrato durante la serata. "Il Bione era un caos indescrivibile e mio fratello Daniele ha capito che bisognava avere un centro operativo dal quale partissero le chiamate per gli interventi in territori impervi - ha spiegato Chiappa - Nel corso degli anni il centro si è strutturato e si sono aggiunte parecchie attrezzature nuove, ad esempio abbiamo sostituito la barella militare con la 'barella ciapin', conosciuta in tutto il mondo come 'barella lecchese', che può essere portata da due persone e che rende il processo più veloce. Inoltre, mentre una volta gli interventi erano fatto da volontari o da persone che non c'entravamo niente ma si trovavano lì e davano una mano, oggi sì sono chiamati sempre volontari, ma io li chiamerei professionisti perché passano attraverso prove e esami molto difficili: ci vogliono due o tre anni per diventare soccorritore, durante i quali bisogna affrontare la prova di soccorso su valanga, la prova di soccorso su parete, eccetera". Chiappa ha concluso con un avvertimento: "Quando si muovono le macchine dei soccorsi, sono macchine costose e si rischia sempre: prima di chiamare per un intervento fate un po' di esame di coscienza".
E infatti, a questo proposito, i dati sono abbastanza significativi, considerando che nel 2023, delle 342 persone soccorse, ben 120 erano assolutamente illese (176 i feriti, 25 i feriti gravi e 21 deceduti). "Perché queste 120 persone hanno chiamato? - si domanda Alessandro Spada, capostazione della delegazione Valsassina Valvarrone, che ironizza - I ricercatori di funghi poi sono la categoria peggiore: dobbiamo prima trovarli, e poi soccorrerli. Si vestono di verde scuro e si confondo con il bosco, lasciano la macchina in una valle e poi vanno a far funghi in un'altra; dicono alla moglie che vanno a Introbio e poi sono a Primaluna...".
Un dato abbastanza inquietante riguarda la differenza tra il numero di morti della strada e il numero di morti in montagna: nel 2023 sono stati 21 i morti in montagna in provincia di Lecco, a fronte di 20 morti sulla strada; nel 2022 29 a fronte di 15, nel 2021 17 a fronte di 14 e nel 2020 19 a fronte di 11. "Dobbiamo fare uno sforzo maggiore sulla prevenzione in montagna - ha proseguito Spada - I dati confermano che la formazione del Cai è ancora fondamentale". E infatti, gli interventi riguardano per il 79% escursionisti che non sono soci del Cai, mentre solo l'11% di quelli soccorsi lo sono (un altro 11% non è identificato). Forse questi dati, suppone Massimo Mazzoleni, capostazione della delegazione di Lecco, sono dovuti al fatto che "la montagna non è più una passione: è diventata una moda". Mazzoleni ha poi spiegato che da quando una persona chiama il numero unico per le emergenze, 112, a quando viene attivato il Soccorso alpino, passano dai 15 ai 18 minuti: "Noi stiamo lavorando per cercare di ridurre il tempo - spiega Mazzoleni - Ma abbiamo un problema di reperibilità delle persone: tutte sono volontarie e quindi hanno un proprio lavoro".
Durante la serata hanno preso la parola anche Giampà Luciano, capostazione del Triangolo Lariano, Mario Milani, medico e direttore nazionale della scuola medici del Cnsas, e Tita Gianola, guida alpina e tecnico elisoccorso, che ha sottolineato come spesso gli escursionisti siano imprudenti e inesperti: "C'è gente che va in Grigna con gli stivali o con la borsa da spiaggia e le scarpe da tennis", ha spiegato, e infine ha concluso: "La vera spina dorsale del Soccorso alpino sono quei ragazzi che escono sempre. Magari si fanno due ore a piedi e quando arrivano sul posto gli dicono di tornare indietro perché l'elisoccorso ha già recuperato le persone in pericolo". E un ringraziamento a tutti i volontari è stato pronunciato anche da Anemoli: "Ogni tecnico deve metterci, oltre alla grande volontà e alla dedizione, anche molto tempo libero: tutti sono volontari e gli interventi vengono effettuati 365 giorni l'anno, 24 ore su 24. E' giusto ringraziare tutti gli uomini e le donne del Soccorso alpino e fare una menzione particolare anche alle loro famiglie che li supportano".
Giampà Luciano
Tito Gianola
Mario Milani
La serata si è infine conclusa con i saluti della presidente del Cai Lecco, Adriana Baruffini, e del presidente del Cai Lombardia, Emilio Aldeghi, che ha ricordato le prossime iniziative nell'ambito della ricorrenza del 150° anno dalla nascita del Cai Lecco: il 10 e l'11 maggio il convegno "Antonio Stoppani, scienziato e pioniere della divulgazione scientifica, a 200 anni dalla nascita", alle 9 all'Eremo del Monte Barro (Galbiate); il 19 maggio "Come nasce e come si mantiene una falesia", incontro con Delfino Formenti e concerto in quota con tributo a Rino Gaetano del gruppo Fabbricando Case, appuntamento in falesia e rifugio Stoppani dalle 14; il 22 maggio la serata celebrativa "Il 22 maggio 1874 nasce il Cai Lecco", con racconti e musica all'Auditorium Casa dell'Economia in via Tonale, Lecco; il 5 giugno il convegno "200 anni dalla nascita di Antonio Stoppani" al Politecnico di Lecco dalle 14 alle 18.45; il 16 giugno il "Raduno sezionale 150° Cai Lecco" al rifugio Lecco ai Piani di Bobbio alle 11.30.