Gaburro, da "santosubito" a mancato profeta L'EDITORIALE

Va così nel calcio. Vinci il campionato di Serie D e riporti il Lecco tra i professionisti dopo lustri di anonimato a giugno e alle prime foglie morte d'autunno la Società "retrocede" Marco Gaburro, il mister più amato da tifosi e giocatori.
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Gaburro, da "santosubito" a mancato profeta
Pur sapendo, che, ovviamente, il mondo del pallone è una sorta di saloon con le porte girevoli dove si consumano duelli più o meno rusticani e spesso in un clima carbonaro, questa volta davvero ci pare che il segno sia stato passato.
In fondo i blucelesti due vittorie le hanno raccimolate e le cinque sconfitte (un fardello pesante, non c'è dubbio) si sono consumate per lo più con squadre di alto rango nella categoria. Si pensi al Monza del Cavalier Berlusconi e all'Alessandria che vuole rivivere i fasti di fine anni Cinquanta quando a vestire il grigio era il quindicenne Gianni Rivera.
Non so se il Lecco si salverà, ma gli spettatori sono raddoppiati e il fermento intorno alla squadra non si è affievolito nonostante le batoste. Forse era il caso di confermare la fiducia a Gaburro evitando di osannarlo e di metterlo in discussione ad ogni punto perso. Di solito, tra l'altro, l'allenatore viene allontanato perchè non più in sintonia con la squadra. La motivazione più ricorrente è: lo ha fatto fuori lo spogliatoio.
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Non è proprio questo il caso e a noi è sempre parso, da lontano, che Marco il veronese avesse qualità che vano oltre la tattica e la tecnica, lo stop e il modulo di gioco, grazie a una cultura che lo ha eletto persino scrittore. Certamente nell'universo pallonaro, noto per le sue sgrammaticature, scritte e orali, Gaburro è uccel di bosco e forse per la Calcio Lecco rischiava di diventare ingombrante. Ora la giostra del mercato dei mister regalerà uno dei tanti nomi pescati nel repertorio degli "attendisti" cioè di coloro che aspettano sul fiume l'esonero di un collega.
A proposito, considerando la forma algida e prosaica con la quale è stato licenziato, vien da pensare che il titolo del primo romanzo di Marco Gaburro, "L'aridità", fosse quantomeno profetico.
Marco Calvetti