Cosa significa insegnare ai tempi del Coronavirus
di Cristina Pettinato (Insegnante scuola primaria e consulente pedagogica)

Cosa significa insegnare?
Cosa è diventata questa scuola?
Quale valore e compito svolge la scuola?
Quello che emerge in questa era del Corona virus
è la scuola per quello che vuole essere.
Istruzione, oggettività, didattica...
Ma è davvero questo che dobbiamo dare ai nostri bambini
e ragazzi, ai nostri uomini e donne del futuro?
E’davvero il correre, il non fermarsi lo scopo della vita?
Questo è ciò che noi adulti, educatori, insegnanti, dirigenti
stiamo offrendo come esempio a chi invece avrebbe
bisogno di rassicurazione, ripresa di un tempo perduto, di
un tempo che non hai mai tempo per fermarsi, per
respirare, per conoscere chi siamo, cosa vogliamo.
No, dice la scuola.
Non c’è tempo. BISOGNA CORRERE.
Anche in un momento di emergenza sanitaria, dove non
vige una verità assoluta ma una per ogni esperto che ha la
possibilità di avere un microfono davanti alla bocca.
Non sappiamo nulla, c’è paura, preoccupazione o
comunque perplessità.
Ma bisogna correre.
Ragazzi e ragazze, bambini e bambine: non è concesso,
nemmeno in questa situazione, il diritto a fermarsi.
No, compiti. Lezioni comunque.
Mille corsi per i docenti, a chi si destreggia meglio sul web
per costruire una didattica a distanza ...
Ma qualcuno si è chiesto dove si trovano in queste
settimane i bambini e i gli insegnanti?
Ecco cosa è diventata la scuola: una azienda.
In una occasione come questa invece era doveroso, per
questo luogo educativo, riscoprire e far riscoprire la
dimensione sociale e di costruzione di identità.
L’occasione per riscoprire lo stare bene insieme.
Una passeggiata in più nel verde, le chiacchierate tra
familiari senza fretta, l’aiuto nello svolgimento del lavoro
domestico, stirare, apparecchiare.
Il semplice silenzio.
Il ritorno al senza tempo.
E’ davvero cosi difficile stare fermi?
Si ha cosi paura perché non ne siamo più abituati.
Se le preoccupazioni di un dirigente è FAR LAVORARE
COMUNQUE e quello dell’insegnante di caricare sul registro
elettronico di compiti come se fosse l’unica soluzione...
Bè, forse è tempo per riflettere.
Riflettere su questa scuola.
Le indicazioni Ministeriali dichiarano l’importanza della
scuola di contribuire a formare futuri cittadini responsabili
e consapevoli.
E’davvero quello che stiamo facendo se in questi giorni non
si parla che di perdita di anno scolastico o di programma
didattico dopo solo pochi giorni di chiusura di aule
scolastiche?
Senza schede e compiti la scuola cade perché vive sulla
logica aziendalistica di tipo dirigistico.
Ci si lamenta dei giovani che non vivono senza tecnologia
ma spaventa il fatto che siano proprio gli adulti ad esserne
dipendenti con l’aggravante del vanto di una didattica
moderna e tecnologica, quando i bambini non sanno più
nemmeno muoversi nel e con il loro corpo.
“Le mani come strumento del cervello”, affermava già nel
1900 una grande donna e pedagogista come Maria
Montessori.
L’educazione non è una mera acquisizione di sapere sterile
ma è esperienza! Promuovere i bambini all’azione li aiuta ad
imparare più in fretta rispetto alla semplice lezione
frontale... In questo periodo di cambiamenti sociali, perché
non cambiare ottica?
Davanti a questo tempo vuoto, a cui nessuno è più abituato,
soprattutto i nostri bambini e ragazzi che da quando sono
nati si trovano a vivere giornate super piene, abbiamo
davanti UN TEMPO TUTTO DA INVENTARE.
La noia che tanto spaventa ora può diventare
OPPORTUNITA’.
Può diventare un esercizio d’introspezione importante per
far emergere talenti, preferenze ed attitudini particolari.
Mette in moto uno stato di riflessione difficile vivere nella
nostra società attuale.
Davvero non siamo più abituati a guardarci dentro, vivere
un presente senza un fine?
I nostri fanciulli hanno necessità di questa
sperimentazione!!!
Sperimentare uno stato di libertà per ascoltarsi, per
decidere come impiegare le proprie energie, i propri
pensieri...
In questo tipo di libertà il bambino si attiva in prima
persona, diventa più autonomo e sperimenta la
responsabilità.
Anche la noia, quindi, educa.
“Chi non comprende che insegnare a un bambino a
mangiare, a lavarsi, a vestirsi, è lavoro ben più lungo,
difficile, e paziente che imboccarlo, lavarlo, vestirlo. Tutto
quanto è aiuto inutile, è impedimento allo sviluppo delle
forze naturali”.
Proporre riflessioni in famiglia, ricerche, scrivere temi, diari
quotidiani ...L’educazione ai sentimenti...
Perché “è meglio una testa ben fatta che una testa ben
piena” (M.Montaigne).
La testa ben fatta va dunque al di là di un sapere
parcellizzato, al di là delle discipline, riconnettendo sapere
umanistico e sapere scientifico. Si tratta di apprendere a
vivere, cioè di saper affrontare l’incertezza, di conoscere
concetti come paura, morte, vita...
Perché no? Perché non un lavoro sull’interiorità?
Un’occasione per ritornare a essere Umani.
Uomini e donne.
E mi viene da dire, per noi cittadini della Lombardia, ora che
noi siamo in tale circostanza, dove siamo visti come gli
“appestati”
, riflettiamo e facciamo riflettere i nostri figli su
come ci si può sentire ad essere considerati diversi.
Tanti progetti nelle scuola sul bullismo, cyberbullismo,
violenza, diversità....
Ma non è forse questo un Esercizio per pensare?
E’necessario davvero lavorare su una scheda per farlo
rientrare nella didattica scolastica?
Mi pare invece una ottima opportunità di crescita.
Per adulti, adolescenti e bambini.
PETTINATO CRISTINA
Insegnante scuola primaria e consulente pedagogica