Elezioni Lecco 2020

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Viabilità e trasporti, tasse, ex Piccola, Pgt e infrastutture: ecco cosa ne pensano Peppino Ciresa (centrodestra),  Mauro Gattinoni (centrosinistra),  Corrado Valsecchi  (Appello per Lecco) e  Silvio Fumagalli (M5S)

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Primo forum elettorale, moderato da Giancarlo Ferrario (direttore Gruppo Netweek),   con i candidati alla carica  di sindaco di Lecco.  Ad organizzarlo è Confartigianato Imprese  che per oggi, lunedì 20 luglio, nella  la Sala conferenze dell’associazione  di via Galileo Galilei,  ha invitato i quattro esponenti che si contenderanno la poltrona più ambita di Palzzo Bovara: Peppino Ciresa (centrodestra),  Mauro Gattinoni (centrosinistra),  Corrado Valsecchi  (Appello per Lecco) e  Silvio Fumagalli (M5S).  Ai candidati l’associazione ha consegnato  un proprio documento, un elenco  delle priorità da risolvere, una sorta di manifesto  di come l’associazione vorrebbe fosse la città che vi proponiamo integralmente.

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Aspiranti sindaci a confronto: primo faccia a faccia

Peppino Ciresa, aspirante primo cittadino espressione della coalizione di centrodestra formata da Lega, Fratelli d'Italia, Lecco Merita di Più e Lecco Ideale. Classe 1947, sposato, originario di Cortenova ma da oltre 70 anni residente nella frazione lecchese di Santo Stefano, sposato, fondatore della Ciresa Giuseppe & Mario Snc, azienda di commercio di generi alimentari con annesso panificio, ex presidente del Cai Lecco, ex assessore a Palazzo Bovara con la giunta Bodega, e già presidente di Confcommercio Lecco.

Mauro Gattinoni,   candidato del centro sinistra, sostenuto da Partito democratico, Con la sinistra Cambia Lecco, Ambientalmente Lecco, Fattore Lecco e Italia Viva Lecco. Classe 1977 originario della frazione lecchese di Malnago, sposato, laureato in scienze politiche, ideatore della Scigamatt, fino al 2019 è stato direttore di Api Lecco.

Corrado Valsecchi, in corsa con Appello per Lecco. Classe 1958, residente a Lecco, sposato. E' fondatore di Les culture, ex Segretario Generale della CNA di Lecco, ex area manager di Econdord. Già vicesindaco è attualmente assessore ai lavori pubblici della Giunta diretta da Virginio Brivio.

Silvio Fumagalli, candidato del Movimento Cinque Stelle.  Classe 1991 residente a Lecco, spostato, laureato in  scienze Statistiche ed Economiche, già  candidato nel 2018 alla Camera nel collegio plurinominale.

 

Il documento presentato da Confartigianato ai 4 candidati

Tre ritardi, due certezze, una domanda

Il turismo cresce, ma siamo ancora fanalino di coda del Lario. La rigenerazione urbana delle vecchie aree produttive conta uno o due progetti di intervento sull’intero decennio ormai alle spalle: per il resto, nessuno batte un colpo. Sulle infrastrutture, di fronte al blocco improvviso di quelle già finanziate (il caso surreale della Lecco-Bergamo, il perenne rinvio di interventi di peso sulla SS 36) pare quasi d’obbligo il pudore di non domandarne altre. In tutto questo, due certezze restano tuttavia in campo sulla piazza provinciale. Numero uno: il distretto del metalmeccanico resta primo in Italia per incidenza sulla rete di imprese (quasi il 10% del numero di aziende e il 30%, oltre 27mila, di addetti). Secondo, la micro-piccola impresa a specializzazione artigiana continua ad essere la spina dorsale (un’impresa su tre) della galassia del manifatturiero. Ecco perché, alla vigilia di un appuntamento tanto importante per la città capoluogo, noi artigiani formuliamo una sola, semplice domanda: cosa vuol fare da grande questa città, manifatturiero a parte? Non lo abbiamo compreso, siamo sinceri: auspichiamo che dalla campagna elettorale giungano quindi risposte chiare. La galassia del manifatturiero, l’eccellenza sulla lavorazione del metallo, il primato della micro-piccola impresa artigiana: tutto questo lo conosciamo già. Sappiamo che è sangue (e non certo acqua) nelle vene di questa città. Sappiamo del modo in cui l’intero sistema ha saputo uscire dalle crisi più o meno recenti, e sappiamo che uscirà anche dal tunnel di questo drammatico 2020. Ma tutt’intorno? Quale direzione deve prendere Lecco? Come può il capoluogo costruire il suo futuro sulle fondamenta incontrovertibili di questo DNA socioeconomico?

L'associazione in città. Il dialogo con noi: ci siamo ogni giorno, non solo oggi

Confartigianato Imprese Lecco sostiene da tempo la necessità di definire in modo condiviso le strategie del territorio, permettendo al “sistema Lecco” di caratterizzare in modo coordinato le proprie vocazioni. In quest’ottica, il ruolo di Confartigianato Imprese Lecco - in quanto portavoce delle oltre 700 imprese associate che hanno sede nel capoluogo – può rappresentare un importante contributo nella direzione del miglioramento delle condizioni economiche e sociali. Vogliamo aiutare a costruire la Lecco del domani. Siamo consci che non basta puntellare l’esistente. Né tantomeno far sentire la propria voce ogni cinque anni, in prossimità delle scadenze elettorali. Il dialogo tra il mondo della piccola e micro impresa e l’amministrazione comunale dev’essere continuo e costante. Una città non si governa dalle torri d’avorio del potere politico. Al contrario, si progetta giorno per giorno, insieme.
L’emergenza Covid ci ha messo in ginocchio, ma siamo ancora qui. Le restrizioni imposte per combattere il coronavirus hanno mutato profondamente il tessuto urbano, nella sua dimensione sociale e ancor più in quella economica. E’ assurda l’idea che tutto quanto possa riattivarsi con gli automatismi di un meccanismo di riaccensione. Occorrerà al contrario un biennio di coraggio istituzionale e politiche di rilancio mirate.

 

Le proposte. Sette parole per sette immagini

Maggior capacità di governance del territorio, una sostanziale revisione del Piano di Governo cittadino, una viabilità meglio articolata, l’attenzione assoluta al capitolo infrastrutture, l’impegno ad una tassazione più contenuta verso le imprese, la valorizzazione della Ex Piccola Velocità, la cura alla Lecco Artigiana. Sono sette parole d’ordine, sette richieste, sette auspici che formuliamo alla vigilia del voto che consegnerà alla città un nuovo ciclo politico. Il decennio dell’attuale sindaco Virginio Brivio è ormai alle battute finali. Al suo lavoro e al gravoso impegno personale profuso nel doppio mandato, rendiamo merito e riconoscimento. Ad ogni modo, ci pare che queste sette questioni si pongano senz’ombra di dubbio come irrisolte all’orizzonte del nuovo mandato politico che i lecchesi vorranno consegnare ad uno dei quattro candidati in lizza. A tutti loro, quindi, consegniamo le nostre richieste e riflessioni.

I governance. Un pugno sul tavolo, ma che sia ben assestato

Vogliamo dirlo chiaramente. C’è una Lecco che sceglie, che progetta, che decide per sé e per l’intera provincia. E poi c’è una Lecco che ancora stenta porsi a capo di una visione globale del
territorio. Durante questi ultimi anni, tutte le decisioni di peso riguardo le politiche socio-sanitarie, energetiche, istituzionali del territorio sono state discusse, approvate e messe in opera a ritmi precisi e inesorabili. Parliamo dell’affidamento ventennale della gestione dei rifiuti a Silea, del progetto di teleriscaldamento, delle governance delle partecipate fino all’atto fondativo della nuova multiutility del Nord Acsm-Agam, della costruzione del nuovo contenitore pubblicoprivato per la gestione del welfare. Operazioni (pienamente legittime e sulle quali non esprimiamo giudizi di merito) che hanno visto il Comune di Lecco assumersi la necessaria responsabilità di guida del territorio, delle assemblee, delle spesso contrapposte cordate di sindaci. Abbiamo osservato la politica prendersi i suoi spazi a scapito dei campanili e del crogiolo di opinioni diverse. Che dire però del sistema produttivo della provincia? Che dire delle infrastrutture, del dialogo con quei pezzi di territorio non assimilabili all’alzata di mano dentro un’assise di Ufficio d’Ambito? Che dire dei tavoli di sicurezza convocati dalla Prefettura? Nei momenti in cui occorreva dettare una linea comune sulle battaglie per le opere pubbliche, sui trasferimenti statali, sui presidi sanitari, sull’efficienza e la presenza degli uffici pubblici, sulla presenza adeguata di forze di polizia, la filiera provinciale è spesso andata in ordine sparso. Nel momento in cui la presenza nei cosiddetti tavoli di lavoro doveva diventare asse politico territoriale,  class-action di sindaci, parlamentari, consiglieri regionali e, perché no, associazioni di categoria, si è spesso preferito soprassedere. L’impressione è che questo doppio binario di “gestione del territorio” abbia penalizzato alcuni temi. Sanità, sicurezza, servizi pubblici, infrastrutture su tutti. Cosa occorre? Picchiare il pugno sul tavolo. Una volta sola, forse, ma tutti insieme.

 

II Piano di Governo.  I meccanismi si sono inceppati: rimettiamoci mano tutti insieme

Il Piano di Governo Territoriale approvato nel 2014 dalla scorsa amministrazione, avrebbe dovuto rappresentare un supporto concreto per progettare e sostenere uno sviluppo incentrat osul reale sostegno al tessuto artigianale e manifatturiero, con misure volte al recupero e alla riqualificazione del patrimonio immobiliare pubblico e privato, l'adozione di criteri di flessibilità e snellimento delle procedure e la ridefinizione dell’utilizzo delle aree dismesse. Il tutto accompagnato da opportuni strumenti di incentivazione.Risulta tuttavia evidente (e in questo senso è opportuna una seria analisi preliminare dei meccanismi che hanno mancato di attivarsi) che gran parte delle indicazioni del Pgt (in termini di rigenerazione urbana di aree dismesse, ma anche di ricollocazione e implementazione di servizi e aree produttive) siano rimaste lettera morta.L’unica area con un futuro certo all’orizzonte è l’ex Faini (grazie all’intervento deciso e lungimirante della Diocesi), mentre di un ristretto drappello di aree (pensiamo alla ex Pagani,alle Caviate, al comparto di via don Pozzi), l’impressione è quella di essere rimasti agganciati(in parte ancora sul fronte progettuale, in parte su quello realizzativo) al vecchio dibattito dei primi anni 2000. Dei numerosi Ambiti di trasformazione urbana individuati dal Pgt, del resto,troppe idee (dal futuro del Palazzetto di viale Brodolini, ai due o tre possibili multisala, fino all evecchie aree rimaste a vocazione produttiva nella fascia cittadina pedemontana) sono rimaste ferme alla sintesi espressa su carta.Ci aspettiamo quindi un nuovo dialogo con le associazioni di categoria, al fine di ricalibrare al meglio uno strumento che fino ad oggi non ha sortito gli effetti sperati, nell’ottica di riallineare la città agli investitori privati e ai suoi obiettivi urbanistici di lungo raggio.La riqualificazione urbana, peraltro, dovrebbe porsi l’obiettivo quello di far diventare la città attrattiva per i suoi abitanti e per i suoi fruitori attraverso interventi efficaci in campo economico, urbanistico e sociale. Per raggiungere l’obiettivo occorre puntare anche e soprattutto su una politica di sviluppo e sostegno delle attività produttive manifatturiere, sia artigianali sia industriali che, malgrado le ripetute congiunture negative, ancora oggi occupano un significativo numero di addetti. In città operano una variegata gamma di aziende con alte capacità imprenditoriali e tecnologiche, che vanno favorite con la disponibilità di adeguate aree.

 

III Viabilità e trasporti. Sicurezza e libertà di circolazione

La mobilità cittadina e la sua connessione con quella extraurbana è uno strumento importante che tocca problematiche molto sentite dagli artigiani, tanto da richiedere una rivisitazione di alcune scelte fatte precedentemente. Occorre tener conto infatti delle diverse esigenze di chi si deve spostare per svolgere la propria attività, con una politica della mobilità che faciliti la circolazione a fini produttivi e commerciali, sia nelle aree Ztl sia in quelle a ridosso del centro, accompagnata da una maggiore attenzione alla manutenzione di strade, segnaletica stradale e disciplina della circolazione. La recente approvazione del Piano generale del Traffico urbano non deve restare un semplice adeguamento teorico. La prospettiva dell’operazione è quella di implementare la sicurezza delle aree periferiche cittadine con zone 30 e nuovi sensi unici. E’ tuttavia altrettanto fondamentale garantire la libera circolazione dimezzi e rifornimenti alle tante attività artigianali cittadine che ancora contribuiscono a tenere invita i quartieri lecchesi.

IV. Infrastrutture Se non ora, quando?

Il crollo del ponte di Annone, l’estrema fragilità di un’arteria come la SS36 e persino le travagliate vicissitudini burocratiche della Lecco-Bergamo hanno letteralmente fatto esplodere nell’ultimo lustro il tema delle infrastrutture. Non tutte, e non solo, riguardano la città, ma inquanto capoluogo Lecco deve necessariamente porsi alla testa di un’ampia filiera istituzionale locale. L’obiettivo? Chiedere a gran voce (e ottenere) la messa in sicurezza di ampi tratti disuperstrada, il riavvio del cantiere della Lecco-Bergamo e la strutturazione rigorosa di piani di emergenza altamente funzionali in caso di crisi temporanea dei varchi d’accesso e uscita cittadini per la SS 36.Capitolo accessibilità. E’ necessario dotare la città di strutture che la rendano vivibile e gradevole, che facilitino l’accesso ai servizi con parcheggi veloci e aree di sosta adeguate, in definitiva che rendano la città amica per chi ci vive, per chi ci lavora e per chi ci arriva come visitatore. Anche qui la domanda che ci dobbiamo porre è cosa vogliamo fare della Lecco del domani; senza tralasciare la nostra vocazione manifatturiera, non possiamo neppure sottovalutare lo sviluppo potenziale correlato al turismo, all’ambiente, ai servizi e all’artigianato creativo e tipico. Ma all’importanza del binomio turismo/artigianato non sono mai seguite adeguate risorse, a partire proprio dalle infrastrutture che rendano agevole l’accesso alla città. Confartigianato rappresenta non solo imprese, ma anche e soprattutto imprenditrici e imprenditori, ovvero persone. Persone che lavorano e fanno lavorare. Un mondo che in questi anni ha visto una vera rivoluzione dal punto di vista del modo di fare impresa, ma anche dal lato amministrativo, delle opportunità, delle liberalizzazioni, della concorrenza e della globalizzazione. A tutto questo non è però seguito un adeguato intervento volto a creare le infrastrutture necessarie a favore del fare impresa.

V. Tasse locali e servizi.Un carico leggero per riprendere il volo

Confartigianato chiede che il Comune (e il legislatore, ognuno per quanto di sua competenza)mantenga le aliquote minime per tutto il sistema delle imprese e soprattutto per quelle in difficoltà economico-finanziarie o che utilizzano gli ammortizzatori sociali per le maestranze.Per quanto riguarda Imu e Tari sugli immobili strumentali delle imprese ove si svolge attività economico-lavorativa, Confartigianato ritiene ingiusto che le imprese paghino l'Imu sugli immobili strumentali. Si ritiene che per i soggetti esercenti attività d'impresa, le imposte patrimoniali sul modello dell'Imu, costituiscano una duplicazione impositiva, dal momento che l'immobile strumentale viene già sottoposto a tassazione sul reddito d'impresa che lo stesso immobile contribuisce a generare. Ecco perché si richiede l'applicazione ai minimi di legge,prevedendo altresì particolari agevolazioni per le imprese che possiedono immobili strumentali inutilizzati o sotto utilizzati e/o con le maestranze in Cassa Integrazione o altri ammortizzatori sociali. Per quanto riguarda l'applicazione della Tari, si richiede una rivisitazione al ribasso delle percentuali di produzione di rifiuto per le attività manifatturiere, di servizio e commerciali, le quali negli ultimi anni hanno subito sensibili aumenti.Quanto alla macchina amministrativa, sappiamo bene che un meccanismo efficiente è il minimoche possano aspettarsi cittadini ed imprese, specie in questo difficile momento. Da anni ormai,gli artigiani e i piccoli e micro imprenditori domandano la riduzione dei costi della burocrazia  eun’azione di vera semplificazione amministrativa. Negli ultimi mesi di mandato, la scorsa amministrazione ha varato quello che potrebbe essere un interessante piano di digitalizzazione di parte delle banche date e dei servizi comunali. L’auspicio è che questa “rivoluzione bianca”si consumi realmente a vantaggio degli utenti e delle imprese cittadine.

 

VI. La ex Piccola Velocità.Giovani, ricerca, verde: il luogo simbolo di una visione moderna

L’acquisizione da parte del Comune dell’area Ex Piccola Velocità è senza dubbio la grande novità di quest’ultimo lustro lecchese. L’arzigogolato percorso di trattative con le altrettanto complesse scatole societarie facenti capo a Rfi si è concluso lo scorso autunno con lo scambio(e il conguaglio) tra il Polo logistico e l’ex stazione di approdo dei materiali per la vecchia Lecco industriale. Al plauso senza remore per la realizzazione dell’obiettivo deve oggi affiancarsi una progettazione definita e coerente.Troppo importante è l’opportunità di avere tra le mani un’area rimodulabile in termini di funzioni e in grado di aprire un nuovo varco oltre un centro cittadino che rischia di restringersi su “cardo” e “decumano” di via Roma e via Cavour.La nostra richiesta è certamente quella di valorizzare il contesto esistente intorno all’area. A nord, il polo delle scuole superiori. A sud, il gioiello cittadino del Politecnico. La presenza qualificata del Campus e del Cnr in città sta, anno dopo anno, trovando la propria dimensione e fornendo strumenti e luoghi di crescita a tutti i ragazzi e le ragazze che sperano di realizzare qui il loro sogno nel terziario avanzato e creativo. Alla finestra ci sono ovviamente quelle imprese artigiane che potrebbero assumerli, se adeguatamente formati e orientati, e più ingenerale un tessuto produttivo che non ha mai cessato di cercare nuove idee, stimoli, forza lavoro. Ecco perché per loro, chiediamo spazi, incentivi, sostegno e formazione. L’area della Piccola appare inequivocabilmente il luogo in cui questo libro dei sogni può trovare compimento, può trovare sostanza di luoghi di studio e di svago, può trovare ricomposizione di un tessuto dipoli formativi e di medie strutture ricreative e culturali che ad oggi aleggia sulla città (in termini di auspici per il futuro e di continui cambi di rotta per quanto riguarda le iniziative dei privati).

VII. Lecco artigiana

Un patrimonio enorme, una proposta di valorizzazione culturale In questi ultimi anni abbiamo assistito alla legittima valorizzazione di quello che può considerarsi il brand culturale della Lecco Industriale. Parliamo di percorsi tematici attraverso la città, della sezione ad hoc nel contesto di Palazzo Belgiojoso, di mostre temporanee in grado di ridare luce al tesoro sommerso degli archivi e delle memorie delle grandi realtà industriali della nostra città. Grandi, senza dubbio, eppure in gran parte scomparse. Chi invece ancora popola i pendii dei torrenti lecchesi e le vecchie aree produttive, chi ritorna oggi come ieri nei vecchi stabili e riattiva i roboanti macchinari per dar forma al metallo, sono i figli e i nipoti
degli artigiani di un tempo. Artigiani essi stessi, custodiscono forse più silenziosamente immagini, memorie, oltre a veri e propri “palcoscenici” postindustriali di una Lecco Artigiana. Una Lecco Artigiana che vorremmo altrettanto valorizzata e celebrata, con l’occasione di un percorso, di una mostra temporanea, di una sezione permanente. Di un’attenzione, insomma, culturale e sociale.

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