Le prime applicazioni dell’istituto giuridico dell’esdebitazione previsto dall’art. 14 terdecies L. n. 3/2012 sul sovraindebitamento

Le prime applicazioni dell’istituto giuridico dell’esdebitazione previsto dall’art. 14 terdecies L. n. 3/2012 sul sovraindebitamento
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L’esdebitazione è un istituto giuridico che prevede la liberazione del debitore dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti.

Liberazione non significa “estinzione” poiché i debiti non vengono cancellati ma restano inesigibili; ciò significa che per tali debiti il debitore non potrà subire, una volta ottenuta l'esdebitazione, azioni esecutive da parte dei creditori rimasti insoddisfatti.

L’effetto della inesigibilità del credito scaturente dall’esdebitazione è definitivo: non è soggetto né a tempo né a condizione risolutiva e, con l’entrata in vigore del D.Lgs.149/19, non sarà più neppure revocabile.

Nel procedimento di liquidazione del patrimonio su domanda del debitore o per conversione da altra procedura, l’esdebitazione dei debiti residui dei creditori concorsuali rimasti non soddisfatti deve essere richiesta con apposita istanza da depositare entro un anno dalla chiusura del procedimento.

Può essere ammesso a tale beneficio il debitore che: 

  • abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili, nonché adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
  • non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura; 
  • non abbia beneficiato della procedura di esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda; 
  • non sia stato condannato per uno dei reati previsti dall’art. 16 L. n. 3/12;
  • abbia svolto nei quattro anni della liquidazione un’attività produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, abbia cercato un’occupazione e non abbia rifiutato, senza giustificato motivo, proposte di impiego.

Inoltre, condizione per presentare la domanda è che siano stati soddisfatti, almeno in parte, attraverso il riparto finale dell’attivo liquidato, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.

Dalla lettura di quanto precede emerge che le condizioni per ottenere il beneficio attengono alla previsione di comportamenti propositivi a carico dell’esdebitando e alla misura del pagamento.

Per quanto concerne al primo requisito, esso si riferiscono a profili comportamentali del debitore, in particolare alla condotta tenuta prima e durante la procedura. Per la valutazione di tale requisito si è fatto ricorso all’interpretazione dell’art.142 della Legge Fallimentare che, per l’ammissione al beneficio, prevede che il fallito non abbia commesso fatti illeciti durante la fase prefallimentare e che si sia mostrato collaborativo nel corso della procedura fallimentare stessa.

Rispetto a tale interpretazione occorre rilevare che, se inizialmente si riteneva che essa valesse anche in materia di sovraindebitamento, recentemente gli interpreti si sono invece orientati nel senso di attribuire rilevanza ai soli comportamenti tenuti durante la vigenza della procedura di cui alla L. n.3/2012.

Il secondo requisito (soddisfazione almeno parziale del ceto creditorio) rappresenta, invece, uno dei punti più dibattuti in sede di procedimento di esdebitazione, poiché la Legge non specifica in che misura debbano essere stati soddisfatti i creditori.

Un aiuto interpretativo proviene, anche in questo caso, dall’art. 142 della Legge Fallimentare, relativo all’esdebitazione del fallito: la Suprema Corte ha, infatti, riconosciuto tale beneficio anche qualora al termine della procedura fallimentare sia stata pagata, anche parzialmente, una sola parte dei creditori e dunque alcuni creditori non abbiano ricevuto alcun pagamento (Cfr. Cass. SS.UU. n.24214/2011 e n.24215/2011).

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale è, comunque, rimesso al prudente apprezzamento del Giudice il compito di accertare quando la consistenza dei riparti realizzati consenta di affermare che l'entità dei versamenti effettuati, valutati comparativamente rispetto a quanto complessivamente dovuto, costituisca quella parzialità dei pagamenti richiesta per il riconoscimento del beneficio.

Al riguardo si sono formate diverse prassi relative all’individuazione numerica della soglia minima di soddisfacimento.

Alcuni Tribunali, a fronte di attivi realizzati e distribuiti per quote pari allo 0,5% (Tribunale di Roma, decreto 06.12.2017) ed al 9% (Tribunale di Treviso, decreto 06.06.2017) rispetto all’entità del passivo, hanno ritenuto non verificato il requisito satisfattivo richiesto dalla Legge, rigettando pertanto i ricorsi presentati per ottenere il beneficio dell’esdebitazione. 

Altre Corti hanno stimato sufficiente, ai fini della concessione del beneficio, una percentuale di soddisfazione dei creditori piuttosto contenuta, ossia il 2,20% (Tribunale di Prato, decreto 11.09.2019).

In altri casi ancora sono stati riconosciuti rilevanti ai fini del soddisfacimento pagamenti rappresentativi di oltre il 27% del passivo, pur restando totalmente insoddisfatto il ceto creditorio chirografario (Corte d’Appello di Brescia, decreto 28.04.2016).

Ovviamente il Giudice, pur nell’esercizio di un potere che come si è visto presenta ampi margini di discrezionalità, dovrà motivare i propri provvedimenti in modo da consentirne l’eventuale impugnazione da parte del debitore o dei creditori.

Gli orientamenti sopra richiamati in ambito strettamente fallimentare iniziano a trovare ora applicazione anche in materia di sovra-indebitamento, avuto riguardo alla previsione di cui all’art. 14 terdecies L. n. 3/2012.

In particolare il Tribunale di Monza ha decretato l’esdebitazione a fronte del soddisfacimento dei creditori con privilegio generale ex art.2753 c.c., pur restando insoddisfatti parte dei privilegiati e tutto il ceto creditorio chirografario (Tribunale di Monza, decreto 13.01.2020). 

Il Tribunale di Prato, in una recente pronuncia del 3.10.2020, ha ritenuto sufficiente una percentuale di pagamento complessiva pari al 12,40%, ancorché nella motivazione della pronuncia non si sia fatto alcun riferimento a tale percentuale, tanto che a qualche commentatore è parso che si sia ritenuta sufficiente una, sia pur minima, soglia di soddisfacimento.

Ed in effetti, pare a chi scrive che tale interpretazione sia quella certamente più aderente alla impostazione che è seguita dallo stesso Legislatore nel nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza, laddove si prescinde assolutamente dall’an e dal quantum del pagamento dei debiti concorsuali, al punto che l’esdebitazione ben può intervenire anche prima della chiusura della procedura e laddove tale beneficio è espressamente previsto anche per il soggetto incapiente, con l’ovvio obiettivo di favorire il cosiddetto fresh start

Per concludere, in attesa che si formi giurisprudenza sul punto, si reputa che la finalità stessa della L. n.3/2012 non possa che portare ad una interpretazione di estremo favore per il debitore, soprattutto laddove lo stesso si sia privato del proprio patrimonio sotto il controllo dell’autorità giudiziaria ed indipendentemente, quindi, dalla verifica di percentuali di soddisfo per i creditori, stante la mancata previsione normativa di un limite minimo di pagamento e stante la previsione dell’art. 283 del Codice della Crisi e dell’Insolvenza che contempla espressamente l’ipotesi del debitore incapiente.

 

Studio Legale Notaro e Associati
Dott.ssa Katia Panzeri
Avv. Matteo Notaro

 

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