Verso l'archiviazione?

Milano chiama la Svizzera risponde no, la rogatoria su Fontana in un vicolo cieco?

I magistrati svizzeri non offrono collaborazione sul reato di evasione ipotizzato dai Pm italiani. Secondo loro non c'è frode con destrezza.

Milano chiama la Svizzera risponde no, la rogatoria su Fontana in un vicolo cieco?
Pubblicato:
Aggiornato:

Milano chiama, la Svizzera risponde "no". Sulla presunta evasione fiscale del Governatore di Regione Lombardia, Attilio Fontana, le autorità elvetiche hanno rispedito al mittente le richieste di rogatoria della Procura di Milano.

Fontana, no alla rogatoria

La Svizzera ha infatti rigettato la richiesta di rogatoria della Procura di Milano riguardo le indagini sui conti esteri del presidente della Regione Attilio Fontana.  Il governatore, come noto, è infatti indagato per autoriciclaggio e falso nella voluntary disclosure in relazione ai 5,3 milioni di euro depositati sul conto di una banca di Lugano.

Soldi che erano stati nell'ambito del procedimento sulla fornitura di 75mila camici che erano stati forniti a Regione Lombardia da Dama, l'azienda di Andrea Dini, cognato dello stesso Fontana.

Conto in Svizzera, le indagini

Come si ricorderà, il presidente di Regione Lombardia (che proprio ieri, martedì 11 gennaio 2022, è stato scelto dal Pirellone come "grande elettore" per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica), ha sempre sostenuto che il denaro fosse dell'anziana madre, morta nel 2015, e la cui firma appare in calce al documento di collaborazione volontaria, la voluntary disclosure.

La Procura di Milano, invece, nelle fasi dell'attività investigativa ha sempre ritenuto che il denaro (appunto alcuni milioni di euro) non sia compatibile con l'attività che era stata svolta dalla donna (fin quando in vita), ovvero come titolare di uno studio dentistico.

Milano chiama, la Svizzera risponde "no"

Ora però questa settimana ha portato una novità non di poco conto. La Svizzera ha infatti provveduto  a rigettare la richiesta avanzata dalla Procura di Milano.

La motivazione addotta dalle autorità elvetiche è che il reato di evasione fiscale (ormai prescritto) non è riconosciuto dall'ordinamento elvetico, con un spiegazione tanto tecnica quanto esauriente nella sostanza:

"Non ci sono i requisiti per dare assistenza giudiziaria transnazionale"

In concreto, secondo le autorità elvetiche (sebbene da anni sono in vigore gli accordi con l’Unione europea sullo scambio automatico dei dati bancari) secondo i magistrati svizzeri la frode al fisco italiano non è provata dalle indagini.

Svizzera e Italia, due "fotografie" diverse: ora che succede?

Per procedere infatti all’assistenza giudiziaria è necessario il mutuo riconoscimento dei reati tra i due Paesi (in questo caso appunto Svizzera e Italia), anche in campo fiscale. E per le autorità svizzere il reato tributario esiste solo in presenza di una frode ben congegnata per sottrarsi al fisco con destrezza. Una "fotografia" che attualmente non vedono. O almeno non la vedono come gli inquirenti italiani.

Finita in una sorta di vicolo cieco, l'indagine potrebbe essere archiviata. O almeno è addirittura questa la richiesta che potrebbe essere avanzata dai pm titolari del fascicolo.

Seguici sui nostri canali