Inaccettabile odissea

Malato Covid ignorato da medico di base e Usca, la visita arriva quando ormai è guarito

Protagonista della vicenda un 57enne di Venezia, vivo per miracolo.

Malato Covid ignorato da medico di base e Usca, la visita arriva quando ormai è guarito
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Ha rischiato la morte. Ha lottato come un guerriero, e ce l'ha fatta: ha sconfitto il Covid. Ma ora vuole giustizia. Sì, perché per un 57enne veneziano l'odissea sanitaria si sarebbe dovuta evitare.

Malato Covid ignorato rischia la morte

Da Prima Venezia

E' finito in terapia intensiva dopo aver tentato (inutilmente) di chiamare il suo medico di base. Tante volte. Troppe. Eppure niente da fare: dall'altro capo del telefono, sembra, non siano mai giunte risposte. O almeno non nei tempi previsti per tentare di arginare la violenza del virus, che ha quasi avuto la meglio.

E' una vicenda davvero incredibile quella che i legali rappresentanti di un 57enne di Pianiga hanno voluto condividere con l'opinione pubblica.

Trentaquattro sono le telefonate che il paziente ha infatti effettuato al suo dottore nel giro di pochi giorni per ricevere indicazioni fondamentali, nonché ricette e medicinali necessari: a queste il medico di famiglia ha risposto appena tre volte.

L'odissea fra medico di base e guardia medica

Non riesce a contattare mail suo medico il 7 dicembre 2020, il giorno in cui è iniziato l’incubo allorché il 57enne apprende che un amico con cui era stato in contatto la settimana precedente è risultato positivo al coronavirus e i suoi timori di essere rimasto contagiato sono acuiti dal fatto che la febbre gli è salita a 38.

Telefona invano per cinque volte al suo dottore semplicemente per farsi prescrivere il tampone. Alla fine sua moglie deve passare alla guardia medica di Peraga a ritirare la ricetta per poter sottoporsi al molecolare, test che effettua nella stessa serata all’ospedale di Camposampiero (Padova).

Dopo un paio di giorni, il 9 dicembre, l’uomo, comprensibilmente in ansia, contatta di nuovo il medico curante, a cui l’Asl da prassi comunica l’esito del test, per conoscere il suo destino, ma anche stavolta sulle nove telefonate effettuate il dottore non risponderà mai: l’ultima, alle 18.45, viene riscontrata, ma dalla sua segretaria personale, che lo tratta pure male (“non siamo tenuti a comunicare il risultato”) ma che alla fine gli riferisce che il tampone ha dato esito positivo.

Finalmente, nel pomeriggio del 10 dicembre – dopo altre due telefonate senza risposta al mattino – il suo medico di base lo chiama, lo rimprovera per l’accesa discussione avuta con la sua segretaria, gli comunica che il 17 dicembre può sottoporsi a un nuovo tampone all’ospedale di Dolo e, soprattutto, gli ordina la cura: due antibiotici, del cortisone e delle iniezioni di Eparina.

I sintomi, però, si fanno sempre più gravi. L’11 dicembre nuova telefonata al medico che per una volta risponde assicurandogli che avrebbe inviato una mail all’Usca, Unità Speciale per la Continuità Assistenziale, per una visita a domicilio. Il 57enne aspetta l’11, 12 e 13 dicembre, ma non si vede nessuno e intanto la temperatura è schizzata a 39,5-40.

Essendo domenica sua moglie contatta la guardia medica chiedendo il da farsi, per sentirsi rispondere di assumere Tachipirina “a manetta”. L’indomani, lunedì 14, non essendo scesa la febbre, il paziente fin dal mattino richiama, con le poche forze che gli restano, lo studio del medico di famiglia, ma su 17 telefonate riesce a parlare solo una volta con la “solita” segretaria: il dottore è impegnato.

Lo richiama nel primo pomeriggio, ma solo per assicurargli che avrebbe ricontattato l’Usca, che però nemmeno l’indomani si vede.

Dal Pronto soccorso alla terapia intensiva

A quel punto, nel pomeriggio del 15 dicembre, a sua moglie non resta che chiamare direttamente il 118 e il marito viene trasportato al Pronto Soccorso dell’ospedale di Camposampiero dove rimane più di un giorno per poi essere trasferito d’urgenza al monoblocco dell’ospedale di Padova e quindi nella Terapia Intensiva del Sant’Antonio, dove resta per una settimana.

E qui comincia un’altra battaglia, quella per la vita, perché il virus è lì lì per avere la meglio, la saturazione di ossigeno crolla al 20 per cento – il venti -, ma il suo fisico reagisce e i medici lo salvano per i capelli: il 5 gennaio 2021 viene dimesso.

L'Usca chiama quando è stato dimesso

Fisicamente distrutto e psicologicamente provato – una situazione che permane tuttora anche se un po’ alla volta si sta riprendendo -, il 57enne il giorno seguente, il 6 gennaio 2021, alle 10.22, riceve una chiamata del tutto inaspettata: l’Usca di Noale gli comunica che alle 11.15 sarebbero stati a casa sua per la visita domiciliare.

La richiesta via mail del medico di base è stata dunque evasa in 25 giorni. Peccato che nel frattempo fosse già tutto finito.

Troppo per resistere alla tentazione di denunciare tutto all’opinione pubblica e di voler accertare se in ciò che ha dovuto subire si profilino omissioni e violazioni deontologiche. Perciò il sopravvissuto, attraverso la consulente legale Alessia Paccagnella, si è rivolto a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, che ha già fatto richiesta di acquisire tutta la documentazione clinica del paziente e che ha tutta l’intenzione di “esporre” i fatti alle autorità e agli organi competenti.

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