Accordo storico

Animalisti e agricoltori si coalizzano contro i cacciatori sulla questione cinghiali

Ma tutti sono comunque concordi su un punto: "La riduzione numerica della specie cinghiale sul territorio a livelli compatibili è obiettivo irrinunciabile".

Animalisti e agricoltori si coalizzano contro i cacciatori sulla questione cinghiali
Pubblicato:
Aggiornato:

Trovare un punto di accordo sulla gestione dei cinghiali tra agricoltori e animalisti poteva non sembrare esattamente semplice... Invece il Piemonte è riuscito a trovare la cosiddetta quadra nella giornata di martedì 28 dicembre 2021: un atto unico a livello nazionale, che sancisce un patto tra gli agricoltori e l’ambientalismo.

Il Piemonte trova l'accordo sulla gestione dei cinghiali

Già a giugno 2020, nel convegno online a cura del Tavolo Animali & Ambiente “Cinghiale è ora di cambiare- La parola alla scienza. Strategie diverse per una convivenza pacifica con la fauna selvatica”, era emerso che le soluzioni cruente basate sull’abbattimento e affidate ai cacciatori non si sono mai dimostrate efficaci, oltre che eticamente inaccettabili.

Il manifesto comune, in cinque punti - sottoscritto da tutte le parti in causa - attraverso il quale si è trovato un accordo storico, proprio nella giornata di ieri, abbraccia molte delle cause promulgate durante il convegno dell'anno passato.

1 – La riduzione numerica della specie cinghiale sul territorio a livelli compatibili è obiettivo irrinunciabile a partire dalla corretta applicazione dell’art. 19 della Legge n. 157/1992, che antepone gli interventi ecologici a quelli cruenti, affidando la gestione agli enti pubblici e non ai cacciatori. La gestione del cinghiale deve essere sottratta al mondo venatorio, che non ha alcun interesse a vedere ridotta numericamente la specie e per il quale è fin troppo evidente il conflitto d’interesse. Le attività di controllo competono alle Province e alla Città Metropolitana di Torino attraverso il proprio personale e non ai cacciatori.

2 – L’agricoltore ha diritto di poter raccogliere ciò che semina
I ristori, peraltro doverosi che arrivano dalla politica, interessano poco: alle già tante difficoltà create dagli eventi atmosferici, non vi è bisogno si aggiungano le calamità create dal mondo venatorio per soddisfare i propri interessi ludici ed economici.

3 – L’attività venatoria non costituisce alcun valore aggiunto per l’agricoltura
Il cacciatore usufruisce gratuitamente dei terreni privati, coltivati e non, a spese dei proprietari e spesso è anche di ostacolo ad utilizzi turistici e culturali in grado di sviluppare economie locali ecologicamente compatibili. L’agricoltore ha il diritto di poter escludere dai propri fondi coloro che ritiene possano essergli causa di danni. Il superamento della deroga pro caccia dell’art. 842 del Codice Civile, che consente al cacciatore di poter entrare nei fondi privati contro il volere del proprietario, dovrà trovare accoglimento da parte del legislatore.

4 – NO alla realizzazione di una filiera della carne di cinghiale
L’ipotesi della realizzazione di una filiera della carne di cinghiale determinerebbe unicamente la permanenza e l’incremento dell’attuale situazione

5 – Il futuro dell’attività agricola
Sarà nel tempo sempre più improntato a produzioni ecologicamente sostenibili, rispettose degli equilibri ambientali e del benessere degli animali nonché valorizzanti le produzioni e le eccellenze locali con il saggio decremento delle importazioni dai Paesi esteri.

Grande soddisfazione per le associazioni animaliste e ambientaliste (ENPA, LAV, LEGAMBIENTE, LIDA, LIPU, OIPA, PAN, PRO Natura e SOS Gaia).

Seguici sui nostri canali