"Vite di Fabbrica", la memoria industriale diventa patrimonio culturale di Lecco
Il documentario promosso da SPI CGIL Lecco e Sistema Museale porta al centro della scena la voce degli operai e il valore identitario del lavoro.

Un racconto corale, potente e necessario: è quello proposto dal documentario Vite di Fabbrica, presentato ieri, mercoledì 30 aprile 2025 al Palazzo delle Paure, in un evento che ha visto la sala gremita in occasione delle celebrazioni per il Primo Maggio. L’iniziativa, promossa dallo SPI CGIL di Lecco in collaborazione con il Sistema Museale del Comune, restituisce dignità e centralità alla memoria operaia attraverso le testimonianze dirette degli ex lavoratori delle grandi industrie lecchesi.
"Vite di Fabbrica", la memoria industriale diventa patrimonio culturale di Lecco
Realizzato da Angelo De Battista, con il contributo storiografico di Vanni Galli e il montaggio di Federico Videtta, il documentario è una riflessione visiva e orale sul significato culturale e sociale della fabbrica nel Novecento. Non solo luoghi di produzione, ma spazi di comunità, di crescita collettiva, di trasformazione urbana e antropologica.
Simona Piazza, vicesindaca e assessora alla Cultura del Comune di Lecco, ha sottolineato l’importanza di questo lavoro in chiave identitaria: "Le fabbriche non hanno solo costruito l’economia locale, ma hanno contribuito a formare il tessuto culturale della città. Questo documentario racconta la storia viva di un territorio: un patrimonio immateriale che non può essere dimenticato".
A emergere è una stagione di profondo fermento, che parte dagli anni del dopoguerra e attraversa il boom economico fino al declino industriale tra gli anni Novanta e Duemila. Un passato ancora capace di parlare al presente, come ha ricordato Diego Riva, segretario generale della CGIL di Lecco: "In un mondo sempre più globalizzato, recuperare la memoria della ‘vita di fabbrica’ significa riscoprire valori come la partecipazione, il lavoro collettivo, la solidarietà. Essere operai allora era motivo di orgoglio: oggi serve uno sforzo per rompere l’individualismo dominante e tornare a credere nel cambiamento comune".
Il progetto ha coinvolto anche Daniele Gazzoli, segretario generale dello SPI CGIL Lombardia, presente all’evento insieme a numerosi rappresentanti istituzionali e del mondo sindacale. L’intento condiviso è quello di fare della memoria operaia un’opportunità di dialogo tra generazioni, oltre che uno strumento di educazione civica.
Temi come la sicurezza sul lavoro, le condizioni operaie e le lotte sindacali emergono con forza nelle narrazioni raccolte. "Quello che purtroppo non è cambiato, anzi in certi casi è peggiorato, è proprio il tema della sicurezza – ha spiegato Pinuccia Cogliardi, segretaria generale dello SPI CGIL di Lecco –. Ma non volevamo fare un’operazione nostalgica: volevamo raccontare una storia, quella di un’intera comunità. E ci siamo riusciti".
Al termine della proiezione, il pubblico è stato accompagnato a Palazzo Belgiojoso dal direttore del Sistema Museale Urbano Lecchese, Mauro Rossetto, per l’inaugurazione di un nuovo totem audiovisivo all’interno della Sala dell’Industria lecchese del Museo Storico.
"In questo spazio trovano posto contributi multimediali preziosi – ha sottolineato Rossetto - dal documentario di Sofia Badoni sulle origini industriali lungo il Gerenzone, a spezzoni cinematografici significativi come Metropolis di Fritz Lang o La stella che non c’è di Gianni Amelio. Vite di Fabbrica sarà parte permanente del percorso, mentre l’intero archivio audiovisivo raccolto resterà consultabile presso il Polo Archivistico del SiMUL e l’Archivio Storico della CGIL".
A chiudere l’incontro, ancora le parole di Cogliardi, che ha voluto ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del progetto e, in particolare, i protagonisti delle interviste: "La loro disponibilità a condividere ricordi e vissuti ha permesso di cristallizzare una pagina importante della nostra storia industriale. Queste testimonianze offrono strumenti preziosi per comprendere i cambiamenti della società e per difendere i diritti conquistati, che ancora oggi restano il fondamento della nostra convivenza civile".
Andrea Gianviti