Gioiello LECCHESE

Unesco: candidatura di San Pietro al Monte sempre più vicina

E' stato ufficialmente siglato il Protocollo d'Intesa tra Politecnico di Torino e Fondazione comunitaria del Lecchese per la candidatura UNESCO del sito “Gli insediamenti benedettini altomedievali in Italia”.

Unesco: candidatura di San Pietro al Monte sempre più vicina
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Unesco: la candidatura di San Pietro al Monte sopra Civate sempre più vicina. E' stato infatti ufficialmente siglato il Protocollo d'Intesa tra Politecnico di Torino e Fondazione comunitaria del Lecchese per la candidatura UNESCO del sito “Gli insediamenti benedettini altomedievali in Italia”.

Unesco: candidatura di San Pietro al Monte sempre più vicina

Il protocollo suggella una collaborazione tra i due enti in vista della prossima elaborazione del Piano di Gestione nazionale del sito candidato nella World Heritage List.
La proposta di candidatura UNESCO degli insediamenti benedettini altomedievali, promossa dalla Fondazione comunitaria del Lecchese, nasce dalla volontà di riconoscere la portata universale del monachesimo benedettino, e focalizza l’attenzione sugli eccezionali valori che esso produce e rappresenta e sul contributo determinante che esso ha offerto nelle vicende storico-culturali del medioevo mediterraneo ed europeo e nella formazione dell’Europa moderna.

I siti in lizza per l'Unesco

Il sito proposto è costituito da una serie d’insediamenti benedettini selezionati su tutto il territorio nazionale (Subiaco, Montecassino, Farfa, San Vincenzo al Volturno, San Pietro al Monte, Sacra di San Michele, Sant’Angelo in Formis, San Vittore alle Chiuse).

Nel loro insieme essi rappresentano la materializzazione di un fenomeno che affonda le sue radici nella penisola italiana e che si diffuse su larga scala in tutta Europa.

La storia dell'Abbazia di San Pietro al Monte Civate

La chiesa di San Pietro al Monte è senz’altro una delle testimonianze più suggestive del romanico lombardo, che colpisce per lo straordinario contesto ambientale e la ricchezza degli apparati decorativi conservati al suo interno.
L’origine del complesso si perde ancora oggi nella leggenda: secondo la tradizione esso sarebbe stato fondato durante gli ultimi decenni del Regno longobardo. Per avere date più certe bisogna attendere la metà del IX secolo, quando l’arcivescovo di Milano Angilberto II (824-859) fece trasportare le reliquie di san Calocero da Albenga a Civate. Questa importante traslazione dimostra come il cenobio fosse comprensivo, oltre che degli edifici al Monte, di un altro complesso al piano (appunto San Calocero). Un ulteriore documento datato 845 riferisce della presenza di trentacinque monaci benedettini legati al monastero di Fabaria, sotto l’abate Leutgario.
Il X e XI secolo vedono l’abbazia di Civate vivere un periodo di floridità: fu infatti protagonista nel tormentato periodo in cui la chiesa milanese venne attraversata dall’eresia patarina e dalla lotta per le investiture. All’alba dell’anno Mille i due comprensori assumono ruoli e funzionalità diverse dovuti forse ad un rilancio di culto: nel 941 il monastero di Civate risulta dedicato a San Pietro, mentre nel 1018 la chiesa al piano assume definitivamente il titolo di San Calocero, una diversificazione delle dedicazioni che non può quindi non comportare compiti differenti. Sempre in questa fase è possibile ipotizzare la costruzione del nucleo centrale dell’attuale abbazia, che successivamente subirà notevoli cambiamenti. Altro momento cruciale fu il 1097, quando l’arcivescovo di Milano Arnolfo III, dopo avervi trascorso gli ultimi anni di vita, venne sepolto a Civate. Secondo alcuni studiosi, questa prestigiosa sepoltura potrebbe fornire, insieme al presunto soggiorno del predecessore Anselmo III (che eletto dal partito avverso al papa decise di ritirarsi presso un’abbazia per fare penitenza), interessanti elementi da relazionare alle campagne decorative di San Pietro alla fine dell’XI secolo. Probabilmente l’imponente ciclo di affreschi e stucchi che ancora oggi decora l’abside orientale ornava anche l’area presbiterale e le pareti della navata. Tale apparato, per le sue caratteristiche stilistiche ed iconologiche, non poté essere concluso se non entro gli inizi del XII secolo.
Nel 1162 l’abbazia è ancora al centro delle complesse vicende politico militari che attanagliano l’Italia settentrionale a causa della discesa del Barbarossa. Tra i secoli XIII e XIV il cenobio si avvia in una fase di declino, che lo condurrà nel 1484 a diventare commenda. Un ulteriore tentativo di ripresa avverrà nel 1555 con il trasferimento di alcuni monaci Olivetani; questi però furono scacciati nel 1798, a seguito della soppressione avvenuta da parte della Repubblica Cisalpina, che comportò l’abbandono della struttura.

di Marco Rossi

 

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