Cultura

“I passaporti dei promessi sposi”, intervista a Paolo Vallara

In quest'intervista Vallara ci racconta l'iniziativa a 360 gradi che comprende un progetto editoriale, ma anche una mostra ed un’esperienza per grandi e piccini.

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Andare oltre la trama, oltre l'intreccio narrativo, scavare dentro una storia, che per molti è "La storia" con uno sguardo diverso, 2.0. Stiamo parlando del progetto di Paolo Vallara,  grafico e designer sì, ma creativo sarebbe una definizione più adatta se  lui non rifuggisse ogni etichetta, e del manipolo di professionisti ed amici che ha coinvolto ne "I passaporti dei promessi sposi”. In quest'intervista Vallara ci racconta l'iniziativa a 360 gradi che comprende un progetto editoriale, ma anche una mostra ed un’esperienza per grandi e piccini.

“I passaporti dei promessi sposi”

Cosa sono e come nascono “I passaporti dei promessi sposi”?

 

“Sono 11 passaporti più uno dedicati ai personaggi dei promessi sposi “interpretati” da persone della nostra comunità – spiega Vallara -  i passaporti sono raccolti in un cofanetto edito da Bellavite. L’idea mi è venuta due anni fa quando mio figlio tornando dal liceo mi ha detto sconsolato che avrebbe dovuto leggere “I Promessi Sposi”. Certo, ho pensato, il romanzo è immortale, la storia appassiona, ma la forma, la forma non è di semplice interpretazione per i ragazzi di oggi. Mi sono chiesto come si potesse fare per renderli fruibili, interessanti, per sottolineare l’eccezionale contemporaneità del romanzo”.

Nasce così l’idea di “distillare il romanzo” e tradurlo in un progetto culturale, innovativo e multicanale.

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