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Vaccini anti Covid, è scontro sui dati tra Regione Lombardia e Fondazione Gimbe

Stando ai dati diffusi dall'ente indipendente di ricerca, in Lombardia sarebbe stato vaccinato il 51% di personale non sanitario. Il Pirellone smentisce la ricostruzione: agli operatori non sanitari il 21,1% dei vaccini

Vaccini anti Covid, è scontro sui dati tra Regione Lombardia e Fondazione Gimbe
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Secondo i dati aggiornati al 27 gennaio e diffusi dalla Fondazione Gimbe, in Lombardia il 51 per cento dei vaccini anti Covid sarebbe stato somministrato a cittadini che non fanno parte del personale sanitario. Si tratta della regione italiana che ha vaccinato la percentuale più ampia di questa categoria di persone, seguita dalla Liguria (39 per cento) e dalla provincia autonoma di Bolzano (31 per cento). Una percentuale, quella lombarda, destinata a far discutere. Nel merito è subito intervenuto il consigliere regionale di Azione Niccolò Carretta che ha definito il dato «molto, anzi, troppo elevato. O è errato o, per l’ennesima volta, sarebbe in clamoroso contrasto con le disposizioni del Ministero».

Vaccini anti-Covid, è scontro sui dati tra Regione Lombardia e Fondazione Gimbe

 

Sempre secondo il report diffuso ieri (giovedì 28 gennaio) da Gimbe sarebbero 350.548 le dosi somministrate a livello nazionale a «una fascia non prevista dal Piano vaccinale». Nonostante la fase 1 della campagna vaccinale abbia indicato tra le categorie prioritarie gli operatori sanitari, il personale e gli ospiti delle Rsa, una grande porzione delle dosi consegnate sarebbe stata somministrata anche a tutti quei dipendenti delle strutture ospedaliere che rivestono, ad esempio, incarichi amministrativi e che avevano dato la propria disponibilità per ricevere il siero anti-Covid.

«Ormai i dati di Fontana sono del tutto inaffidabili – prosegue Carretta -. Purtroppo qualsiasi numero esca dai palazzi del governo regionale dovrebbe essere rivisto, analizzato e accertato da un ente terzo, ma quel che sconvolge del rapporto Gimbe diramato poche ore fa è la grande differenza che c’è tra le regioni italiane. L’unica soluzione sembra essere quella dell’anagrafe unica che condurrebbe verso un’omogeneità nel monitoraggio delle vaccinazioni in Italia».

Tuttavia, la ricostruzione fornita dalla Fondazione Gimbe è stata smentita da Regione Lombardia, che in un comunicato ha sottolineato che «non è coerente con l’attività vaccinale realmente svolta e comunicata al Ministero della Salute». In particolare, la percentuale di operatori non sanitari vaccinati sarebbe del 21,1 per cento e si tratterebbe del personale che opera nelle aziende ospedaliere pubbliche, private, enti e strutture accreditate o autorizzate nell’ambito del servizio sanitario regionale. «Il personale vaccinato – aggiungono dal Pirellone – rientra quindi nelle categorie indicate dalla struttura commissariale, per la prima fase della campagna».

 

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