Quante fake news sull'Europa! Senza Ue ed euro l'Italia finirebbe in serie B L'EDITORIALE

"Dobbiamo essere grati all’Europa non soltanto perché ci ha permesso di non avere più guerre per oltre mezzo secolo. Ma anche perché se stiamo in Europa possiamo crescere e valorizzare i punti di forza del nostro Paese".

Quante fake news sull'Europa! Senza Ue ed euro l'Italia finirebbe in serie B  L'EDITORIALE
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Nemmeno la grande Germania rimarrebbe forte a lungo fuori dall’euro e senza essere pienamente integrata nell’Europa unita, mentre nel mondo si scontrano giganti come gli Stati Uniti e la Cina che dominano sempre più industrie, mercati, tecnologie e finanza. Senza Europa anche Berlino diventerebbe piccola piccola, idem Parigi. Figuriamoci, dunque, che fine farebbe l’Italia senza euro e senza UE! La stessa Germania, prima dell’euro, era la “malata” d’Europa: ha fatto di più l’euro per l’export tedesco di tutte le riforme che Berlino ha avviato ad inizio secolo. Questo è lo scenario che abbiamo davanti e che ancor più avranno davanti i nostri figli. Solo l’Europa unita potrà permettere ai nostri figli di contare nel mondo di domani.

Tutte fake news sull’Europa

Eppure molti nostri concittadini pensano che l’Europa abbia indebolito l’Italia e che l’euro abbia reso meno competitive le nostre imprese; che i prezzi siano aumentati per colpa dell’euro; che la Commissione europea ci perseguiti continuamente; che Bruxelles con le sue regole stringenti abbia fatto “fallire” le nostre banche popolari; che l’UE non ci conceda sufficienti spazi di manovra fiscale. Tutte fake news sull’Europa che un convegno opportunamente promosso a Lecco il 4 aprile prossimo da Confindustria Lecco e Sondrio si propone di smontare pezzo per pezzo.

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Sia chiaro. L’UE e l’euro non sono perfetti. Le regole del Fiscal Compact sono in gran parte da riscrivere, con una architettura che permetta più spazio fuori dal calcolo del deficit per gli investimenti in infrastrutture e ricerca. E la storia recente ha dimostrato che troppa austerità non aiuta a ridurre il rapporto debito/PIL se poi il PIL crolla. Ma non è facendo la voce grossa con Bruxelles, dando dell’ubriacone a Juncker o ammiccando all’Ungheria di Orban che un paese sorvegliato speciale dai mercati per il suo alto debito come l’Italia potrà cambiare in meglio le regole europee. Le regole si cambiano facendo proposte serie, fermi ma composti, seduti ben preparati ed agguerriti al tavolo negoziale. Non facendo i “fenomeni”.

La sorveglianza sui nostri prezzi interni

Poi servirebbe anche capire che i prezzi in Italia agli inizi degli anni Duemila non sono aumentati per colpa dell’euro ma perché quando la moneta unica è stata introdotta non vi è stata da parte del Governo italiano di allora una adeguata sorveglianza sui nostri prezzi interni. Servirebbe altresì capire che se la UE non ha permesso -  in ciò sbagliando clamorosamente - l’intervento del Fondo interbancario per salvare la Cassa di Teramo e poi a cascata l’Etruria e le altre banche minori, in realtà i conti di tutti questi istituti, della stessa Popolare di Bari nonché delle Popolari venete ed anche di alcune banche lombarde erano già stati irrimediabilmente compromessi a causa delle cattive gestioni degli amministratori di queste stesse banche e non certo per colpa di Bruxelles. Sarebbe altrettanto importante spiegare chiaramente agli italiani che l’Italia non ha mai pagato interessi tanto bassi sul proprio debito pubblico come da quando fa parte dell’euro. E che la Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi con il Quantitative Easing ha “sterilizzato” sine die oltre 300 miliardi di nostro debito pubblico che altrimenti avrebbero dovuto essere acquistati da noi stessi o da investitori stranieri (ormai sempre più riluttanti ad accordarci fiducia).

E’ bene poi sapere che il saldo della bilancia commerciale italiana non è mai stato così alto come negli ultimi tre anni, in piena era dell’euro. Le nostre imprese oggi sono finalmente competitive per loro merito e non più perché c’è la “liretta” che si svaluta come accadeva un tempo.

Le regole del Fiscal Compact

Infine, negli ultimi anni l’Europa ci ha concesso, in cambio di importanti riforme come quella del lavoro, spazi strategici di flessibilità. Una flessibilità che il Governo Renzi con il ministro Padoan ha negoziato abilmente e con pazienza con Bruxelles ottenendo tempi meno stringenti per ridurre il deficit rispetto alle astruse regole del Fiscal Compact. Grazie alla flessibilità sono stati introdotti gli 80 euro (in base ai dati 2017 pari a 820 euro/anno dati a 11 milioni di italiani, cioè ad oltre la metà dei lavoratori dipendenti). Inoltre, sono state accordate le decontribuzioni sulle assunzioni a tempo indeterminato e sono stati varati il super-ammortamento e il Piano industria 4.0. Gli occupati di nazionalità italiana sono aumentati di quasi 1 milione in 4 anni, il PIL pro capite e i consumi pro capite italiani sono cresciuti nel triennio 2015-17 più di quelli della Germania e della Francia. Gli investimenti delle imprese italiane sono volati ai massimi storici. E, nello stesso tempo, proprio grazie alla crescita, sono calati anche il nostro deficit/PIL e il nostro debito/PIL.

I vantaggi per l'Italia

Dialogando con l’Europa, cioè, l’Italia ha ottenuto vantaggi, opportunità di sviluppo e importanti margini di manovra. Risultati che oggi, con l’attuale quadro di confusione politica, di tensione con Bruxelles e con i mercati, nonché con lo spread costantemente oltre i 200 punti base e con la recessione che ci è piombata addosso (anche e soprattutto per nostra colpa), rischiano di essere vanificati. Mentre il debito/PIL, purtroppo, è tornato a salire. Per colpa nostra, diciamolo, non per le regole di Bruxelles.

Dobbiamo essere grati all’Europa

In conclusione. Dobbiamo essere grati all’Europa non soltanto perché ci ha permesso di non avere più guerre per oltre mezzo secolo. Ma anche perché se stiamo in Europa possiamo crescere e valorizzare i punti di forza del nostro Paese e avere una sufficiente massa critica rispetto ai grandi competitor globali. Senza l’Europa e senza l’euro l’Italia finirebbe nel giro di poco tempo col diventare un Paese di serie B, mettendo a rischio la sua industria manifatturiera, che è la seconda d’Europa, la sua agricoltura, che è la prima d’Europa, il suo turismo internazionale, che è il secondo d’Europa. Senza l’Europa e senza l’euro, inoltre, rischierebbero di andare in fumo anche i risparmi delle famiglie italiane, che sono tra i più alti al mondo.

Marco Fortis

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