Persone fragili tutelate nell'incantato Bosco di Matteo

La storia di una mamma dal cuore d'oro che in nome di suo figlio offre un riparo a chi attraversa un momento delicato.

Persone fragili tutelate nell'incantato Bosco di Matteo
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Un «bosco», ovvero un’associazione a sostegno della fragilità nelle sue molteplici espressioni, per celebrare Matteo. O meglio, coltivare negli altri la sua gioia, sviluppando in ogni persona la capacità di ricevere e di donare. «Perché la vita di Matteo, così speciale, non può finire con la sua morte».
A parlare del maggiore dei suoi tre figli, disabile grave oggi in stato di minima coscienza, è Adele Frigerio, 58 anni, dipendente del servizio farmaceutico dell’Ats di Monza, volontaria della Caritas e un passato da pallavolista e insegnante di ginnastica.
Da sei anni il suo Matteo, nato 26 anni fa con una rara malformazione cerebrale, versa in uno stato vegetativo a causa di un’emorragia cerebrale.«Prima di entrare in coma, era un chiacchierone che non stava zitto un secondo. Oggi, nonostante sia pieno di aghi e di tubi, quando ci avviciniamo e gli parliamo sorride sempre. La sua gioia e la sua serenità sono incredibili - racconta Adele - Giorni fa ero a messa. C’era la lettura della guarigione del cieco nato. Il Vangelo racconta che i discepoli chiedono a Gesù se è per colpa sua o dei suoi genitori che lui è cieco. Gesù risponde: “Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è così perché si compia la volontà di Dio”. Ecco, ho pensato che quello fosse proprio il caso di Matteo, perché la santità si manifesta proprio nell’umiltà e nella semplicità del quotidiano».

«Ho avuto la grazia  di dare un corpo a un angelo»

«Dico sempre che ho avuto una grande grazia, quella di aver dato un corpo ad un angelo. Matteo è nato “in carrozzina”. E come tutte le anime che nascono disabili o deformi, è nato con la prospettiva di avere davanti a sé una vita molto dura: le sue sofferenze, come quelle delle persone come lui, sono così tante che solo un angelo le può sopportarle».

La disabilità è purtroppo una prerogativa dei ricchi

Guardando Matteo e ripensando a tutte le difficoltà incontrate negli anni, Adele è giunta anche ad un’altra conclusione. «Che la disabilità è una prerogativa dei ricchi - dice sicura - Se mio figlio ha potuto fare tutto quello che ha fatto è stato anche grazie ai soldi che abbiamo potuto spendere per lui: per esempio per permettergli di andare in spiaggia o sulla neve gli abbiamo comprato il Job, un macchinario che da solo costa ben 700 euro. E questo è solo uno dei tanti esempi».

Una onlus per alleviarele difficoltà delle persone

Di qui l’idea di costituire una onlus per alleviare le difficoltà delle persone e offrire sostegno alla fragilità in tutte le sue forme. «Il bosco di Matteo», che nel nome e nel logo evoca un’immagine di affettuosa protezione, è pensato proprio per offrire accoglienza e sostegno a chi vive momenti e situazioni di difficoltà: disabili fisici, intellettivi e relazionali, anziani soli ma anche papà separati rimasti senza un tetto sopra la testa, tutti possono essere accolti nella tranquillità del Bosco.

Nel silenzio del boscola protezione della disabilità

«Perché l’hai chiamato bosco? - mi ha chiesto una volta un collega di Monza - Sei mai stato in un bosco?, gli ho chiesto di rimando io. Sì, mi ha risposto lui. E cosa hai sentito? Niente, mi ha detto sconcertato. Vero, ho confermato io, hai sentito il silenzio. Ma nel silenzio puoi sentire il canto degli uccelli e il vento che muove le foglie. Nel silenzio puoi porre attenzione alle piccole cose. Nel bosco, ho poi aggiunto, ci sono gli alberi, ma anche arbusti, erbe e fiori. Una varietà di creature che concorrono tutte a dar forma e benessere al bosco. La mia associazione questo vuole essere: un luogo in cui la fragilità viene accolta e protetta e nel quale ciascuno ritrova la serenità e la gioia di vivere. Qualunque sia la storia personale, ognuno può infatti tornare a godere della vita che gli è toccata in sorte di vivere riprendendola in mano e restituendole dignità».

Sul cancello della casale iniziali di Adele. Un segno

Quando ha cominciato a cercare una casa per il suo sogno, Adele si è imbattuta «casualmente» nella villa settecentesca che è poi diventata la sede del Bosco di Matteo.
«In cima al cancello di ingresso ci sono curiosamente due iniziali: AF. Le mie: Adele Frigerio. Un particolare che avevo notato sin da ragazzina, quando passavo da via Garibaldi per andare a giocare al Parco di Villa Confalonieri. “Un giorno - ricordo che mi sono detta quando avevo 13 anni - Verrò qui”. E così è stato».
E non è finita. Perché ad accoglierla Adele ha poi trovato l’abbraccio di due alberi frondosi che sono poi diventati il logo del sodalizio, disegnato dal figlio Stefano. Nel giardino della residenza, due grandi alberi si piegano infatti, quasi a proteggerla, su una fontana da cui spilla l’acqua della vita. «Alla fontana stilizzata Stefano ha aggiunto una farfalla che si alza in volo - conclude Adele - E’ il simbolo di Matteo che un giorno volerà libero in cielo».
«E’ successo tutto in un momento di sconforto, in cui temevo che non sarei riuscita a dar vita all’associazione: tutto sembrava difficile e destinato ad arenarsi. E’ stato allora che Stefano mi ha detto: “Guarda mamma, eccolo, è sotto i nostri occhi il logo della tua associazione”. Ho realizzato solo allora che avevo trovato una casa che aveva dentro di sé il simbolo del mio progetto. Da allora il cancello è sempre aperto. Basta entrare. Per ricevere o per dare».

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