MARTIRI DELLA PANDEMIA

Medico ucciso dal Coronavirus, i familiari chiedono i danni ad Ats

La storia del dottor Mario Giovita di Caprino Bergamasco è stata il simbolo dei tanti camici bianchi uccisi da un virus terribile, combattuto nelle prime fasi con armi troppo spuntate per poterne uscire vincitori

Medico ucciso dal Coronavirus, i familiari chiedono i danni ad Ats
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È stato uno dei primi medici a lottare al «fronte» nelle prime settimane di pandemia. La sua morte, avvenuta all’età di 65 anni, è stata il simbolo dei tanti camici bianchi uccisi da un virus terribile, combattuto nelle prime fasi con armi troppo spuntate per poterne uscire vincitori. A distanza di un anno dal decesso, i familiari del dottor Mario Giovita, residente a Caprino Bergamasco, chiedono giustizia. A riportare la notizia sono i colleghi di primamerate.it

I familiari chiedono giustizia

Come raccontato sulle pagine del Giornale di Merate del 30 marzo 2021, attraverso l’avvocato Paolo Baio di Lecco, Anna Maria Distefano, moglie del medico, e i tre figli Lorenzo, Diego e Sergio hanno deciso infatti di ricorrere davanti al giudice del lavoro del Tribunale di Bergamo contro l’Ats di Bergamo, chiedendo il risarcimento dei danni causati dalla morte avvenuta il 16 marzo 2020 al policlinico di Ponte San Pietro a causa di una polmonite interstiziale da Coronavirus, come si evince dal certificato rilasciato dalla stessa azienda poche ore dopo il decesso. «Il dottor Giovita è stato contagiato a fine febbraio ma ha continuato a lavorare senza dispositivi di protezione individuale – ha dichiarato il legale della famiglia – Sin dall’accertata positività il dottore chiamò l’Ats per chiedere la fornitura di questi strumenti che sono previsti dal piano pandemico nazionale e regionale ma senza averne mai ricevuti».

Mancato invio di presidi di protezione personale

Le responsabilità dell’Ats di Bergamo, stando alla lunghissima memoria prodotta dagli eredi del medico di Caprino, sarebbero quindi riconducibili al mancato invio di presidi di protezione nei confronti del dottore di base, appartenente alla categoria di lavoratore parasubordinato, come spiegato nel testo del ricorso depositato nel mese di dicembre. «Il piano pandemico regionale definisce a chiare lettere come la responsabilità di pianificare, organizzare e programmare la distribuzione e la dotazione dei presidi di protezione ai Map (Medici di assistenza primaria, ndr) rientranti nella categoria dei medici di medicina generale, sia esclusivamente a carico alle Ats – si legge nel testo del documento prodotto dall’avvocato Baio – Peraltro viene imposta una tempistica per adempiere a tali obblighi di prevenzione, ivi compreso quello di reperire l’adeguato quantitativo di scorta di presidi di protezione per la distribuzione ai Map, di 180 giorni dall’adozione del piano pandemico regionale che, si ribadisce, essere stato varato nel 2006 (…). Il dottor Giovita è stato costretto a svolgere il proprio servizio di Map senza che gli organi preposti, nello specifico Ats Bergamo, abbiano tempestivamente fornito i presidi necessari per evitare il rischio di contagio da Covid-19. In definitiva risulta lampante come Ats Bergamo sia pienamente responsabile della propria condotta omissiva in relazione agli obblighi discendenti dal piano pandemico nazionale e regionale».

Morto di Covid, istruttoria lunga e complicata

«L’istruttoria è piuttosto complicata, ci vorrà probabilmente un anno, perché saranno sentiti diversi testimoni – ha continuato l’avvocato – I binari che seguiamo sono due: uno civile attraverso la causa di lavoro per risarcimento del danno contro Ats e l’altro di natura penale, sulla base di un esposto alla Procura della Repubblica di Bergamo contro ignoti». Nello specifico, l’avvocato Baio chiede un danno non patrimoniale pari a 331.920 euro per ciascun ricorrente; un danno patrimoniale di 24.544,33 euro a favore della moglie e del figlio Lorenzo (convivente con i genitori); un danno futuro pari a 711.568,04 euro; e ad Ats Bergamo il risarcimento del danno patrimoniale di 35.916 euro.

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