Lecchesità, sono le coincidenze, spesso, a farci riflettere meglio sulle cose L'EDITORIALE

Lecchesità, sono le coincidenze, spesso, a farci riflettere meglio sulle cose L'EDITORIALE
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Sono le coincidenze, spesso, a farci riflettere meglio sulle cose. Avviene infatti, a rafforzare codesta convinzione, che il medesimo giorno in cui si inaugura la mostra sulla storia di Giuseppe Riccardo Badoni e della gloriosa industria lecchese, si mette la parola fine ad un’altra storia, più recente ma anch’essa insigne: quella della Camera di Commercio di Lecco, che torna ad unirsi con la sorella comasca. E ci sono parsi, i due eventi, dissonanti, quasi opposti, ma legatissimi: il primo un omaggio a ciò che siamo stati capaci di fare, il secondo un segno di cosa non abbiamo potuto conservare. Un più e un meno, alla voce “lecchesitá”.

Badoni e la Lecchesità

L’ing. Badoni fu illustre capofamiglia di una tra le più lustre schiatte di industriali lecchesi, esponente di quella nobiltà del ferro e della ghisa che ha costruito, bagia dopo bagia, maglio dopo maglio, la fortuna economica e sociale di questo territorio, dando forma ad enormi aziende che furono campioni mondiali nei rispettivi settori. Di quei tempi, di quelle intuizioni, di quelle epopee che fecero crescere i capannoni assieme al benessere, rimane il nostro vivido tessuto economico dell’oggi, fatto di protagonisti più piccoli, per dimensioni, ma non meno coriacei e competitivi su ogni mercato. La mostra, visitabile presso il Politecnico e di squisita fattura, celebra l’uomo e le opere, se ci è concesso di rubare l’espressione; la saga industriale e familiare di chi ha tenuto la mano sul timone sia dell’azienda che della comunità in cui ha vissuto. Racconta di una forza, individuale e collettiva, che ha ben guizzato negli occhi dei tanti ex operai convenuti per l’occasione, i “toni” che al suono della sirena dilagavano per le strade di Lecco come a rammentarle - ogni giorno - quale fosse il sangue più autentico nelle sue vene.

La fusione delle Camere di Commercio

E dunque, si notava, a poche ore e chilometri di distanza, da un lato la celebrazione dei fasti che furono e dall’altro il capolinea della Camera di Commercio lecchese e la nascita di quella nuova con i cugini comaschi. Una “fusione” (accorpamento suona male) che ha le sue origini nelle sciagurate scelte del Governo Renzi, che incapace di distinguere gli enti virtuosi da quelli sgangherati se la prese con tutti i corpi intermedi dello Stato, tagliandone il numero a capocchia.
Al contrario, la Camera che fu, assieme alla Provincia, una tappa decisiva nel processo di affrancamento del nostro territorio, un passaggio simbolo della nostra autonomia all’ombra del Resegone che è stato foriero di molte buone cose. L’occasione che ci venne data non è stata certo sprecata, anzi. Basti pensare che il polo universitario del Politecnico e del CNR ne è in qualche misura il risultato più manifesto, al quale si sono affiancate molte azioni e iniziative, alcune più brillanti e altre meno. Il tutto sotto la regia di un gigante delle relazioni e delle opportunità e della risolutezza che porta il nome di Vico Valassi, incontrastato, incontenibile e (di par suo) insostituibile dominus senza il quale - al netto di pregi, difetti e carattere - il “peso specifico” del lecchese sarebbe stato molto più basso.

Una sfida importante

Ora si apre una pagina nuova. Una sfida importante dentro il nuovo ente camerale, che ci auguriamo sia all’altezza di quella eredità di cui il Badoni ing. Riccardo ci ha lasciato un puntuto segnalibro. E starà a lor signori lecchesi delle merci e dei commerci, della vergella e dell’innovazione, farsi valere e far valere le esigenze della nostra landa di opifici e negozi, dimostrando che si può fare bene anche senza l’uomo solo al comando. Ci sono nuove competizioni, opportunità, pericoli - e il tempo delle ciance appare finito, bruscamente, su un nuovo e più ampio terreno di gioco. Su questo, ovviamente, li giudicheremo.
Anche perché, quando ancora c’era la Camera di Commercio lecchese, i maggiorenti del mondo economico nostrale furono galletti nella contesa per la presidenza del post Valassi, apparecchiando uno spettacolino tanto controproducente quanto grossier. Speriamo solo che ora, nella Camera nuova, ripongano i livori e facciano squadra forte, per non finire come capponi “ingegnati e a beccarsi” prima di finire lessi. Quelli di Renzo, per l’appunto.

Giancarlo Ferrario

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