«La violenza di genere si combatte, anzitutto, partendo dalle scuole». Parola de “L’altra metà del cielo”, realtà storica meratese che dal 1997 opera nel cuore della Brianza a sostegno delle donne, e che da ormai 6 anni ha cominciato a condurre percorsi e lezioni in vari istituti del territorio lecchese, per educare anche le generazioni più giovani al rispetto verso il sesso femminile.
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La violenza di genere si combatte, anzitutto, partendo dalle scuole
«Ci si lamenta molto dei giovani di oggi, ma a noi piacciono tantissimo. Sono vivi e pieni di domande», spiegano Amalia Bonfanti, presidente del sodalizio, e Marinella Pulici, operatrice, che hanno ben in mente alcuni momenti di dialogo e confronto sorti a scuola. «Abbiamo ancora gli occhi pieni di commozione a pensare che due anni fa avevamo davanti 180 ragazzi delle classi quarte dell’Istituto Viganò. Non è volata una mosca, c’era un’attenzione enorme». Segno che quando si trovano le parole e i temi giusti non c’è spazio per distrazione o stupidità. «Purtroppo quando si va nelle scuole capita anche che qualche ragazzo ci aspetti all’uscita per raccontarci di aver vissuto violenze in ambito domestico, o che qualche ragazza ci parli addirittura di stupri».
“L’altra metà del cielo”
Sono ragazzi che si sentono ascoltati e guardati, di fronte ad un disagio di cui troppo spesso si preferisce non parlare, se non davanti a eclatanti casi di cronaca. “L’altra metà del cielo” è operativa ogni giorno proprio per dare ascolto e assistenza alle donne che si fanno avanti. «Il nostro telefono è attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7», spiegano, sottolineando una triste costante: «Riceviamo il maggior numero di chiamate di sabato o di domenica, o ancora durante le feste… Proprio quando le famiglie dovrebbero vivere situazioni di gioia e serenità, in alcune case affiora la frustrazione». Dalla sua, l’associazione offre un team di volontarie sempre attente e attive nel muovere una macchina ormai ben rodata, e che gestisce 5 case d’accoglienza (di cui due di prima emergenza, a indirizzo segreto), due sportelli d’ascolto e un servizio educativo, col supporto anche di due psicologhe e due avvocati. «Lo scorso anno abbiamo accolto 128 donne, nel 2020 siamo già a 50 schede».
La donna al centro
La filosofia è una: «La donna al centro. Noi non facciamo alcun tipo di azione se chi si rivolge a noi non è d’accordo. Ogni donna ha i suoi tempi per tirare fuori ciò che vive». Chi arriva qui non ha un profilo specifico. O meglio, nulla a che vedere con l’idea che la violenza di genere sia un’erbaccia diffusa solo ai margini della società: «Le donne che abbiamo accolto sono per il 63 percento italiane, e la maggior parte ha laurea o diploma». Pure tra i maltrattanti c’è una larga maggioranza di italiani. «Certo, la nostra società vive ancora di stereotipi che vedono purtroppo la donna come inferiore. Ma a ciò si è aggiunta, ormai da una decina d’anni, una vera e propria cultura della prepotenza, c’è spesso un desiderio di rivalsa dell’uomo sulla donna».