Il numero uno del Corriere della Sera oggi a Merate L'INTERVISTA

Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, sarà ospite questa sera, martedì 29 maggio della «Fondazione Costruiamo il Futuro».

Il numero uno del Corriere della Sera oggi a Merate L'INTERVISTA
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Farà tappa   a Merate  per presentare il libro «Un paese senza leader. Storie, protagonisti e retroscena di una classe politica in crisi».  Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, sarà ospite questa sera, martedì 29 maggio della «Fondazione Costruiamo il Futuro». Alle 21, sul palco dell’Auditorium del Comune di Merate, in piazza degli Eroi, il presidente della Fondazione Maurizio Lupi e Luciano Fontana dialogheranno sulla tematica del libro e sulla controversa situazione politica attuale, in merito alla quale il direttore del Corsera ci ha concesso una breve intervista in anteprima.

Nel suo saggio ha tracciato un'analisi chiara e a tutto campo dei protagonisti della vita politica italiana che ha conosciuto da vicino grazie al suo osservatorio privilegiato. Il quadro che dipinge è ricco di tante tinte fosche. Chi salva tra Berlusconi, Prodi, Renzi, D'Alema, Veltroni, Salvini, Di Maio...?

«Da una parte salvo Walter Veltroni, perché ha fatto un tentativo innovativo per la sinistra democratica e quando ha capito che non c'era nulla da fare si è fatto da parte senza polemiche. Dall'altra, invece, salvo Silvio Berlusconi: non è stato un leader di Governo, non ha lasciato una grande impronta di sé, ma ha indubbiamente rivoluzionato la politica italiana».

Chi ha portato l'Italia sull'orlo del burrone e di chi è la colpa di questo sistema politico frammentato?

«Nel mio libro non individuo una persona. Ci sono condizioni politiche, istituzionali e psicologiche che insieme hanno determinato un risultato così nefasto. La Seconda Repubblica ha spazzato via i partiti tradizionali, ma i nuovi non sono stati brillanti. L'illusione del sistema maggioritario ha fatto pensare che il popolo potesse scegliere il Governo, ma così non è stato perché la legge elettorale - ben quattro diverse - è sempre stata usata per massimizzare i profitti del momento».

Qual è il suo sistema elettorale preferito?

«Il doppio turno alla francese. Mi sembra la soluzione ottimale in un quadro politico tripolare come quello italiano; un compromesso nobile che in politica è sempre utile».

E' fiducioso circa la possibilità di costruire una classe dirigente all'altezza di un Paese come l'Italia che in altri campi - come quello manifatturiero - eccelle?

«Ho fiducia nel Paese. Nelle situazioni difficili l'Italia ha sempre trovato una strada. E anche adesso, dopo la pesante crisi economica che ci siamo lasciati alle spalle, sta tornando a crescere, grazie a una manifattura d'eccellenza. Troveremo anche la capacità di individuare personalità all'altezza di guidare il Paese, come hanno fatto altre nazioni vicino a noi come la Francia con Macron. Però bisogna cambiare passo: la politica dell'immediatezza, dei follower, dei tweet... non funziona, non ha respiro, non ha una visione di medio e lungo periodo. Servirà un lavoro corale che deve coinvolgere i corpi intermedi, il mondo associativo, la scuola e gli stessi partiti».

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