Lecco

E' morto padre Carlini, ottava vittima del Covid al Pime in un mese

Lo scorso 9 gennaio, in seguito alla manifestazione di sintomi gravi legati al Covid-19, era stato ricoverato in ospedale; già da tempo però, lo stato generale della sua salute era precario.

E' morto padre Carlini, ottava vittima del Covid al Pime in un mese
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E' morto nei giorni scorsi all'ospedale Manzoni di Lecco, padre Luigi Carlini, 75 anni. E' l'ottava vittima del Covid  in un mese nella comunità del Pime di Rancio

E' morto padre Carlini, ottava vittima del Covid al Pime in un mese

Lo scorso 9 gennaio, in seguito alla manifestazione di sintomi gravi legati al Covid-19, era stato ricoverato in ospedale; già da tempo però, lo stato generale della sua salute era precario. Grande, grandissimo il dolore nella comunità religiosa di Rancio colpita da tanti, troppi lutti legati al Coronavirus.  La prima vittima è stata   padre Alfredo Di Landa, 93 anni, morto il 2 gennaio all’ospedale Manzoni di Lecco dove era stato ricoverato dopo essere stato trovato privo di sensi nella sede del Pime.    E ancora, da inizio anno sono scomparsi padre Bruno Mascarin, 91 anni, padre Mario Meda, 93 anni, padre Severino Crimella, 90 anni, padre Sandro Schiattarella, 95 anni,  lo scorso 14 gennaio padre Innocente Bentoglio, 97 anni e tre gironi più tardi padre Lino Zamperoni, 91 anni.

La vita di Padre Carlini

Padre Luigi nasce a Follo, comune di La Spezia (provincia e diocesi di La Spezia) il 16 giugno 1945, figlio di Francesco (geometra) e Liliana Menotti (maestra), terzo di 7 fratelli. A 15 anni di età, terminate le suole medie e proveniente dalla famiglia, viene ammesso al Seminario dell’Istituto a Vigarolo; prosegue il percorso formativo a Monza e a Milano dove emette il giuramento il 25 febbraio 1972. Viene ordinato presbitero l’1 luglio 1972 da Mons. Giuseppe Stella vescovo diocesano di La Spezia, nella chiesa di Nostra Signora della Neve; si sentirà sempre fortemente parte della sua diocesi, e questo legame verrà formalizzato anche attraverso l’incardinazione, avvenuta nel 1991.

Subito dopo l’ordinazione viene destinato in Amapá, dove vi rimane ininterrottamente per 48 anni, lavorando prima nell’arcipelago di Bailique, alla foce del Rio delle Amazzoni, poi nella fondazione delle parrocchie di Porto Grande e Laranjal do Jari e infine in alcune parrocchie della città di Macapà (Sacro Cuore di Gesù e Jesus Bom Samaritano), fino allo scorso anno, quando per raggiunti limiti di età, consegna le dimissioni al vescovo di Macapà, e fa ritorno in Italia, risiedendo a Rancio di Lecco. “Sono vicino a partire per la missione” – scriveva nei giorni precedenti la prima partenza -, “io, però, non parto perché sono bravo, perché sono un eroe, ma parto per essere per la nostra comunità locale ecclesiale di La Spezia, garanzia e stimolo di un’apertura ad una verifica con altre esperienze di fede. Vi chiedo di sentirvi responsabili del mio andare”.

E nei giorni seguenti al suo ultimo ritorno dal Brasile, in un’intervista rilasciata a Mondo e Missione, che gli chiedeva quali fossero i segni operati da Dio nella sua vita e nella sua missione, rispondeva: “Il Signore mi ha dato la grazia di sapere camminare insieme alle persone, accanto a loro. Con tutti, anche con chi sta in una prigione. Un giorno, in prigione, un uomo pianse molto con me perché vedeva che ero trattato come un detenuto. Ma io anche lì ho sempre agito nello stesso modo: è la relazione personale che crea lo spazio per mostrare il volto di Dio. Se fossi entrato nelle carceri tra i detenuti in un modo diverso, loro non avrebbero accolto questo spazio di misericordia, questa occasione per la conversione. Quando Gesù diceva: Fai questo in memoria di me, non stava solo chiedendo di dire Messa, ma stava chiedendo di portare Messa nella vita, nella vita di tutti i giorni. In questo cammino sono anche cresciuto e cambiato. Cresciuto e cambiato molto».

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