Young Inclusion

Disturbo di personalità borderline, lockdown e didattica a distanza aggravano il malessere

Lo psichiatra Raffaele Visintini (Ospedale San Raffaele) ci spiega le conseguenza della pandemia su questo disturbo

Disturbo di personalità borderline, lockdown e didattica a distanza aggravano il malessere
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C’è un vuoto che brucia attorno ai giovani con disturbo di personalità borderline, e il prolungarsi di lockdown e scuola a distanza sta portando a galla più problematiche nelle persone che soffrono di questo malessere. A dirlo è Raffaele Visintini, psichiatra psicoterapeuta, responsabile Day Hospital Disturbi di Personalità Irccs Ospedale San Raffaele, partner del progetto Young Inclusion che opera, anche nella nostra provincia, per favorire l’inclusione di soggetti fragili. «Il modo in cui il Covid ci ha costretto a vivere, segnato da limitazioni dei rapporti umani, ha inciso profondamente la vita di chi soffre di disturbo borderline, ovvero persone che esprimono il loro malessere con comportamenti più o meno disfunzionali, tra cui anche l’evitamento degli altri».

Disturbo di personalità borderline, lockdown e didattica a distanza aggravano il malessere

Visintini entra nel dettaglio: «Il primo lockdown della primavera 2020, paradossalmente, era stato vissuto come una facilitazione all’evitamento: tutti eravamo chiusi in casa, una situazione che quasi “giustificava” chi viveva la scuola e la relazione con gli altri con un senso di difficoltà. Ho visto ragazzi e ragazze molto più alleggerite in quei mesi. Inoltre l’occasione di stare di più in famiglia - spesso luogo di rapporti tesi - non sempre è stata vissuta con fatica».

Raffaele Visintini, psichiatra psicoterapeuta

Il riacutizzarsi delle ferite

La seconda ondata, invece, ha riacutizzato alcune ferite. Perché molte persone adulte sono tornate al lavoro, qualche spazio di libertà ai giovani è concesso, ma scuola e ambienti sociali ancora sono interdetti ai ragazzi. «Si è creato così uno spazio vuoto attorno a tanti soggetti, che di volta in volta si sta rigenerando. I familiari magari lavorano, a casa resta un ragazzo per molte ore, e tutto ciò porta con sé alcuni effetti collaterali che ad una persona con disturbo borderline di personalità fanno male, come la noia e la solitudine. Non dimentichiamoci che queste persone, pur cercando un evitamento, in realtà hanno bisogno di contatto fisico e di una compagnia».

La didattica a distanza

Le sedute in via digitale hanno rallentato molto il corso delle terapie, ma Visintini non nasconde di aver visto aumentare le richieste di trattamento al suo centro, con molte persone costrette alla lista d’attesa: «Non ho evidenze scientifiche del legame tra questo aumento e il lockdown, ma è una strana concomitanza». E chiude sulla didattica a distanza, modalità di fruizione della scuola decisamente ostica per un soggetto borderline: «Hanno difficoltà di attenzione e concentrazione, e quindi se un ambiente si svuota di presenze, come docenti e compagni, la loro capacità di stare attenti cala. In classe ci si può aiutare a vicenda, in qualche modo, a seguire, mentre se sono a casa da solo, dietro uno schermo, devo trovare dentro di me la capacità di farlo. E questo è molto difficile per una persona che soffre di disturbo di personalità borderline».

 

Disturbo di personalità borderline: che cos’è e come si manifesta

Ma che cos’è il disturbo di personalità borderline? Più facile è indicarlo come una disregolazione emotiva, che si manifesta in soggetti giovani che non hanno le capacità di regolare le proprie emozioni. I primi campanelli di allarme sono alcuni comportamenti problematici «che sottendono un elemento fondamentale: la sofferenza psichica di queste persone che, di fatto, si sentono aliene al mondo», spiega Raffaele Visintini, che elenca alcuni di questi comportamenti, perfino di tipo autolesivo: «Uso di sostanze, sessualità promiscua, autolesività come tagli o bruciature, con una frequente ideazione suicidaria come elemento di possibile liberazione dalla sofferenza che questi soggetti hanno. Sono quindi persone che oscillano tra una permanente sofferenza e un tentativo di trovare sollievo, che, potrà sembrare paradossale, ma passa anche dall’autolesività». A soffrire del disturbo di personalità borderline sono per lo più donne, già in età adolescenziale. La scarsa chiarezza su questo disturbo è dovuta al fatto che, per molti anni tale parola è stata usata in maniera impropria. «Le diagnosi, inoltre, sono state fatte fino a una decina di anni fa con pazienti adulti, sopra i 18 anni. Ora si è allargato il campionamento, già a 15-16 anni».

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