il caso

Dieci anni per avere giustizia: l’Asst di Lecco condannata per intervento sbagliato e lite temeraria

“Cesare” invalido dopo un intervento: dopo 10 anni arriva la condanna dell’Asst di Lecco

Dieci anni per avere giustizia: l’Asst di Lecco condannata per intervento sbagliato e lite temeraria
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Prima la condanna a un risarcimento da più di 500mila euro poi la nuova sentenza per lite temeraria. Il tutto farcito (passateci il termine poco giuridico) di ricorsi e precettazioni.
L’ultima tegola sulla «testa» della Azienda aspedaliera di Lecco è arrivata l'altra settimana con il verdetto del Tribunale di Lecco che condanna la Asst anche al pagamento alla Cassa delle Ammende di un migliaio di euro.
Ma è decisamente una vicenda kafkiana quella vissuta da signor Cesare (nome di pura invenzione), al momento dei fatti poco più che 50enne, rimasto così offeso dopo un intervento chirurgico, da avere seri problemi di deambulazione e da non poter più lavorare.

 

Dieci anni per avere giustizia: l’Asst di Lecco condannata per intervento sbagliato e lite temeraria

 


E in tutto questo la Asst di Lecco ha presentato una serie di appelli e opposizioni nel tentativo di evitare di pagare il dovuto. Ma ha perso. La vittima nel frattempo ha dovuto affidarsi all’avvocato Amelia Arnò del foro di Monza per ottenere una giustizia che è arrivata dieci anni dopo.
«Il mio cliente – spiega l’avvocato Amelia Arnò – ha subìto un intervento nel 2015 finito male tanto che ha avuto gravissime ripercussioni. Prima dell’operazione era una persona abile al lavoro ma gli esiti dell’intervento chirurgico lo hanno reso inabile. All’inizio, essendo in difficoltà economiche, il signor Cesare non voleva rivolgersi al Tribunale. Ha presentato una richiesta di risarcimento danni e cercato di trovare più volte con l’ospedale una mediazione, ma si è visto sbattere le porte in faccia. La Asst di Lecco si è sempre rifiutata anche di sottoporre a visita medica il mio assistito e questo è gravissimo perché non ha mai verificato veramente quali fossero i danni».


Nel 2019 il signor Cesare si è rivolto all’avvocato Amelia Arnò. «Il mio assistito era costretto ad agire in giudizio ma per una persona che non lavorava da diversi anni non sarebbe stato possibile perché si sarebbe trovato a dover affrontare ingenti spese processuali. Ha cercato anche di prendere tempo per capire se era possibile risolvere bonariamente la questione. Data la situazione ho deciso di operare in modalità di antistataria (ovvero senza onorario e anticipando le spese del giudizio, ndr). L’ho fatto perché ho ritenuto che questo signore avesse ricevuto una grave ingiustizia e che il potere forte, ovvero la struttura pubblica, non dovesse prevaricare su un soggetto senza possibilità economiche».
Fatto l’atto di citazione e affrontata la causa nel 2023 c’è stata la sentenza che riconosceva il risarcimento da parte del giudice della Prima sezione civile del Palazzo di Giustizia lecchese.
Il magistrato ha infatti condannato il nosocomio cittadino al pagamento di 326.781 euro a titolo di risarcimento del danno patrimoniale (oltre agli interessi maturati dal giorno del fatto). Oltre a questo l’ospedale è stato condannato a versare pure 164.366 euro a titolo di lucro cessante (ovvero il mancato guadagno lavorativo causato dalla menomazione che diversamente lo sfortunato paziente avrebbe dovuto conseguire). Il tutto con l’applicazione degli interessi «dalla data di stabilizzazione». Più le spese legali, quelle giudiziarie e quelle per la consulenza tecnica d’ufficio che hanno portato la somma a più di 500mila euro.
Tutto bene quindi? Non proprio. «La Asst di Lecco non solo non ha pagato ma ha proposto l’Appello davanti alla Corte d’Appello di Milano. Nelle more ho dovuto notificare l’atto di precetto affinché versasse quanto stabilito dalla sentenza di primo grado».


Ma la Asst ha presentato opposizione al precetto, insomma al signor Cesare quei soldi non li voleva proprio dare. «Hanno cercato di procrastinare il pagamento in tutti i modi possibili – ha aggiunto ancora l’avvocato Arnò – Nel frattempo la Corte milanese ha rigettato l’appello e ha anche condannato la Asst accogliendo l’appello incidentale da me promosso. Quindi alla fine, dopo 10 anni, l’ospedale ha pagato. Ma c’era ancora un procedimento che andava avanti, quello del famoso precetto a cui avevano fatto opposizione. Che si è concluso lunedì scorso con una condanna, emessa dal Tribunale di Lecco, per lite temeraria e il pagamento anche di una somma in favore della Cassa delle Ammende. La somma non è ingente ma il gesto è importante».
La Asst di Lecco è comunque assicurata per rischi derivanti da responsabilità civile con la compagnia Am Trust Europe Limited. «Il mio assistito ha potuto ottenere giustizia dopo un calvario lunghissimo. Devo sottolineare il grande supporto tecnico medico del perito di parte, noto esponente della sanità locale, che ha sostenuto la sua diagnosi in giudizio e come me non si è fatto anticipare i soldi. E che ha commentato: “L’errore in ambito medico, pur nella sua gravità, è una componente ineliminabile della condizione umana e professionale. Tuttavia, ciò che risulta davvero censurabile nel caso in oggetto non è tanto l’evento clinico in sé, quanto la gestione successiva dell’errore. Un paziente già segnato da un grave danno ha dovuto affrontare un lungo e faticoso percorso giudiziario protrattosi per molti anni, aggravato da ritardi, rinvii, e da una difesa spesso improntata più alla negazione ostinata che all’assunzione di responsabilità. È inaccettabile che, a fronte di un danno evidente e di una richiesta legittima di ristoro, la risposta sia stata fatta di ostacoli formali, atteggiamenti dilatori e, in taluni passaggi, persino sprezzanti. Questo approccio mina la fiducia nelle istituzioni sanitarie e nella giustizia. Il sistema deve poter riconoscere i propri errori con tempestività, rispetto e dignità, a tutela del cittadino e della credibilità della professione medica”.


E ancora. “Abbiamo creduto che il signor Cesare meritasse giustizia e siamo andati fino in fondo, anche se ci abbiamo messo tanto. Ma finalmente è arrivato all’epilogo. Resta l’amarezza di aver trovato una controparte che a muso duro non ha mai cercato una composizione bonaria della vicenda”».


Quando è arrivata l’ultima sentenza il signor Cesare ha abbracciato il suo avvocato in lacrime. «È stato molto commovente – ha concluso il legale – Almeno adesso il mio assistito ha la possibilità economica di potersi curare, di permettersi un sostegno per le pulizie di casa e per andare a fare la spesa, visto che prima dipendeva da parenti e amici. Potrà anche acquistare una piccola auto adatta a lui. Per dieci anni ha dovuto sopportare le conseguenze del danno senza la possibilità economica di avere un sollievo».

Micaela Crippa

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