Racconto drammatico

Coronavirus, la toccante testimonianza di un soccorritore: "Ho visto anziani disperati: preferiscono restare a casa che morire soli in ospedale"

Matteo Amati, 42nne soccorritore professionale della Croce Rossa Italiana, sposato e padre  due figli (la moglie lavora all’ospedale di Lecco), vive a Valmadrera dal 2002. Da fine febbraio è stato assegnato all’aliquota di Como, aggregato alla squadra che ogni giorno opera nella zona della Bergamasca per soccorrere e trasportare i sospetti casi di Covid-19. 

Coronavirus, la toccante testimonianza di un soccorritore: "Ho visto anziani disperati: preferiscono restare a casa che morire soli in ospedale"
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«Il Coronavirus non è solo una patologia che disabilita, ma crea autentici drammi sociali: ho visto anziani disperati rifiutare il ricovero per la paura di morire soli in ospedale». Matteo Amati, 42nne soccorritore professionale della Croce Rossa Italiana, sposato e padre  due figli (la moglie lavora all’ospedale di Lecco), vive a Valmadrera dal 2002. Da fine febbraio è stato assegnato all’aliquota di Como, aggregato alla squadra che ogni giorno opera nella zona della Bergamasca per soccorrere e trasportare i sospetti casi di Covid-19. 

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La toccante testimonianza di un soccorritore: "Ho visto anziani disperati: preferiscono restare a casa che morire soli in ospedale"

Ha vissuto parecchie particolari e intense situazioni durante gli ultimi 46 giorni. Fin dall’inizio dell’emergenza è stato assegnato a una squadra specializzata nella cura e trasporto dei sospetti casi di Covid-19 nella zona della Bergamasca. Una battaglia quotidiana di oltre 12 ore: ma al di là della stanchezza e dei cerotti che porta in faccia per lenire i segni della mascherina, diventata compagna di vita, il morale è alto, consapevole che la sua è un’importante missione.

Amati, da quando opera nella Bergamasca?

«Solitamente io lavoro per la Croce Rossa di Milano, ma dall’inizio dell’emergenza, a fine febbraio, sono stato assegnato all’aliquota di Como in una squadra formata da 30 professionisti con a disposizione sei ambulanze che operano nella zona di Caravaggio, Calcinate, Zingonia, Mornico al Serio e inizialmente ho operato anche a Cremona».

Quanto durano i turni e com’è la giornata di un soccorritore?

Operiamo su due turni di 12 ore, dalle 8 alle 20 e dalle 20 alle 8. Ma il lavoro inizia due ore prima: ci troviamo al centro di Lipomo per il briefing operativo, quindi ci dicono la destinazione e l’equipaggio a cui dare il cambio. Prima di iniziare il turno si passa dall’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo dove ci forniscono ogni giorno mascherine, tute e attrezzatura per operare in sicurezza».

Quanti interventi fate in media al giorno?

«Mediamente uno all’ora. E dopo ogni missione l’ambulanza viene completamente sanificata con l’uso di perossido di ossigeno, la comune acqua ossigenata nebulizzata, per intenderci. In realtà numericamente la media degli interventi non è più alta che in una normale giornata a Milano dove in giornate standard compio un’uscita ogni 51 minuti. E chiaro che in questo caso si tratta di interventi diversi».

Più complicati?

«Al di là dell’aspetto sanitario ci si trova davanti a dei drammi umani e famigliari non indifferenti. Mi sono trovato di fronte a diversi anziani, in particolare nelle Valli bergamasche dove ci sono famiglie numerose e particolarmente unite, che hanno rifiutato il ricovero per paura di non rivedere più i loro cari una volta messi sull’ambulanza e di morire soli all’ospedale. In queste situazioni non resta che segnalare il caso all‘autorità sanitaria locale che poi attiva i protocolli e dispone le quarantene a domicilio. Il Covid-19 è un virus che crea problemi importanti e fare una terapia intensiva di due-tre settimane è decisamente pesante. Ma sta anche creando panico sociale. E di certo hanno avuto un forte impatto le immagini della colonne di camion dell’esercito che portato fuori dalla città le bare».

E lei non ha paura di contrarre il Coronavirus?

«Francamente dopo 46 giorni passati in una zona “rossa” credo di averlo già contratto e di essermi immunizzato. Non ho avuto sintomi, solo mal di gola per un paio di giorni, non abbastanza per essere sottoposto al tampone. Finora i test vengono fatti solo su chi ha febbre: abbiamo chiesto di sottoporre al tampone tutti i soccorritori e sanitari, anche gli asintomatici, soprattutto per la sicurezza delle altre persone e poter tornare a casa dalle nostre famiglie in sicurezza: io ho una moglie, anche lei sanitaria impiegata presso l’ospedale di Lecco, e due figli e la mia paura è quella di poterli contagiare».

Lei che è in prima fila ci dica: come è ora la situazione nella Bergamasca, i casi sono in diminuzione?

«Qualche miglioramento la scorsa settimana pareva ci fosse, sabato mattina i sospetti Covid in ingresso all’ospedale erano in calo, ma domenica c’è stato un forte picco. E’ ancora una situazione di emergenza».

E visto che gira tutto il giorno sulle ambulanze ci può dire se c’è gente per le strade?

«Sull’autostrada ci sono parecchi veicoli, rispetto alla scorsa settimana in questi giorni si sono visti camion e automobili in più. Anche nelle strade di collegamento tra i paesi, laddove prima si incrociavano solo qualche trattore, qualche furgone e i pullman, ora il traffico è aumentato parecchio. Vero che siamo in una zona molto produttiva con parecchie aziende che, con le proroghe del Governo, stanno funzionando e la gente si muove per lavoro, ma credo proprio che qualcuno faccia il furbetto. Ho visto ai posti di blocco diverse auto con il baule aperto pieno di valigie: non credo che stessero andando al lavoro. Forse quella è la scusa... E questa situazione da parecchio fastidio perché la battaglia contro il Coronavirus ha un alto costo e un impatto sociale devastante».

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