Con il palazzo di piazza Garibaldi, ex Deutsche, dalle cassaforti alla miseria

Con il palazzo di piazza Garibaldi, ex Deutsche, dalle cassaforti alla miseria
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Catalogatela pure tra le mie fissazioni, ma la visione quotidiana dell'edificio della ex Deutsche Bank di piazza Garibaldi mi provoca un'incontrollabile irritazione e forse anche un leggero eritema per curare il quale mi rivolgerò a un dermatologo con relativa notula al Comune. Il fatto è che sono lustri ormai che quel palazzo fiorente di soldi, di risparmi, di economia è ridotto a un casermone grigio e debordante, l'antitesi del buon gusto e soprattutto l'emblema di una città che con questi mostri non diventerà mai turistica.Della proprietà che l'ha acquisito anni fa si sono più o meno perse le tracce e nonostante l'amministrazione, in questo caso assai lodevole, sia stata celere nel concedere il piano di attuazione per un insediamento destinato ad "accendere" lo spento centro e a collegarlo con il lago.Detesto le cose lasciate a metà e questa è la tipica pratica dimenticata a bagnomaria con il Comune che non sa come intervenire e i privati che forse hanno perduto per strada l'entusiasmo per un investimento impegnativo. Se poi allungando il passo aggiungete quella piccola perla di via Roma 51 vi renderete conto che il cuore di Lecco rischia l'abbandono e che dopo dieci anni di governo del centro sinistra i successori si vedranno consegnato un ritratto urbanistico fatiscente e deturpato.

Con il palazzo di piazza Garibaldi, ex Deutsche, dalle cassaforti alla miseria

Nelle mie diverse esperienze politiche, professionali e persino amministrative, ho sempre ritenuto l'urbanistica la disciplina chiave in ragione della sua complementarietà quasi etimologica, per la sua pervasività e la stretta connessione con gli altri segmenti dell'amministrazione. Non è un caso che, per chi ha dimestichezza con questa materia diciamo dello scibile politico-amministrativo, molto spesso  l'assessore all'urbanistica sia poi candidato sindaco. E' capitato a Lecco, a Como, a Milano, a Roma, a Bologna, a Torino e in mille altre realtà italiane. Certo poi a smentire il teorema provvede l'attuale assessore Gaia Bolognini che se facesse quel passo mi costringerebbe a chiedere asilo politico a Poschiavo. La verità è che approvati i Piani regolatori prima e i PGT (Piani di Governo del Territorio) poi la più parte di sindaci, assessori e consiglieri si butta su problemi di settore, su progetti e programmi specifici, su aspetti peculiari, dimenticando la questione del destino della città, del suo assetto, delle dinamiche, anche edilizie, che dovrebbero interpretare una società in trasformazione.

So che questa mia pulsione, ispirata all'amore per Lecco, non troverà accoglienza se non nei complimenti formali di qualche amico consigliere, che proverà a tirarsi fuori dalla schiera dei colpevoli.

Marco Calvetti

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