Benini e Corti ricordano Ciapin
"Una grande capacità, la sua, di raccontare e raccontarsi, con un cammino di autoapprendimento e di maturazione culturale che ha pochi altri riscontri non solo nel lecchese".
Benini e Corti ricordano Ciapin.
Ciapin
Riceviamo e pubblichiamo integralmente il ricordo di Alberto Benini e Pietro Corti
Daniele Chiappa è stato molte cose, oltre che un profondo innovatore delle tecniche di Soccorso Alpino ed un valente alpinista.
La sua attività ha sempre manifestato una profonda attenzione per il "nuovo", tanto che Daniele è stato fra i primi a recepire il vento di novità che stava soffiando sulla tradizionalista atmosfera alpinistica lecchese, aprendo la sua attività alle suggestioni delle pareti di bassa quota. Un vento nuovo che stava soffiando su Lecco grazie ad alcuni giovani visionari, come lo scalatore milanese Ivan Guerini e, appunto, Daniele e pochi altri amici. Il "giardino di pietra" intorno a Lecco era stato svelato: decine di pareti rocciose sulle quali sperimentare, dall’inizio degli anni ’70, quell’ "alpinismo senza vetta" declinato poi in free climbing e quindi in arrampicata sportiva.
Delle sue numerose “prime” sulle montagne lecchesi, presto la via Chiappa in Antimedale (la seconda sulla parete) divenne una classica,mentre apparvero decisamente innovative le sue vie sulla Bastionata del Lago o sul Pizzo d’Erna, alla ricerca di nuovi terreni di gioco. Anche le salite in Grignetta ai Magnaghi e al Torrione Vittorio Ratti, o la difficile “via Fratelli Kennedy” alla Mongolfiera ed altri percorsi di minor respiro (come le sperimentazioni di artificiale "new age" al Nibbio), sono da leggersi come un'interpretazione personale della scalata che, partendo dal puro gusto esplorativo, muoveva alle suggestioni "californiane" del "nuovo mattino". Una ricerca che, d'inverno, Daniele aveva esteso ai nastri di cristallo delle cascate ghiacciate nascoste nelle pieghe del Resegone, un’attività, quella del “cascatismo” nuovissima all’epoca in Italia.Molte di queste salite erano inoltre l’occasione per scalare con giovanissimi lecchesi (Marco Crippa, Delfino Formenti, Annibale e Luca Borghetti, e diversi altri)con i quali condividere questa genuina sete di novità. Interessante anche la sua frequentazione delle nuove vie sul granito delle Alpi Centrali svizzere, che obbligavano a lunghe sequenze in arrampicata libera su fantastiche linee di diedri e fessure incise nel magnifico granito del Salbitschjien o della Graue Wand.
Daniele ha saputo unire questa attività di ricerca sulle sue montagne, le numerosissime ripetizioni sulle Alpi, le grandiose prime salite (bastino la via nuova sul pilastro est nord est del Badile con Giulio Martinelli, Tiziano Nardella ed Elio Scarabelli nel 1973), la conquista del Cerro Torre nel 1974, la Grande Cattedrale del Baltoro del 1975, il Sinai nel 1978, con il costante desiderio di recuperare la storia (avviando il progetto ModiSca), cogliendo appieno la potenziale ricchezza di un ambiente come quello lecchese. Una grande capacità, la sua, di raccontare e raccontarsi, con un cammino di autoapprendimento e di maturazione culturale che ha pochi altri riscontri non solo nel lecchese.
Si può così forse delineare il suo valore di alpinista e di uomo, attento anche alla vita delle tante associazioni piccole e “nuove” del territorio (Ravanatt, UGE, CAI Belledo) come di quelle più prestigiose (CAI Lecco, Gruppo Ragni e poi Gruppo Gamma, Club Alpino Accademico Italiano, Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico) che hanno conosciuto la sua fattiva presenza.
Alberto Benini e Pietro Corti, settembre 2018