Assegno divorzile: natura puramente assistenziale o anche compensativa?
La soluzione proposta dalle SSUU con pronuncia dell’11.07.2018 è in linea con la legislazione comunitaria

La sentenza di divorzio disciplina, tra gli altri aspetti, anche i rapporti di natura patrimoniale tra gli ex coniugi e, quindi, deve stabilire se il coniuge economicamente più debole ha il diritto di percepire un assegno divorzile (ad debeatur), quantificandone l’importo (quantum debeatur). L’art. 5, comma 6, L. 898/70 individua i criteri che il giudice deve adottare nel compiere tale valutazione.
Cosa recita la norma?
La norma appena richiamata recita così: “con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla condizione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi e, valutati tutti i suddetti elementi, anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive (…)”.
La giurisprudenza è ampiamente intervenuta ad interpretare la norma, stante la sua formulazione abbastanza generica. Sono due i principali indirizzi giurisprudenziali che meritano di essere ricordati: il primo è riconducibile alla pronuncia delle SSUU n. 11490/1990; il secondo è
riconducibile alla Corte Cass. n. 11504/2017.
Entrambi gli indirizzi ritengono che l’assegno divorzile sia dovuto solo nell'ipotesi in cui il coniuge richiedente non disponga di mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive, di fatto attribuendo all'assegno una natura puramente assistenziale. I due orientamenti, peraltro, si discostano nella definizione di “mezzi adeguati”: secondo le SSUU del 1990, i mezzi possono dirsi adeguati qualora siano idonei a consentire al coniuge di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio; secondo la Cass. Civ. n. 1154/2017, invece, i mezzi sono adeguati qualora consentano al coniuge di condurre una vita dignitosa, a prescindere dal tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Qual'è la soluzione proposta?
Alla luce del contrasto venutosi a creare per quanto concerne la valutazione dell’an debeatur (ossia del diritto, in capo al coniuge richiedente, di percepire l’assegno divorzile), sono intervenute nuovamente le SSUU, con pronuncia pubblicata l’11.07.2018. La questione che le SSUU sono state chiamate a risolvere può essere così riassunta: l’assegno divorzile è dovuto tutte le volte in cui il coniuge richiedente non sia autonomamente in grado di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio, ovvero è dovuto solamente nell'ipotesi in cui il coniuge non sia autonomamente in grado di garantirsi una esistenza dignitosa (a prescindere dal parametro del tenore di vita)?
La soluzione proposta delle SSUU del 2018 si discosta da entrambi gli orientamenti precedenti, in quanto attribuisce all'assegno divorzile una funzione “mista”: sia assistenziale che compensativa.
Per chiarire il significato di tale affermazione, va evidenziato che la sentenza dell’11.07.2018 – da un lato – abbandona definitivamente il criterio del tenore di vita abbracciato dalle SSUU del 1990, ma – dall'altro lato – ritiene che l’impossibilità oggettiva di condurre un’esistenza dignitosa non sia l’unico criterio da seguire per stabilire se il coniuge richiedente abbia diritto all'assegno divorzile.
Difatti, per stabilire se sussiste tale diritto – secondo le SSUU del 2018 – è necessario tenere conto di tutti i parametri di cui all'art. 5, comma 6, L. 898/70 e quindi dare peso anche al contributo personale che ciascun coniuge ha fornito in costanza di matrimonio, per provvedere ai bisogni primari nel nucleo familiare.
Natura assistenziale o compensativa?
Ecco che, pertanto, all'assegno divorzile non viene più attribuita una natura strettamente assistenziale – ossia la sua funzione non consiste unicamente nel far fronte all'oggettiva impossibilità del coniuge richiedente di provvedere al proprio sostentamento – ma gli viene altresì
attribuita una natura compensativa, ossia la funzione di “ricompensare” il coniuge richiedente per i sacrifici fatti in costanza di matrimonio.
La soluzione prospettata dalle SSUU del 2018 è in linea con la legislazione comunitaria: in tutti i Paesi europei il legislatore e la giurisprudenza tendono ad attribuire all'assegno divorzile la duplice funzione: assistenziale e compensativa.
Va evidenziato come – anche a seguito della pronuncia Corte Cass. n. 1154/2017 – i Tribunali avessero già introdotto il principio della duplice natura dell’assegno divorzile, poi confermato dalle SSUU del 2018. Per quella che è la mia personale esperienza, il Tribunale di Lecco – con una sentenza pubblicata nel giugno 2018 – ha concesso l’assegno divorzile ad una ex moglie, cinquantenne, proprietaria di un immobile, e quindi astrattamente in grado di procurarsi i mezzi adeguati alla propria sussistenza, in quanto la donna – in costanza di matrimonio – aveva scelto, assieme all'ex marito, di lasciare la propria occupazione lavorativa per seguire i due figli, evitando così che venissero affidati a baby-sitter o comunque a persone estranee.
Nei prossimi mesi, avremo modo di capire se i Tribunali si adegueranno definitivamente a questo nuovo indirizzo, come è auspicabile che sia.
Avv. Cristiana Cereda
Studio Legale Notaro e Associati