Anniversario della morte di Eluana, Associazione Coscioni: "La battaglia del padre un pilastro per la legge sul biotestamento"
“Legge ostacolata, manca una campagna informativa e la Relazione al Parlamento”
Intervento a cura della Associazione Luca Coscioni, realtà attiva nella tutela del diritto alla scienza e alla salute.
Il 9 gennaio 2009 moriva Eluana Englaro, la donna che nel 1992 rimase coinvolta in un incidente stradale che la portò per 17 lunghissimi anni a vivere in uno stato di paralisi e degenerazione cerebrale definitiva senza alcuna possibilità di recupero, né di risveglio, tantomeno di porre fine a quelle atroci sofferenze.
Nel mezzo un’estenuante battaglia condotta dal padre Beppino - insieme all’Associazione Luca Coscioni, - nei tribunali nazionali mirata all’ottenimento del diritto a sospendere le cure e l’alimentazione della figlia, consegnandola così a una dolce morte. Il caso divise l’Italia, coinvolgendo il mondo giuridico, culturale e istituzionale a tutti i livelli, fino all’autorizzazione, dopo un iter travagliato, concessa al padre, in qualità di tutore, ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzata che manteneva in vita Eluana. (Qui la storia completa https://www.associazionelucacoscioni.it/caso-giudiziario-eluana-englaro).
“Grazie alla legge 219/17 - dichiara Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni -, non vi saranno più situazioni come quella di Eluana Englaro, perché per coloro che non hanno redatto DAT, l'amministratore di sostegno, può ricostruire la volontà della persona dinanzi al Giudice Tutelare per conoscere il volere della stessa in tema di rifiuto o conferma dei trattamenti e così procedere nell'affermazione completa della volontà della persona. Tale procedura è confermata dalla più recente giurisprudenza”. “Il coraggio e la testardaggine con la quale Beppino Englaro ha cercato giustizia - ha aggiunto Marco Cappato, promotore della campagna Eutanasia legale e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni - ha consentito a tutto il Paese di riflettere e appassionarsi su un tema che il ceto politico, allora come ora, continua a rifiutarsi di affrontare.
La vicenda, così come quella di Piergiorgio Welby, segnò anche l’inizio dell’iter politico condotto dall’Associazione Luca Coscioni (attiva a livello internazionale a tutela del Diritto alla Scienza e alla Salute) per la conquista di una buona legge sul fine vita, e ispirò la legge sul testamento biologico, le cosiddette DAT (Disposizioni anticipate di trattamento) ovvero i trattamenti che ognuno può decidere, in anticipo, di voler accettare o rifiutare nel momento in cui si troverà in una condizione di non poter comunicare la propria volontà.
Grazie alla legge sul biotestamento (legge 219/2017):
- chiunque ha il diritto di richiedere l’interruzione delle terapie, ivi comprese quelle salvavita;
- qualsiasi persona maggiorenne e capace di autodeterminarsi può depositare e veder rispettate le proprie disposizioni anticipate di trattamento (DAT);
- nei casi in cui le DAT non siano state depositate ma vi siano stati colloqui con la persona prima che questa si sia trovata in condizioni di non potersi più esprimere, l’amministrazione di sostegno può richiedere l’interruzione delle terapie;
- è stata creata la Banca dati nazionale per la registrazione delle DAT.
APPROFONDIMENTO - Qui il punto sul Biotetsamento https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/blog/testamento-biologico-punto
La legge è in vigore dal 31 gennaio 2018 due anni non privi di ostacoli basti pensare che a livello istituzionale non è mai stata condotta alcuna campagna informativa a favore della popolazione, una buona parte di questa infatti non risulta a conoscenza di un diritto fondamentale. Secondo un recente sondaggio di Swg commissionato dalla Associazione Luca Coscioni, il testamento biologico è conosciuto dall’83% degli intervistati, ma il 71% ignora le procedure per il rilascio delle Disposizioni anticipate di trattamento. Per l’84% per cento la causa di questa difficoltà è da legare alla scarsa informazione da parte delle istituzioni.
Per questo l’Associazione Luca Coscioni nelle scorse settimane ha lanciato sull’argomento una campagna informativa nazionale, online e offline, con l’obiettivo di raggiungere e sensibilizzare più persone possibile. Le affissioni sono presenti nelle stazioni delle metropolitane delle principali città italiane Milano, Roma, Torino, Napoli e Brescia.
Inoltre, al momento anche il deposito della Relazione annuale al parlamento da parte del Ministero alla Salute risulta in forte ritardo, ostacolando così la conoscenza sul reale funzionamento della legge. L’ultima relazione al Parlamento sull’applicazione della legge sul biotestamento, aggiornata al 30 aprile 2019 da parte del Ministero della Salute, quindi è in ritardo di un anno rispetto alle previsioni di legge che prevedono una relazione annuale ogni 30 aprile, ci mostra come in Italia siano state depositate 62.030 Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) nei soli Comuni. La relazione non prende in considerazione le DAT depositate dai notai e quelle depositate presso le autorità consolari. Inoltre non propone dati relativi ai territori di provenienza delle DAT, non permettendo quindi dove esistano problematiche di applicazione. A questo dato, possiamo aggiungerne un altro: al momento sono 60mila i moduli di testamento biologico scaricati dal sito dell’Associazione Luca Coscioni. Secondo un’indagine condotta dall’Associazione Luca Coscioni, alla fine di settembre 2019 risultavano 170mila testamenti biologici depositati nei soli Comuni.
Un’ulteriore problematica aperta è quella della videoregistrazione della DAT, attualmente non possibile attraverso i Comuni, così come la possibilità per i pubblici ufficiali di uscire dagli uffici comunali per ritirare le DAT a domicilio nei casi di necessità. Queste mancanze rendono di fatto impossibile il deposito gratuito delle DAT proprio alle persone più fragili nel nostro Paese, che si trovano costrette a doversi rivolgere a un notaio.
Infine, l’articolo 4 commi 6 e 7 la legge 219/2017 prevede che “Le regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella clinica o il fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale possono, con proprio atto, regolamentare la raccolta di copia delle DAT […]“. In questo caso, quindi davanti a Regioni che hanno adottato modalità di gestione telematica delle cartelle cliniche, il deposito delle DAT potrebbe avvenire anche “presso le strutture sanitarie“. Di fatto al momento bisogna segnalare che non risultano strutture sanitarie che ritirino le DAT, nemmeno laddove è stata regolamentata la gestione telematica delle cartelle cliniche.