l'ASSURDA TRAGEDIA A lECCO

10 anni senza Matteo La Nasa, travolto da un'auto volata da un tornante a Versasio e piombata su un bar

La mamma: "In questi dieci anni è rimasto intatto un vuoto incolmabile"

10 anni senza Matteo La Nasa, travolto da un'auto volata da un tornante a Versasio e piombata su un bar
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Domenica scorsa sono passati 10 anni dal giorno dell’addio definitivo. Era il 21 novembre del 2011 quando se ne andava Matteo La Nasa. La fine di un calvario per il 20enne, uno strazio senza fine per al sua famiglia.
Il giovane vimercatese, residente a Cascina Beretta, si era spento dopo aver lottato per 16 mesi in una condizione si stato semivegetativo. Se ne era andato pochi giorni dopo aver compiuto i 20 anni.

10 anni senza Matteo La Nasa, travolto da un'auto volata da un tornante a Versasio e piombata su un bar

Un calvario  il suo iniziato nell'estate dell'anno prima  dell'anno prima. Era la sera di domenica 18 luglio 2010. Matteo La Nasa era seduto ai tavolini esterni del bar Il Caminetto, a Lecco. Con lui la fidanzata Dori e i genitori di lei. Una serata come tante, prima di rientrare a casa La tragedia si era consumata in un attimo. Prima il boato, poi quell’auto volta da un tornante a Versasio, sotto i Piani d'Erna e  piombata giù lungo la scarpata dalla strada soprastante. Alla guida un 20enne di Lecco. Un volo di parecchi metri terminato prima contro un albero e poi proprio contro il tavolino dove era seduto Matteo. Per lui non c’era stato scampo. Era stato travolto in pieno. Privo di conoscenza, era stato trasferito all’ospedale San Gerardo di Monza in condizioni disperate. Sedici mesi di lotta, fino al novembre dell’anno successivo quando Matteo, ormai 20enne, si era arreso.

La lotta di mamma Croce

Da allora la vita di mamma Croce Castiglia, papà Saverio e delle due sorelle, Claudia e Giulia si è fermata. Per quasi un anno e mezzo Matteo era rimasto inchiodato ad un letto e a una carrozzina. Poi se ne era andato.
Da allora i suoi famigliari non hanno smesso di lottare, guidati da mamma Croce, che ha fatto della ricerca della verità, della giustizia e degli appelli ai giovani la sua ragione di vita. Lo ha fatto fondando un’associazione intitolata a Matteo, che è stata tra le promotrici dell’introduzione nel Codice penale del reato di Omicidio stradale (chi era alla guida, un giovane lecchese, dell’auto che travolse Matteo La Nasa non ha fatto nemmeno un giorno di carcere); lo ha fatto organizzando decine di eventi nelle piazze e nelle scuole, per ricordare le migliaia di giovani che non ci sono più e per sensibilizzare i ragazzi al rispetto delle regole e della vita.

Il decimo anniversario della scomparsa di Matteo è stata però anche l’occasione per mamma Croce per tracciare un bilancio, triste...

Il dolore che non passa

"In questi dieci anni è rimasto, intatto, un vuoto incolmabile - ha raccontato ai colleghi di primamonza.it - Io e i miei famigliari abbiamo cercato di riempirlo, per quanto possibile, con l’associazione che porta il nome di Matteo. In questi anni abbiamo organizzato decine di eventi. La pandemia ci ha un po’ fermati, ma riprenderemo presto. Nel frattempo stiamo anche collaborando, insieme ad altre associazioni e in particolare all’Associazione vittime della strada, con il Ministero dei Trasporti per la nuova riforma del Codice della strada. Ci sono ancora tante cose che non vanno. Lo stesso reato di Omicidio stradale deve essere modificato. Spesso inoltre la sua applicazione da parte dei giudici lascia stupiti. I morti sulle strade sono ancora tanti, troppi. Troppo le vite spezzate, troppe le famiglie distrutte. Troppi i genitori che non riescono a reggere il dolore".

Mamma Croce, papà Saverio e le sorelle di Matteo La Nasa vanno avanti grazie ad una grande unione e a una grande fede.

"La fede e l’amore ci aiutano, ma i momenti di sconforto e di disperazione sono tanti - prosegue Croce - Chi dice che il tempo lenisce il dolore sbaglia. Il dolore per la morte di un figlio è devastante, costante. Paradossalmente con il tempo cresce invece di diminuire. Noi ci sforziamo di ricordarlo sempre con un sorriso, lo festeggiamo ogni 12 novembre andando al ristorante in occasione del suo compleanno. Brindiamo, ridiamo, perché Matteo era un ragazzo gioioso, che amava le feste. Lo facciamo per lui, ma siamo distrutti".

Croce Castiglia torna poi sul tanto lavoro che c’è ancora da fare. "Non ci fermiamo - ribadisce - L’Associazione continuerà a lavorare accanto ai giovani. C’è ancora tanto da fare sul fronte della consapevolezza dei rischi, del rispetto della propria vita e di conseguenza anche della vita altrui. Mio figlio è morto perché un giorno un suo coetaneo ha deciso di giocare con l’auto, di provare a vedere fino a che velocità poteva andare in curva. Questo purtroppo è successo molte altre volte. Non mi darò pace finché vivrò per fare in modo che un giorno non accada più. E’ quello che vuole anche Matteo. Lo so, perché io e lui ci parliamo spesso".

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