79ESIMO ANNIVRESARIO

Scioperi del 7 marzo 1944: Lecco non dimentica il sacrificio dei lavoratori per la libertà

"La memoria non può venire meno soprattutto oggi di fronte all'allarmante aumento di vergognosi segnali di odio, di intolleranza, di razzismo  e di crimini di apologia del fascismo".

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Lecco non dimentica il sacrificio dei lavoratori per la libertà. Oggi, nel 79esimo anniversario degli scioperi del 7 marzo 1944, la città ha reso omaggio ai caduti durante la cerimonia organizzata da CGIL Lecco, CISL Monza Brianza Lecco, UIL Lecco, Anpi provinciale Lecco, dalla Provincia di Lecco e dal Comune di Lecco.

Scioperi del 7 marzo 1944: Lecco non dimentica il sacrificio dei lavoratori

La mattinata è iniziata con la Santa Messa celebrata nella Chiesa di castello "SS.Martiri Gervaso e Protaso" di Lecco da don Mario Fumagalli e don Mario Proserpio alla presenza del presidente del Consiglio Comunale di Lecco Roberto Nigriello del consigliere provinciale Carlo Malugani in rappresentanza di Villa Locatelli.

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Al termine della celebrazione è partito il corteo per corso Matteotti e via Castagnera.

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Toccante il momento di Momento di raccoglimento che si è svolto al  Parco 7 Marzo 1944 di corso Matteotti dove  il presidente dell'Anpi di Lecco ha ripercorso quanto accaduto 79 anni fa.

"Il 7 marzo alla Badoni alla Bonaiti, al Caleotto, all'Arlenico gli operai entrarono ma attuarono lo sciopero bianco stando in fabbrica senza lavorare. La reazione allo sciopero non si fece attendere ma non furono i tedeschi a intervenire bensì repubblichini - ha raccontato Enrico Avagnina -  Guidati dal capo dei fascisti di Como entrarono nelle fabbriche, arrestarono 35 operai operai, li portarono legati alla stazione ferroviaria"

Degli arrestati ne vennero deportati 26, in 19 non ritornarono a riprova delle condizioni di vita e di trattamento nei lager nazisti. Il più anziano  aveva 54 anni, il più giovane 17.

"In sette  riuscirono a salvarsi. A queste lavoratrici e lavoratori va  la nostra più grande gratitudine e riconoscenza. Per Lecco, città medaglia d’argento al valor resistenziale, il 7 marzo costituisce una data fondativa di quella carta d’identità basata su valori dell’antifascismo e della democrazia. Il 7 marzo ci ricorda l’importante contributo della classe operaia nella lotta antifascista, primo  forte segnale di quella coesione sociale tra formazioni partigiane società civile dell’inesorabile caduta in disgrazia dell’occupante tedesco e dei suoi grigi servitori della Repubblica di Salò. Il 7 marzo  ci insegna come la Resistenza sia stata un’opera collettiva, ci insegna come al 25 aprile alla Costituzione ci siamo arrivati per il contributo di diverse resistenze. La resistenza delle donne, la resistenza armata delle formazioni partigiane, la resistenza non armata di settori della società civile, la resistenza degli operai e delle operaie che con loro rivendicazioni salariali e con l’opposizione alla guerra sia nel '43 che nel '44  minarono la base del regime fascista".

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"Allarmante aumento di vergognosi segnali di odio"

Due le figure ricordate da Avagnina, quella di Pino Galbani e quella di Regina Aondio che in tempi e modalità diverse si dedicarono generosamente a raccontare alle nuove generazioni, negli incontri organizzati nelle scuole, i fatti del 7 marzo.

"Da quando questi protagonisti diretti ci hanno lasciato per noi è un dovere morale portare alle nuove generazioni le loro testimonianze. E questo impegno non può venir meno soprattutto oggi di fronte all'allarmante aumento di vergognosi segnali di odio, di intolleranza, di razzismo  e di crimini di apologia del fascismo".

Gli Scioperi del 7 marzo 1944 e la guerra in Ucraina

"Siamo stati sempre consapevoli dell’importanza di queste testimonianze per la difesa della democrazia e per la conoscenza e l'attuazione della Costituzione - ha chiosato il numero uno dell'Anpi - Ma proprio perché gli scioperi del '44, oltre alle motivazioni salariali, contenevano anche una denuncia contro la guerra, ci getta oggi in una buia tristezza constatare che la nuova odierna guerra in Europa rischia di annullare di colpo il sacrificio di queste vite. Ma sappiamo che sarebbe oltremodo oltraggioso  nei loro confronti non continuare con determinazione a batterci per la pace per l'Attuazione azione dell’articolo 11 di quella Costituzione da loro voluta con scelte ben più difficili rispetto alle nostre".

Al termine del discorso di Avagnina, letteralmente avvolti nel tricolore, i rappresentanti istituzionali hanno quindi deposto un omaggio floreale alla lapide dei caduti in via Castagnera per ricordare i lavoratori lecchesi deportati nei campi di sterminio nazisti.

 

La cerimonia è poi proseguita nell' Aula Magna del Liceo Manzoni in via XI Febbraio.

"Uomini e donne lecchesi vennero deportati per difendere le loro idee e le loro famiglie - ha sottolineato il sindaco di Lecco Mauro Gattinoni - Oggi in alcune parti del mondo questo succede ancora e ricordare quei tragici avvenimenti è un antidoto alla dittatura. Le libertà funzionano se tutti i diritti funzionano contemporaneamente".

La memoria è quindi allo stesso  tempo un dovere e un diritto: " I nostri giovani devono sapere - ha aggiunto il consigliere Malugani - e noi tutti non dobbiamo e non possiamo  dimenticare".

"La responsabilità passa attraverso la cultura e la civiltà - ha aggiunto inoltre il prefetto di Lecco Sergio Pomponio - Ed è nella cultura che trovano terreno fertile i processi di pace e libertà che sono più preziosi del pane e hanno un sapore migliore".

Toccante l'esibizione di Davide Milani, studente dell’Istituto Bertacchi, che ha intonato il suo brano rap “Come se fosse normale” come già fatto qualche settimana fa davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Enrico Avagnina, presidente Anpi provinciale Lecco

Mario Stojanovic

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