Lecco

Padre Norberto Pozzi: "Un anno dopo l’attentato ancora non cammino, ma tornerò in Centrafrica"

Il missionario carmelitano era rimasto ferito per l’esplosione di una mina. Ora si trova nel monastero di Arenzano

Padre Norberto Pozzi: "Un anno dopo l’attentato ancora non cammino, ma tornerò in Centrafrica"
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«Un anno dopo l’attentato ancora non cammino, ma tornerò in Centrafrica». A parlare è padre Norberto Pozzi, il missionario Carmelitano di 72 anni, rimasto gravemente ferito per l’esplosione di una mina avvenuta il 10 febbraio dello scorso anno. Padre Pozzi (originario del rione di Acquate) ha perso il piede sinistro nella deflagrazione e attualmente si trova nel monastero di Arenzano.

Padre Norberto Pozzi: "Un anno dopo l’attentato ancora non cammino, ma tornerò in Centrafrica"

«Sto bene - ci racconta con la sua solita verve - Solo che non è facile adattarsi alla protesi perché ogni volta che la indosso ho una reazione allergica nel punto dove mi è stata innestata la nuova pelle. Pertanto, i medici stanno cercando di farmi abituare a poco a poco al silicone facendomi indossare la cuffia tre ore al mattino e tre alla sera. Purtroppo dopo un anno mi trovo ancora costretto su una sedia a rotelle e di tanto in tanto, quando riesco ad indossare la protesi, cammino con le stampelle».

Il 10 febbraio dello scorso anno, lo ricordiamo, il missionario carmelitano stava viaggiando lungo la strada sterrata che dai villaggi porta alla missione di Bozoum, nella parte occidentale della Repubblica Centrafricana, quando il suo pick up era finito su una mina che l’aveva fatto saltare in aria. Padre Pozzi era stato sbalzato dal veicolo ed era rimasto gravemente ferito alle gambe. Con lui si trovavano a bordo dell’auto anche un giovane seminarista e un catechista, rimasti fortunatamente illesi. Erano stati loro a prestargli i primi soccorsi.

Drammatica l’immagine scattata al seminarista con la tonaca sporca del sangue del sacerdote lecchese, accanto alla buca provocata dalla mina. Il religioso, in stato di semi incoscienza, era stato trasportato fino al più vicino ospedale in sella a una moto che si era fermata per aiutarlo. Poi il trasporto con un elicottero dell’Onu fino a Kampala, capitale dell’Uganda, l’amputazione del piede sinistro e il viaggio della speranza fino all’istituto ortopedico Rizzoli di Bologna, dove è rimasto per diversi mesi.

«Ad Arenzano sto conducendo la vita del tranquillo frate carmelitano, con qualche impegno per la Messa e le confessioni - ci dice padre Norberto - In Centrafrica mi piacerebbe tornare, almeno per un periodo di tempo che consenta il passaggio di consegne ai confratelli e la conclusione della chiesina della Divina Misericordia che stavo realizzando. Servono gli arredi, l’altare e la sistemazione della campana. Credo però che non si possa parlare di affrontare il viaggio prima di un anno. Una volta che mi avranno rimesso in piedi deciderò per quanto tempo rimanere».
Padre Norberto non perde mai il suo buon umore: «Certo, adesso dormo di più. In missione mi alzavo alle 4.45, poi c’erano la Messa, la colazione e il lavoro giornaliero. Qui posso riposare fino alle 6.30, poi la funzione e le incombenze quotidiane».

Anche la città di Lecco sta aspettando padre Norberto che conclude: «Tornerò nella mia città quando sarò in grado di camminare, ma voglio ringraziare i lecchesi per il loro sostegno e per le loro preghiere. Desidero che sappiano che sono nei miei pensieri».

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