A Lecco

Medaglie d'onore alla memoria di 24 lecchesi deportati nei lager nazisti

Il prefetto Sergio Pomponio ha conferito i riconoscimenti ai famigliari nel corso di una toccante cerimonia alla memoria.

Medaglie d'onore alla memoria di 24 lecchesi deportati nei lager nazisti
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Ventiquattro medaglie d'onore alla memoria di altrettanti lecchesi che durante il secondo conflitto mondiale furono deportati e internati nei campi di prigionia nazisti, per essere usati come forza lavoro a sostegno dello sforzo bellico del Terzo Reich.

Medaglie d'onore ai lecchesi che vissero la brutalità dei lager

"Il passato è condannato all’oblio. Il passato non ha diritti. Fra i tanti diritti affermati o auspicati, quello di essere ricordati non è mai stato neppure proclamato. Ricordare può essere soltanto un dovere, e dunque il passato può sfuggire all’oblìo, e aiutarci a vivere, se ci sono persone che avvertono il dovere di dedicare tempo, intelligenza, e cura a mantenere viva la memoria degli uomini e delle cose”. Così nel suo discorso di apertura, il prefetto Sergio Pomponio. La cerimonia di conferimento delle onorificenze - concesse dal Presidente della Repubblica, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri - si è svolta questa mattina, martedì 22 giugno 2022, nell'auditorium della Casa dell'Economia, organizzata dalla Prefettura di Lecco.

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Alla casa dell'Economia i figli e nipoti delle Medaglie d'onore

E' stata la prosecuzione ideale della celebrazione del 2 Giugno scorso, quando  la Prefettura, per motivi organizzativi, aveva limitato la consegna della  medaglia all'unico reduce ancora in vita, Elsio Bassi, classe 1994 di Mandello.  In sala, oltre ai sindaci dei Comuni dove risiedono le famiglie dei benemeriti,  anche i loro figli e nipoti, invitati a salire sul palco non solo per fare le veci del congiunto scomparso (in alcuni casi decenni fa), ma soprattutto per arricchire con il loro personale e vivo ricordo la storia passata rappresentata da ogni medaglia.

Il prefetto: "Non eroi, ma cittadini comuni testimoni del valore della libertà"

"Non volevano essere eroi, erano cittadini comuni scientemente rastrellati dai tedeschi. Ma nella vicenda brutale che hanno vissuto e patito, sono diventati testimoni della resistenza e dell'insopprimibile aspirazione alla libertà" ha detto Pomponio. Il prefetto ha sottolineato come la deportazione resti purtroppo una costante nella storia dell’umanità. Una barbarie che anche oggi  si ritrova nelle storie dei tanti profughi che cercano salvezza in Italia. "Quella ad opera dei nazisti  non fu una deportazione semplicemente determinata dalla brutalità dell’invasore" ha rilevato il prefetto di Lecco. "Fu una deportazione scientifica, progettata e realizzata, con la precisa intenzione di alimentare la forza lavoro per la produzione bellica del Reich. La gran parte dei rastrellamenti che interessarono i cittadini italiani vennero effettuati dai tedeschi con spirito selettivo, non per colpire i nemici dell'ideologia nazifascista,  quantunque a volte furono rappresaglie seguite ad attacchi della Resistenza.  Si trattava di selezionare lavoratori idonei ad essere inseriti nella catena produttiva per sostenere lo sforzo bellico.

Inopportuno etichettare questi deportati italiani come eroi: "Non volevano esserlo" ha detto Pomponio. "Si trattava difatti  di persone comuni, nella maggior parte dei casi non legate a fenomeni eversivi contro il regime, ma anzi solidali con quest'ultimo e che solo successivamente all'esperienza nei lager hanno maturato una convinta avversione al nazifascismo in nome del valore insopprimibile della libertà".  E qui il prefetto ha fatto riferimento a suor Luisa Dell'Orto, la missionaria lecchese (di Lomagna) uccisa ad Haiti sabato scorso.  "La sua storia rappresenta la volontà di affermare la propria libertà scegliendo un cammino di perfezione nella Carità, consapevole dei rischi, fino a spingersi al martirio. "Suor Luisa è una martire dei tempi moderni, che afferma la propria libertà ma anche  quella delle persone alle quali ha dedicato la sua missione.

L'accenno all'esempio suor Dell'Oro martire a Haiti

Come suor Dell'Oro, anche le storie dei ventiquattro deportati lecchesi hanno fatto emergere quel "desiderio impellente di libertà che ha forgiato la nostra società contemporanea e che resiste e perdura fino ad oggi". Pomponio ha concluso il suo intervento invitando i cittadini ad affermare e difendere costantemente la  libertà . "Non possiamo assuefarci alla mancanza di libertà, alle imposizioni della forza, al sopruso. Perché altrimenti la sopraffazione, in diverse forme e ciclicamente,  si ripresenta nella storia".

I racconti di figli e nipoti: "Leggo la lettera di mio padre agli studenti"

Tra le tante testimonianze toccanti quella delle figlie di Primo Meloni di Oggiono, soldato sul  fronte greco, caduto prigioniero dai tedeschi mentre era ricoverato nell'ospedale di Siro. Dal campo di lavoro in Germania riuscì a inviare lettere alla propria famiglia. "Qui tutto bene" scriveva, anche se con i compagni pativa la fame nera, sfamandosi del brodo ricavato facendo bollire e ribollire una rapa. "Conserviamo la sua missiva, scritta nel giorno di Natale, in cui si rallegrava perché gli avevano dato da mangiare anche un po' di pane - ha raccontato la figlia minore, che fa l'insegnante - ogni gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, la leggo ai miei studenti. C'è sempre qualcuno che mi chiede se è vera".  Meloni fu rimpatriato il 22 agosto 1945.

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Il figlio di Luigi Rusconi con il sindaco di Calolziocorte Marco Ghezzi e il prefetto Sergio Pomponio

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Il figlio di Antoni e nipote di Carlo Adamoli

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I figli di Giuseppe Acerboni di bellano col il sindaco Antonio Rusconi e il prefetto Sergio Pomponio

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Il figlio di Alfredo Saccardi di Ballabio

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Il figlio di Ferdinando Esposito con il sindaco Giovanni Bussola di Ballabio e il prefetto Sergio Pomponio

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I figli di Santo Percassi con la sindaca di Oggiono Chiara Narciso e il prefetto Sergio Pomponio

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I famigliari di Ernesto Frigerio che oggi risiedono tra Oggiono e Annone

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le figlie di Luigi Bernardi di Verderio

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La figlia e le nipoti gemelle di Giuseppe Dell'Oro di Valmadrera

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La figlia e la nipote di Angelo Dell'Oro di Valmadrera

"Tornò a casa in treno, vestito di stracci. E si vergognò"

A casa sua, finita la guerra, fece finalmente ritorno anche Giuseppe Corti di Molteno. Sul palco, commosse, le sue due figlie. "Quando arrivò in stazione, si vergognò che qualcuno potesse vederlo nello stato pietoso in cui era,  vestito di stracci. Mandò a chiamare suo padre, perché venisse  a portargli degli abiti.

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I figli di Lino Redaelli di Olginate

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I figli di Carlo Panzeri di Olginate

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Le figlie di Giuseppe Corti di Molteno

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Il figlio di Melchiorre Tantardini di Margno

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La figlia di Giuseppe Gatti di Margno

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I figli di Paolo Aldeghi di Malgrate con il sindaco Flavio Polano

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la figlia di Giacomo Crimella con la vicesindaco di Lecco Simona Piazza

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I figli di Natale Panzeri di Galbiate

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La famiglia di Primo Meloni di Oggiono

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I famigliari di Luigi Mapelli di Costa Masnaga

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Il figlio di Amedeo Mornico di Cortenova

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La nipoti Antonio Serafino Artusi

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Il figlio di Dionigi Vassena di Civate

La lezione appresa dal nonno: "Serenità e democrazia sono beni che dobbiamo tenerci stretti"

In chiusura, con la consegna dell'ultima medaglia ai familiari di Luigi Bernardi, nato a Milano  ma poi trasferito a Verderio, la parola è passata al nipote che si  è attivato per raccoglierne le memorie. "Mio nonno non aveva mai raccontato nulla della sua prigionia. Poi un giorno, all'improvviso, si è aperto a me, che sono il più grande dei nipoti, ed è stato come un fiume in piena. Attraverso il nonno abbiamo capito che serenità e democrazia sono beni che dobbiamo tenerci stretti. Una memoria e una consapevolezza tanto più valide oggi, con quello che ancora accade alle porte d'Europa.

Medaglie d'onore  rintracciate grazie alle ricerche di Nasatti e Amati

In chiusura il prefetto Pomponio ha ringraziato Beppe Amati, vicepresidente della sezione Anpi della Valsassina, e Mario Nasatti, presidente del Nastro Azzurro di Lecco. "Si deve al loro certosino lavoro di ricerca l'istruttoria condotta a Roma per fare ottenere dalla Presidenza della Repubblica il riconoscimento dei cittadini lecchesi premiati oggi, ragazzi le cui storie sarebbero altrimenti rimaste sconosciute".

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