La finestra di Marco Calvetti

Lecco non è una città violenta, ma la cronaca nera non manca mai

"Il meritorio, quotidiano esercizio delle forze dell'ordine è una garanzia fondamentale, ma io credo che oltre alla collaborazione non sempre facile e automatica fra istituzioni e corpi dello Stato, debba avviarsi una campagna permanente di formazione nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi d'incontro"

Lecco non è una città violenta, ma la cronaca nera non manca mai
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Di Marco Calvetti

Quando colleghi d'oltre i ponti mi chiedono se Lecco sia una civiltà violenta, a pelle mi viene di rispondere di no. E certamente il paragone con i titoloni di giornale e Tv conferma la mia sensazione. Ma se cerchi con cura tracce di criminalità spicciola non è che siamo un'oasi di pace, perché alle nostre testate su carta e on -line la cronaca nera non manca mai e per guadagnare la prima pagina c'è solo l'imbarazzo della scelta. A me l'episodio recente che più ha suscitato brividi e allarme è stata la brutale aggressione, con quel pugno da k.o. sferrato al volto di una donna, nella galleria della stazione.
Commentai quel fatto con asprezza e disprezzo, invocando pene severe per il colpevole, già conosciuto per sconnessioni psicologiche. Ne nacque un dibattito acceso, ma ancora oggi mi interrogo, davanti a manifestazioni di efferata violenza su quale reazione avrei, di pensiero e di braccio, se la vittima fosse una persona a me cara.
Perchè a filosofare sul perdonismo e dintorni, su comprensione e misericordia, siamo capaci tutti, specie se i drammi non ci lambiscono.
Il senso di questa uscita è che sono orgoglioso della mia città e di essere, non sempre capito, convinto aedo e strenuo difensore della lecchesità, ma anche consapevole che sotto il manto della civile convivenza e della consolidata democrazia, lontana da indulgenze razziste e xenofobe, covino focolai di intolleranza, di micro delinquenza, di soprusi domestici, con ad ogni latitudine a misura anche degli standard di vita.
Il meritorio, quotidiano esercizio delle forze dell'ordine impegnate nella complessa dialettica del prevenire e del reprimere è una garanzia fondamentale, ma io credo che oltre alla collaborazione non sempre facile e automatica fra istituzioni e corpi dello Stato, debba avviarsi una campagna permanente di formazione nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi d'incontro.
Mi rendo conto che sto sciorinando ovvietà, tuttavia obbedisco al sentimento di preoccupazione legato ai malumori, alle ferite, ai disagi prodotti dalla pandemia e che ha reso ciascuno più fragile, ma non per questo più docile e arrendevole.
Non vorrei insomma che insieme al tasso di immunità crescesse anche l'indice della cattiveria che esiste nella natura umana, come il colore degli occhi.

Marco Calvetti

 

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