La finestra di Marco Calvetti

Dopo il flop della Calcio Lecco torna di moda il gioco della proprietà

"La verità è che nessun imprenditore avveduto ha voglia, tempo, denaro da investire nel calcio di questi chiari di luna. Prima vengono le maestranze, gli operai, i contratti da salvaguardare sotto la dittatura del Covid"

Dopo il flop della Calcio Lecco torna di moda il gioco della proprietà
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Di Marco Calvetti

Una domenica di maggio da dimenticare per gli ultimi, irriducibili tifosi del Lecco. Spiaggiati dal Grosseto i blucelesti hanno sporcato un campionato dignitoso con una prestazione da oratorio. E ci scusiamo con le centinaia di giocatori sbocciati all’ombra del campanile e approdati al calcio che conta. La cronaca della partita, valida come primo turno di play-off è già archiviata e sì che bastava un pareggio, uno striminzito 0 a 0.
Abbiamo seguito il campionato, raccontato dalla nostra competente redazione sportiva, cogliendo l’andamento altalenante e ci asteniamo da giudizi tecnici per manifesta “ignoranza”, anche se competenti ci sentiamo eccome.
Di sicuro ancora una volta s’è persa l’occasione per rinverdire un passato da leccarsi i baffi e la bile scolpita davanti alla promozione in “B” del Como.
Ho ragione di credere al di là degli aspetti sportivi, sott’acqua si agitino manovre societarie, anche se non si può disconoscere la generosità e l’impegno dei proprietari degli ultimi anni.
Ho sempre sostenuto che senza il coinvolgimento di operatori locali, l’impresa si veste da avventura per declinare in fallimento come da copione. La verità è che nessun imprenditore avveduto ha voglia, tempo, denaro da investire nel calcio di questi chiari di luna. Prima vengono le maestranze, gli operai, i contratti da salvaguardare sotto la dittatura del Covid.
Ricordo nei primi anni duemila il sindaco di Lecco, Lorenzo Bodega, salvare i blucelesti dall’estinzione (in coppia con la Fiorentina) grazie anche alla generosa passione dell’omonimo industriale, il compianto Carlo. Così come un elogio lo merita chi si è poi speso, come Sergio Invernizzi, per tenere alta la bandiera.
Il mecenatismo è un fenomeno dell’altro secolo e chi da “forestiero” si interessa della società, certamente non è spinto dal sentimento. Non a caso anche sul versante internazionale, materiale fresco di queste settimane di premercato sopravvivono solo i dollari americani e i petroldollari degli sceicchi.
Mi dicono che i calciatori sotto contratto sono oltre trenta e allora mi arrendo perché, pur in virtù di una memoria invidiabile che mi permetterebbe di rinnovare epiche sfide sulle formazioni storiche della mia giovinezza, non conosco il nome di un attuale giocatore bluceleste. Colpa mia certo, ma anche di un calcio che potrebbe scegliere come simbolo il mercato della Piccola, specie ora che torna in centro per una sperimentazione già divisiva.

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