salute mentale

Disturbo borderline di personalità, come si affronta?

I due progetti «Young Inclusion» e «WaW - Women at Work» sono al lavoro in quest’ottica, per un fenomeno amplificato dalla pandemia

Disturbo borderline di personalità, come si affronta?
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Il futuro è tutto da costruire, ma spesso ci si scorda che il domani è rappresentato dai giovani. Sono loro i cittadini di oggi e degli anni a venire, a cui va riservata la massima attenzione, specialmente in tempi complicati come quelli che stiamo vivendo a partire dall’arrivo della pandemia. Della loro importanza sono ben consapevoli i protagonisti del workshop andato in scena mercoledì scorso alla Villa Reale di Monza, chiamato "L’emergenza giovanile tra fragilità, desiderio ed inclusione: quale proposta?", in cui si è affrontato il tema del disturbo borderline di personalità, problematica che interessa una fascia crescente della popolazione giovane.

L’emergenza giovanile tra fragilità, desiderio ed inclusione: quale proposta?

Tale convegno è nato nel solco di due progetti sostenuti dal programma Interreg Italia-Svizzera, ovvero "Young Inclusion" e "WaW - Women at Work", patrocinato dalla Provincia di Monza e Brianza. Inoltre contano sul supporto di una ventina di partner, fra cui anche ATS Brianza, comune di Monza, comune di Seregno e Cooperativa "Il Sentiero". Dopo i saluti istituzionali la mattinata è entrata nel vivo con l’intervento di Paola Passoni, direttore U.O.C. Fragilità e Cronicità ATS Brianza, chiamato "Disturbo borderline, la situazione sul territorio di ATS Brianza". I dati hanno mostrato un fenomeno in crescita:

"La rilevazione riguarda il quinquennio 2016-2020 nelle fasce d’età 14-17 e 18-29; si è registrato un aumento significativo dei casi diagnosticati come patologia di disturbo borderline. Va fatto notare che si tratta di casi in trattamento, quindi è lecito pensare che i numeri siano sottostimati. Spesso sono accompagnati da comorbidità, come disturbo evolutivo specifico abilità scolastiche e ritardo mentale lieve. Da qui l’importanza di una diagnosi precoce".

Come trattare il disturbo borderline di personalità

Il nocciolo della questione è stato affrontato all’interno di una tavola rotonda a cui hanno partecipato Raffaele Visintini, psichiatra psicoterapeuta e ideatore del Metodo GET per trattamento del disturbo borderline di personalità; Luigi Campagner, psicoanalista e ideatore delle community care delle cooperative Il Sentiero e La Clessidra (provincia di Varese); Sara Fumagalli, direttore sanitario della Clinica Santa Croce di Orselina (Canton Ticino); Giovanni Giusto, psichiatra psicoterapeuta e ideatore delle comunità psichiatriche gruppo Redancia (Liguria).

In avvio un video ha mostrato le attività della comunità Alda Merini di Castellanza, gestita da Il Sentiero:

"Utilizziamo il Metodo GET in ambito comunitario e residenziale, in cui la parola centrale è l’esperienza, negativa, positiva, di guarigione - ha detto Campagner - inoltre grazie a WaW abbiamo aperto le nostre porte ad altri operatori e competenze esterne, che hanno giovato all’intera struttura e ai suoi ospiti".

Visentini ha rimarcato il ruolo dell’esperienza nell’utilizzare il metodo da lui perfezionato:

"Il gruppo è uno strumento, uno aiuta l’altro a comprendere, a vivere la propria esperienza di sofferenza, senza che ci siano figure paternalistiche, infatti gli operatori non conducono ma aiutano a partecipare - ha spiegato - quando sappiamo descrivere ciò che abbiamo dentro significa essere in grado di gestire le emozioni. L’organizzazione borderline della personalità nasce proprio dall’incapacità di fare ciò spesso dalla solitudine. La pandemia ha portato un profondo senso di solitudine, con difficoltà a percepire che il proprio mondo interno può esistere".

Sara Fumagalli ha mostrato in un breve video l’applicazione del Metodo GET in Canton Ticino, dove purtroppo i dati sono in linea con quelli italiani:

"Il nostro è un approccio umanistico, non psichiatrizzante, vi lavorano diversi operatori con differenti competenze. L’intervento è volto all’inclusione, nel senso di dare la possibilità di sentirsi parte della vita".

A chiudere il workshop è stato Giovanni Giusto:

"La speranza è l’elemento fondamentale per andare avanti, ma anche il bello cura, ne sono convinto - ha concluso - la collaborazione con le istituzioni del territorio è poi fondamentale, sia con i politici che con gli altri enti, chiamati a favorire l’ascolto".

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