Monsignor Davide Milani: "La Pasqua ci scuota dalla nostra desolazione"
L'intervento pasquale del Prevosto di Lecco

Non dona pace entrare in chiesa oggi. Si rimane come sospesi, immersi in musiche senza suoni, invocazioni senza voce: non ci sono canti, preghiere corali, celebrazioni.
Ciascuno solo, in ginocchio o in piedi, davanti ad una croce. Il sabato santo è il giorno in cui Cristo non c’è. Non è sulla croce, non è vivo, non è risorto.
È nel sepolcro, come i nostri morti, come quel figlio, quella madre, quel marito, quell’amico; presenze amate con cui abbiamo gioito: poi la morte ce le ha strappate e ancora ci sconvolge pensarle là sotto, nel sepolcro.
«Non è qui, è risorto».
L’ansia che causa lo stare in chiesa oggi è la scoperta del vuoto che a volte è anche nel nostro cuore: perché ci sentiamo sbagliati, o riconosciamo di esserci persi, di aver smarrito la speranza, di soffrire troppo le ferite della cattiveria degli altri o del male che ci morde, il timore di non avere più risorse per risalire ancora una volta la china. Saranno le campane a festa, questa notte, a sorprenderci: ci annunceranno che Cristo da quel sepolcro tutto tenebre, da quella fosca solitudine, è stato liberato. «Non è qui, è risorto».
Scegliere di rassegnarsi alla mancanza di luce, di risposte, di speranza, di risurrezione è decidere di condannarsi alla morte.
Attendere e accogliere il suono di queste campane, con il loro messaggio, è l’inizio della ricostruzione della nostra intima cattedrale devastata dal fuoco, che il «male di vivere spesso incontrato» ha dato alle fiamme.
«Perché tu sai, Signore / che in un tempo lontano / anch'io tenni nel cuore tutto un lago / un gran lago, specchio di Te. /
Ma tutta l'acqua mi fu bevuta, o Dio / ed ora dentro il cuore
ho una caverna vuota / cieca di Te. / Signore, per tutto il mio pianto, ridammi una stilla di Te / ch'io riviva».
(Antonia Pozzi, Preghiera, 1934)
Le campane ci annunciano il Risorto, uno che - avendo amato e dato tutto di sé - ha attraversato intatto la morte e che ora accoglie tutto il pianto del mondo, si offre come luce sfolgorante per le tenebre più buie, come goccia di rugiada che ristora la sete di chi è arso dal dolore.
Cristo risorge: non hanno avuto potere su di lui il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro, l’ottusità dei capi religiosi, il mutevole sentimento delle folle che ne hanno reclamato la crocifissione.
Le campane annunciano che nessuno è così solo o sbagliato da non meritarsi la presenza del Risorto.
Il coraggio di sostare in chiesa davanti alla croce, l’ascolto dell’abisso della solitudine, l’attesa del suono delle campane: è il sentiero stretto e in salita del sabato santo.
In cima c’è la mano tesa del Risorto, ci sono le mani tese - a volte non riconosciute - di chi ci ama: si protendono per strapparci dai nostri abissi e trascinarci verso la vita.
Oggi davanti alla croce di Cristo le nostre desolazioni più profonde si svelano a noi e ci scuotono: sentiamo la vertigine del vuoto.
«Sono rimasta sola nella notte / ho sul volto il sapore del tuo pianto /
intorno alla persona il silenzio / che sul tonfo della porta richiusa / larghi cerchi si riappiana».
Così Antonia Pozzi, poetessa di casa nel Lecchese, a Pasturo, scriveva nel 1934 a proposito di una sua dolorosa solitudine: oggi ci da efficacemente voce.
Non è segno di fallimento questo senso di vuoto in noi.
Può essere la possibilità per accorgerci che abbiamo bisogno di colmare l’abisso interiore, di essere abitati di ciò che ci dà gioia.
Mons. DAVIDE MILANI
Prevosto di Lecco