Inaugurata "Informale", l’arte italiana del dibattito in direzione del segno, della materia e del colore
Più di 60 opere di oltre 10 artisti, presentati nell’inaugurazione di ieri, giovedì 14 marzo 2024, e in esposizione a Palazzo delle Paure a partire dal 15 marzo fino al 30 giugno, momento in cui verrà presentata la terza e ultima mostra dedicata ai «Percorsi nel Novecento».
C’erano una volta gli anni ’50, e prima ancora i ’40. Dal regime si passa alla Repubblica, da una generazione ingannata e ingabbiata si passa a quella perduta, senza futuro. A Palazzo delle Paure di Lecco, il ciclo espositivo «Percorsi nel Novecento» è arrivato al suo secondo e penultimo capitolo. Realizzato sotto la direzione del Sistema Museale Urbano Lecchese, e progettato da ViDi cultural, la nuova proposta espositiva si traduce in: «Informale – La pittura italiana degli anni Cinquanta», un percorso tra storia, pittura e scultura, che attraverso il movimento dell’arte informale tenta di modellare il modellabile: partendo dai gesti materici di Afro, passando per il ripensamento del corpo e dell’identità dell’uomo di Mino Ceretti (attualmente in vita e all’attivo nonostante i 94 anni), fino ad arrivare allo spazialismo, di cui Lucio Fontana è l’artista prediletto.
Inaugurata "Informale", l’arte italiana del dibattito in direzione del segno, della materia e del colore
Più di 60 opere di oltre 10 artisti, presentati nell’inaugurazione di ieri, giovedì 14 marzo 2024, e in esposizione a Palazzo delle Paure a partire dal 15 marzo fino al 30 giugno, momento in cui verrà presentata la terza e ultima mostra dedicata ai «Percorsi nel Novecento».
«Con ViDi cultural abbiamo tracciato un percorso di crescita che è partito dall’Ottocento ed è arrivato, fino a quest’ultima fase della collaborazione, al Novecento – ha dichiarato Simona Piazza, assessore alla Cultura del Comune di Lecco – un percorso che fa della storia dell’arte uno stimolo, anche per scoprire la cultura e il patrimonio mondiale presente in città». «Una collaborazione preziosa quella con ViDi e il Sistema Museale – ha continuato Piazza – che caratterizza fortemente la volontà dell’Amministrazione di lavorare sui percorsi artistici, che apra un dialogo con i concittadini, e che possa essere una fonte di attrazione per chi viene da fuori».
All’inaugurazione erano presenti anche Daniele Cassinelli, direttore del settore Cultura del Sistema Museale, Fabio Sanvito, portavoce di Vidi, Diana Vaccaro responsabile del patrimonio artistico e archivistico di Banca Bpm Milano. «Ogni volta che vengo a Lecco mi sento in famiglia – ha dichiarato Vaccaro – Non è la prima volta che bpm partecipa a una mostra».
Tra gli oltre 19mila reperti artistici conservati negli uffici e nelle gallerie private del credito bancario, infatti, ci sono molti di quelli presentati nella mostra a Palazzo delle Paure. «Abitate in una città in cui c'è tutto: vivete in un’oasi. Il lago, le montagne innevate, e un'offerta culturale non solo intelligente, ma anche di valore. Bpm vede un radicamento in questi territori, perché crediamo che l'arte sia prima di tutto un bene da condividere, in ottica di restituzione alla collettività. Insomma, un bene per tutti, capace di metterci in dialogo». Ed è proprio dal dibattito che parte e si concretizza il percorso realizzato da Simona Bartolena, curatrice di Informale. In particolar modo quello su cui si intesse l’arte italiana tra i primi anni Cinquanta e gli anni Sessanta: «Un movimento più unico che raro – ha commentato Bartolena – che non ha eguali da altre parti del mondo».
L’arte figurativa, soggetto tra le altre cose della mostra precedente, e l’avanguardia che «va in direzione del segno, della materia e del colore». Un gesto piuttosto che una figura. L’arte informale è la rappresentazione di quella stessa generazione che ha vissuto i traumi della Seconda guerra mondiale, e che, una volta istituita la Repubblica in Italia, aveva la necessità di narrare attraverso una nuova tendenza il proprio smarrimento di fronte al futuro, la perdita di ogni sorta di identità nell’individuo e di fiducia in sé stesso (dopo l’Olocausto, i bombardamenti che hanno dilaniato mezza Europa). E così, mentre Primo Levi enunciava la fatidica affermazione «Se questo è un uomo», l’arte Informale si chiedeva: «È questo l’Uomo che sono?». Un movimento, insomma, che prima di tutto si è diradato in molteplici forme, le quali vanno dallo studio dell’utilizzo della materia, ai colori mezzi espressivi, liberi e potenti, fino ad arrivare alle opposizioni del realismo esistenziale e al movimento del MAC (Movimento Arte Concreta). Un dialogo tra parti opposte ma contigue, del quale, infatti, è stato «Difficile dare un’identità a questa mostra, e trovare un filo narrativo – ha continuato Bartolena – L’Informale è il racconto di una generazione ferita, si trattano di stati emotivi troppo forti per essere convogliati in un unico percorso».
In diverse sale, quindi, la narrazione studiata per l’occasione è stato il rapporto con cui gli artisti del tempo hanno ritrovato in parte una loro libertà di espressione, che hanno conquistato lottando, opponendosi prima di tutto al Regime e poi al perbenismo della classe borghese al potere. Anche perché, come ha sottolineato Bartolena nella sua conclusione: «Non c’erano linee di tendenza. Ho cercato di rappresentare un po’ tutto: sono dipinti simili ma diversi. Perché tutti hanno la stessa tensione emotiva, ma con personalità differenti». Non è quindi un caso se la mostra inizia con Afro, l’ultimo pittore della mostra precedente, e finisce con Fontana, il primo della prossima. Verso lo spazialismo, un percorso aperto tra storia e arte italiana del Secolo scorso.
Andrea Marcianò