Caritas ambrosiana, presentato il Rapporto sulle povertà nella diocesi
In provincia di Lecco più donne in condizione di povertà.
Caritas ambrosiana, presentato il Rapporto sulle povertà nella diocesi. Il Rapporto propone i dati raccolti in 140 strutture Caritas nel 2022, che hanno aiutato (direttamente o indirettamente) oltre 30 mila persone: l’area del disagio non accenna a ritrarsi e i redditi faticano sempre più a far fronte alle esigenze della quotidianità, pur in un periodo di espansione economica e occupazionale.
Caritas ambrosiana, presentato il Rapporto sulle povertà nella diocesi
Povertà che si espandono, in un contesto di ripresa economica e occupazionale. La quale, evidentemente, è per molti, ma non per tutti. L’Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas Ambrosiana ha redatto la nuova edizione del "Rapporto sulle povertà nella diocesi ambrosiana", lavorando sui dati raccolti, nel 2022, a proposito di 14.619 persone (+5,1% rispetto al 2021), aiutate da 137 centri d’ascolto territoriali (12.266 utenti) e 3 servizi diocesani (2.353 utenti), sparsi nell’area metropolitana di Milano e nelle province di Varese, Como (in parte), Monza-Brianza e Lecco.
I dati in provincia di Lecco : un importante aumento delle donne in condizione di povertà
In provincia di Lecco si registra un importante aumento delle donne in condizione di povertà: da 47% a 53,5% (+6,5 punti percentuali); un più contenuto aumento degli immigrati: +3,3 punti percentuali (dal 60,6% al 63,9%).
Gli occupati sono leggermente diminuiti (da 20,2% a 19,3%).
I disoccupati da lungo tempo sono calati di 3,2 punti percentuali (da 28,2% a 25%) mentre i disoccupati da breve tempo sono leggermente aumentati (da 16,9% a 17,9%).
Leggermente in calo il bisogno di occupazione (da 35,8% a 34,3%). Stabile il bisogno di reddito (da 53,9% a 53,1%). In deciso aumento la richiesta di beni alimentari: da 31,5% a 38,2% (+6,7 punti percentuali), mentre cala la richiesta di sostegno personale: -2 punti percentuali (da 46,6% a 44,6%).
I dati a generali:
- Più donne e immigrati si trovano in una condizione di povertà
Il robusto campione delle quasi 15 mila persone oggetto della rilevazione (che non esaurisce l’universo degli individui ascoltati e aiutati, in diocesi, dalla rete Caritas, la quale nei territori ambrosiani opera tramite 397 centri d’ascolto) è caratterizzato da una prevalente e crescente presenza di donne (61,4%, +14,5% rispetto al 2021) e di immigrati (60,9%, +12,7%rispetto al 2021, soprattutto a causa del forte afflusso di profughi ucraini).
- Aumentano le persone occupate ma in condizione di povertà
La situazione occupazionale vede ancora prevalere le persone disoccupate (51,8% del totale degli aiutati), ma in ulteriore forte espansione appare il segmento degli occupati (23,3%, valore aumentato del 58,2% negli ultimi 7 anni). Ciò spiega perché sempre meno chi accede a un centro d’ascolto chieda un lavoro, e sempre più spesso segnali problemi di reddito (69,3% degli utenti, il dato più alto mai registrato in diocesi da quando le rilevazioni sono sistematizzate): tale condizione caratterizza il 71,8% degli utenti italiani (erano il 63,2% nel 2019) e addirittura il 77,5% delle persone occupate che accedono ai centri d’ascolto e ai servizi. I bisogni di reddito sono diffusi, e relativi a ordinarie esigenze di vita e sostentamento (non a costose emergenze improvvise): è la situazione sperimentata da ben 3 su 4 occupati part time e di quasi 2 su 3 occupati full time che si rivolgono ai centri e servizi Caritas. Tra gli occupati del campione che accusano insufficienze reddituali, le professioni più frequenti sono quelle relative ai lavori domestici (25%) e all’assistenza agli anziani (23%).
- La presenza di minori rischia di peggiorare le condizioni di vita di chi già è indigente
Alcune significative considerazioni sono infine riservate, dalle 67 pagine del Rapporto, alla composizione del nucleo familiare degli utenti di centri d’ascolto e servizi, e in particolare alle implicazioni tra dinamiche di povertà e presenza di minori. Intanto, il documento precisa che 6.384 delle 14.619 persone aiutate hanno dichiarato di avere familiari, situazione che di fatto estende l’area dell’aiuto, diretto e indiretto, espresso dai 140 centri e servizi Caritas a 30.671 persone. Tra i nuclei con familiari, 3.509 hanno dichiarato di avere figli minorenni: nelle famiglie aiutate da Caritas vivono dunque 6.584 minori (di cui il 33% in età pre-scolare). Il 76,5% dei nuclei con minori sono di origine immigrata, il 23,5% italiani; 1 su 4 è monoparentale, e quando c’è un solo genitore esso è quasi sempre donna (92,5% dei casi).
"Un disagio diffuso, reso più grave dalla pandemia"
Così ha dichiarato Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana:
L’impoverimento generale; l’aumento di immigrati tra le persone che chiedono aiuto; la “femminilizzazione” della platea degli ascoltati e aiutati; la conferma e anzi l’ampliamento della presenza, tra chi non ce la fa, di persone che lavorano; le difficoltà delle famiglie con figli minori: sono traiettorie di evoluzione dell’area di povertà che occorre tenere monitorate. In generale, sono tutte spie di un disagio diffuso, reso più grave dalla pandemia, soprattutto tra chi viveva già in condizioni di vulnerabilità. Tale processo sta esacerbando la distanza tra chi può e chi no, e si incunea tra le generazioni, sino ad approfondire il solco tra i minori nati in contesti di deprivazione economica e i loro coetanei che vivono in contesti in grado di offrire maggiori opportunità. Bisogna sapere che compromettere il futuro delle nuove generazioni significa avvelenare il futuro della comunità intera. Così come bisogna preoccuparsi della ormai notevole e crescente presenza, tra i poveri, di tante persone occupate, alcune con contratti regolari, altre precarie, altre sottopagate. Da queste evidenze e queste consapevolezze bisogna partire, se si vuole veramente combattere la povertà, evidenziando anzitutto la necessità di serie politiche di superamento del precariato lavorativo e di definizione di accettabili minimi salariali. E ricordando intanto che uno strumento come il reddito di cittadinanza, senz’altro perfettibile, non va indebolito nella sua struttura universalistica, né depotenziato finanziariamente, se non vogliamo che la lotta alla povertà rimanga uno slogan.