Anniversario della Liberazione: "Lecco sa bene da che parte stare, lo ha scelto il 25 aprile del ‘45 e lo sceglie ogni giorno"
Gattinoni: "In questa Città non è retorica festeggiare il 25 Aprile perché il 25 aprile interroga all’azione sui temi dell’oggi". Avagnina: "La nostra attenzione verso la Costituzione è antifascismo, e oggi esprimiamo preoccupazione per gli interventi scomposti ed inopportuni di alcuni rappresentanti delle istituzioni "
Ieri, oggi, domani e sempre. Lecco, Città Medaglia d’Argento al valor militare per l’attività partigiana ha celebrato oggi, martedì 25 aprile 2023, il 78esimo anniversario della Liberazione dell'Italia dal Nazifascismo. Lo ha fatto onorando quanti hanno dato la vita per la libertà di tutti. Ma lo ha fatto anche riflettendo sulle tematiche di estrema attualità, ribadendo la necessità di onorare la nostra Costituzione che si fonda sull'antifascismo e mettendo in luce che i valori che i valori della nostra Carta non possono e non devono essere dimenticati davanti alle tante sofferenze del mondo, quella degli ucraini, dei profughi che rischiano la vita nel Mediterraneo e delle popolazioni di Afghanistan o Sudan.
25 aprile a Lecco
Le celebrazioni sono iniziate con la cerimonia religiosa al Santuario di Nostra Signora della Vittoria officiata dal Vicario Episcopale monsignor Maurizio Rolla con don Ottavio Villa, parroco del rione Lecchese di Maggianico, accompagnata dai canti del Coro Alpino Lecchese. Presenti il sindaco di Lecco Mauro Gattinoni, la vice Simona Piazza, il vicepresidente della Provincia Mattia Micheli, il prefetto di Lecco Sergio Pomponio, il numero uno dell'Anpi Lecchese Enrico Avagnina e le autorità militari cittadine.
Al termine della messa un corteo foltissimo, come non si vedeva da anni, con corpo musicale Alessandro Manzoni Città di Lecco è partito da piazza Mazzini verso largo Montenero, dove verranno sono corone d'alloro al monumento ai Caduti della Lotta di Liberazione.
Il corteo
Quindi il serpentone umano si è spostato nel cortile di Palazzo Bovara per gli interventi istituzionali.
Il sindaco di Lecco Mauro Gattinoni
"Ricordare il 25 aprile, ricordare l’anniversario della Liberazione dal regime nazifascista, significa ancorarci al primo valore fondante per il nostro Paese, per la nostra comunità e per l’Europa intera. Significa, infatti, affermare il primato della democrazia sul totalitarismo, il primato del dialogo sulla guerra, il primato dell’uomo sulla violenza.
Lecco celebra la Festa della Liberazione con profonda emozione: siamo città Medaglia d’Argento al valor militare per l’attività partigiana! Su decreto del Presidente della Repubblica, il 19 settembre 1974 quella medaglia ci venne consegnata per mano del Presidente della Camera dei Deputati Sandro Pertini: quella Medaglia d’Argento per la Resistenza risplende da allora con orgoglio sul Gonfalone cittadino.
Lecco, dunque, è stata in prima linea nella lotta partigiana, come ci ricorda ANPI, nel suo prezioso e infaticabile lavoro d’indagine e di ricerca della verità storica, lavoro per il quale li ringraziamo.
A Lecco la Resistenza ha indossato le tute blu negli scioperi della Badoni, della Bonaiti e della File del 7 Marzo 1944, la Resistenza ha beneficiato delle reti di supporto tessute dalle sorelle Villa di Acquate e da don Giovanni Ticozzi del liceo Classico.
La Resistenza ha passato il testimone di mano in mano tra decine di cittadini impegnati, che spontaneamente si sono organizzati offrendo le loro migliori capacità per liberarci dall’oppressione: ricordiamo ad esempio Riccardo Cassin e la sua Brigata Rocciatori, ricordiamo la battaglia d’Erna. Sì, perché tutti i luoghi della nostra città raccontano la Resistenza: le nostre strade, le nostre piazze, i nostri parchi, a Lecco, persino le nostre montagne gridano la Resistenza!
Quindi sia chiaro: Lecco sa bene da che parte stare, come lo ha scelto il 25 aprile del ‘45, così lo sceglie, da allora, ogni singolo giorno, fino a oggi 25 aprile 2023. Perciò qui non possono passare indifferenti dei tentennamenti da parte di rappresentanti dello Stato attorno ai temi dell’antifascismo.
I crimini atroci compiuti dal fascismo non possono conoscere né oblio né perdono. Anziché vivere il 25 aprile come momento identitario e unitario della nostra nazione, alcune recenti asserzioni rappresentano invece un pericoloso germe di revisionismo, una banalizzazione del ventennio più tragico e buio della nostra storia, uno schiaffo a coloro che diedero la vita per combattere un sanguinario regime e un’offesa a tutte le vittime delle persecuzioni. Una cifra distintiva del regime fascista è stata quella di negare il valore delle differenze quali ricchezze, e considerare perciò il diverso come nemico: fu così con le leggi raziali e l’allontanamento degli ebrei dalla vita civile, con la ghettizzazione e la repressione delle sue comunità, con la deportazione ed eliminazione di tanti concittadini per presunti motivi etnici (ebrei, Rom, Sinti), di orientamento sessuale, di disabilità, o per appartenenza politica. L’esatto contrario di una convivenza democratica, perché il fascismo è la negazione della democrazia.
Questa verità è scolpita nel primo articolo della nostra Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. In quell’aggettivo “democratica” vi è la repulsione dell’Italia rispetto a tutto quanto democratico non è, nei modi, nei gesti, nelle parole e anche nei silenzi.
La Festa della Liberazione ci consegna, allo stesso tempo, un dovere infaticabile d’indagine e di denuncia, il dovere di scandagliare nelle pieghe dell’oggi, ci impone di nterrogare l’attualità, per decifrare e condannare ogni segnale di violenza, di sopraffazione e di totalitarismo.
Per questo, è impossibile che oggi il pensiero non vada anche lì, in Ucraina, dove per il secondo anno consecutivo siamo testimoni di una piaga sofferente nel cuore dell’Europa: quel popolo il 24 febbraio 2022 si è “svegliato invaso”, come ha avuto modo di esprimere la nostra Cittadina Onoraria, la Senatrice Liliana Segre, e da allora sta combattendo la propria lotta di Resistenza e di Liberazione.
I numeri sono terrificanti: le Nazioni Unite hanno stimato almeno 8000 civili uccisi dall’inizio del conflitto, 5.3 milioni di sfollati all’interno dell’Ucraina, circa 8 milioni di rifugiati (pari al 18% della popolazione dell’Ucraina), circa 18 milioni di persone (circa il 40% della popolazione) che all’interno dell’Ucraina necessitano di aiuto umanitario, l’80% dei bambini ucraini in stato di povertà.
Davanti a questo quadro devastante è ancora più necessario rinnovare quegli imperativi che abbiamo evocato un anno fa: sapere senza ambiguità da che parte stare, perseguire per via diplomatica la pace quale bisogno vitale, scegliere come guida l’Europa di Ventotene.
Consentitemi un sincero ringraziamento a tutte quelle famiglie lecchesi che hanno accolto e che continuano ad accogliere i profughi ucraini, a quanti hanno donato, agli enti e alle realtà associative che si sono mossi con generosità per la popolazione ucraina. Ma soprattutto a tutti coloro che hanno sofferto le conseguenze dirette e indirette del conflitto, vedendo impattare la guerra sulla propria condizione economica e sociale.
Se dalla Liberazione è sorta la Democrazia, la Democrazia si fonda su un intreccio di diritti e di doveri individuali, sociali, civili, politici, che hanno quale propria base il riconoscere il primato dell’uomo in quanto uomo, di ciascuna persona, in quanto persona, quale depositaria assoluta di diritti universali e inviolabili.
Per questo motivo ciascuno di noi, tutti noi, cittadini italiani figli della Resistenza, sentiamo un brivido quando ci troviamo di fronte agli occhi il dramma dell’ennesimo barcone di profughi alla deriva nel Mediterraneo, perché lì vediamo un’umanità tradita, avvertiamo un brivido di fronte alla distesa di bare a Cutro, dove risuona ancora quel conteggio dell’ennesimo corpo ritrovato in mare, perché a Cutro si è consumato il naufragio della civiltà. Come possiamo, ancora, da Italiani figli della Resistenza, essere sordi al grido delle giovani ragazze Iraniane, rapite, seviziate, avvelenate perché vanno a scuola? Come possiamo restare indifferenti davanti all’esodo dall’Afghanistan? Come possiamo non riconoscere l’aiuto che merita a chi fugge da contesti di guerra o dalla repressione dei diritti umani (ultimo solo in odine di tempo il dramma del Sudan)?
Lo dico con forza: non possiamo sopportare una politica schizofrenica, che afferma principi universali nelle occasioni di circostanza, ma poi non riesce a trarne delle conseguenze pratiche né in Italia, né in Europa.
Per essere chiaro, il nostro Paese, pur in un quadro europeo, non può affrontare la questione migratoria, che ci coinvolge ormai da oltre 20 anni, decretandola quale situazione di “emergenza”, quasi che scaduto il decreto, tra sei mesi, sia finita anche l’emergenza. Magari!
Occorre essere ben consapevoli, perché forse non lo si è ben capito, che ci toccherà gestire un fenomeno certamente complesso ma ineluttabile. Il nostro Paese non può ancora, dopo 78 anni, cadere nella medesima trappola della propaganda contro questa o quella etnia, non può credere a tesi raffazzonate, secondo le quali sarebbe sufficiente innestare la bandiera della “difesa assoluta dei confini”, quasi che marcare il confine costituisse di per sé una soluzione. L’assurdità di questa tesi sta nei numeri: in questo avvio di 2023, gli arrivi sono addirittura triplicati rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (dal 1° gennaio al 10 marzo 2023 sono sbarcati in Italia 17.592 migranti, il triplo dei 5.976 migranti sbarcati nello stesso periodo del 2022. Fonte: Ministero dell’Interno).
Occorre invece lavorare nella sfida dell’inclusione quale sfida di civiltà e di convivenza democratica. E la strada è già tracciata dal medesimo art. 1 della Costituzione, che ho già citato: la convivenza democratica è fondata sul lavoro. Occorrono regole che permettano di integrare le nuove risorse demografiche con un giusto lavoro adeguatamente retribuito: lo chiedono anche le nostre aziende.
Forse, il primo punto da cui partire consisterebbe nel riconoscere la cittadinanza a quei bambini e ragazzi che italiani lo sono di fatto, e mettere in pratica le migliori politiche d’inclusione, non di esclusione, con la partecipazione di tutti, delle istituzioni, del volontariato, della Chiesa, dei privati cittadini che da noi hanno sempre dimostrato grande generosità.
In conclusione, è chiaro a tutti perché in questa Città non è retorica festeggiare il 25 Aprile e perché il 25 aprile interroga all’azione sui temi dell’oggi.
Chi festeggia il 25 aprile a Lecco non fa solo “memoria”, ma rinnova un “impegno”:
un impegno che non possiamo delegare ad altri, un impegno che ha la cifra della nostra responsabilità, un impegno a lavorare per una società più giusta, una società che oggi ha orizzonti globali.
Un impegno cha ha come base e come programma la nostra Costituzione.
Viva Lecco! Viva l’Italia! Viva il 25 Aprile
Mattia Micheli, vicepresidente della Provincia
"Sono lieto di portare, per il secondo anno consecutivo, il saluto mio personale e della Presidente Alessandra Hofmann, che mi ha delegato a rappresentare la Provincia di Lecco a questa cerimonia nel 78° anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifascismo.
Il 25 aprile è una storica giornata di riscatto nazionale, perché rappresenta la fine della tragica esperienza della Seconda Guerra mondiale, dopo anni di sofferenze. E’ la festa di tutti gli italiani che amano un’Italia libera, indipendente e democratica.
Grazie al sacrificio di tanti, è nata una nuova democrazia fondata sulla partecipazione, sul lavoro, sulla giustizia sociale, sul rispetto della persona umana e dei suoi diritti, sull’uguaglianza nei diritti e nei doveri.
Le conquiste civili e politiche, lo sviluppo economico e sociale nel Dopoguerra discendono direttamente da quel punto di svolta.
A tutti coloro che hanno combattuto per la nostra libertà, ai partigiani, ai militari, alla popolazione civile e alle forze alleate, va la nostra profonda riconoscenza.
Solo la più ampia e profonda conoscenza dei fatti del tempo, che hanno generato i valori profondi della nostra democrazia, può permetterci oggi di assicurare, libertà, uguaglianza e solidarietà, anche in un periodo di difficoltà economica e sociale, acuito dalle paure derivanti dalle situazioni di incertezza e crisi e dalle tensioni internazionali dovute alla guerra in Ucraina.
Una guerra che si protrae da oltre un anno e che vede molti Paesi, tra cui il nostro, impegnati a prestare aiuto e sostegno a una piccola nazione nella difesa della propria sovranità, messa in discussione da uno Stato più grande e invasore.
Proprio come 78 anni fa, quando la coesione del nostro Paese, insieme all’aiuto di altre Nazioni, fu decisiva per la liberazione e per fare in modo che le logiche del grande contro il piccolo non prevalessero
La memoria dei sacrifici e delle lotte deve essere un monito per tutti noi, in particolare per le giovani generazioni, affinché non rinuncino mai a vigilare per la difesa della libertà che a noi fu riconsegnata.
Come amministratori pubblici abbiamo il dovere di difendere e tutelare a ogni costo la preziosa eredità ricevuta, di vigilare sull’affermazione del principio dell’uguaglianza e di adoperarci per promuovere questi valori anche nell’azione quotidiana nel nostro operato, così da essere da esempio per le nostre nuove generazioni".
Enrico Avagnina, presidente Anpi Lecco
"Sig. Sindaco, Autorità Religiose, Civili e Militari, amici, antifascisti porto i saluti dell’ANPI Provinciale e il ringraziamento per essere presenti a ricordare i caduti per la libertà e la democrazia.
Una presenza che ogni 25 aprile aggiunge significato e autorevolezza a questo nostro incontrarci per compier un atto di Memoria ovvero ricordare la Resistenza in un giusto equilibrio tra il dolore del ricordo e la gioia della Liberazione e riflettere soprattutto sulle attese e speranze di allora e su quanto di queste attese e speranze siamo riusciti a realizzare o a non realizzare. In una città medaglia d'argento al valore resistenziale per il contributo delle sue genti, come è scritto su questa targa è doveroso ricordare con gratitudine quali e quante diverse “Resistenze” contribuirono alla sconfitta del nazi-fascismo.
La Resistenza è stata una realtà molto complessa, un vero e grande movimento popolare formato:
- dai combattenti delle Forze Armate Italiane che dopo l'8 settembre 1943 in Patria e all'estero non si arresero alle forze tedesche e pagarono un grande sacrificio di sangue come a Cefalonia;
- dai 600.000 militari italiani trasferiti nei campi di concentramento in Germania e che rifiutarono la libertà pur di non combattere a fianco dei nazifascisti; - dai militari italiani dell'esercito di Liberazione del Sud a fianco degli alleati nella dura guerra di riconquista della penisola , come nella battaglia di Montelungo a cui partecipò il Sindaco di Lecco negli anni 60 il Prof. Luigi Colombo;
- dai militari sbandati e dai giovani che a migliaia rifiutarono il reclutamento nelle forze fasciste ed entrarono nelle formazioni partigiane
- dagli oltre 50.000 civili italiani deportati nei campi di eliminazione nazisti che per la maggior parte vi lasciarono la vita , tra di loro quattro concittadini Alberto Colombo, Lino Ciceri, Luigi Frigerio, Franco Minonzio, che ogni anno ricordiamo l’11 luglio a Fossoli , dove nel 1944 furono uccisi insieme ad altri 63 resistenti e antifascisti
- da tutta quella società civile antifascista che noi comprendiamo nel concetto di “Resistenza diffusa” : le donne che non solo combatterono con le armi ma
affrontarono la pericolosa attività di staffetta, collegatrici o soccorritrici di prigionieri e di feriti come le sorelle Villa; i sacerdoti Don Giovani Ticozzi, Don Martino Alfieri, i medici, gli ospedalieri, i ferrovieri e tutti coloro che come Alberto Picco, Guido Brugger, Enzo Locatelli - anche spontaneamente - costituirono le “reti” per rifornire le brigate di montagna, far espatriare ebrei, ex prigionieri o ricercati politici
Ed è Resistenza quella delle operaie e operai lecchesi che il 7 marzo 1944 scioperarono per il salario e contro la guerra pagando il prezzo altissimo di 26 deportati nei campi di concentramento da cui in 19 non ritornarono.
Ed infine la Resistenza armata, quella che attuò lo scontro di guerriglia delle formazioni volontarie di città e di montagna come la 55 Brigata Rosselli, contro l’imponente apparato bellico tedesco e contro le forze della Repubblica di Salò. Sandro Pertini nel 1976 alla cerimonia di conferimento della Medaglia d’argento iniziò il suo discorso con queste parole “ Signori parlando di Resistenza bisogna risalire agli anni venti , bisogna risalire a quegli anni perché la matrice della Resistenza è stata l’antifascismo cioè la lotta iniziata negli anni 20.”
Oggi nell’ottantesismo del 1943, vogliamo ricordare due importanti rappresentanti lecchesi dell’antifascismo degli anni 20: Gaetano Invernizzi e Francesca Vera Ciceri, entrambi operai, comunisti antifascisti e per questo incarcerati dal regime fascista , ma pronti una volta tornati liberi a dar vita alla prima banda partigiana organizzata ai piani d’Erna fin dal 9 settembre 1943. La presenza determinata e organizzata di questi primi gruppi partigiani ai Piani d’Erna e a campo de Boj e la presenza di una industria importante e di manodopera -una ricchezza per l’occupante tedesco - spiegano l’immediata reazione dell’esercito tedesco, che non attese oltre e attaccò in forze la “banda Pisacane” fin dal 17 ottobre 1943.
Fu un dei primi scontri armati tra esercito tedesco e formazioni partigiane in Alta Italia. Quest’anno nell’80° del 1943 in collaborazione con L’Amministrazione Comunale e il Sistema Museale ricorderemo questi fatti con la posa di una nuova targa storica nei pressi della ex Caserma Sirtori dove appunto Gaetano Invernizzi l’8 settembre del 43 invitava la popolazione accorsa numerosa a salire in montagna , a raggiungere Vera Ciceri ai Piani d’Erna. Diciannove mesi dopo, mesi di dolore, sacrifici, morte, arrivò quel 25 aprile che oggi tutte le cittadine e cittadini festeggiano ricordando la Liberazione e la Costituzione che ne è derivata. L’ANPI, che non è e non sarà mai un partito, non si è mai schierata con i governi che si sono alternati, ma ha sempre valutato le forze politiche e i governi da loro espressi attraverso la conoscenza, la fedeltà, le intenzioni e capacità di attuare la Costituzione.
La Costituzione è patrimonio di tutti, luogo di collaborazione per realizzare quello che ancora non è stato fatto. Non è oggetto di contesa politica finalizzata a stravolgerne i principi, come potrebbe accadere con l’approvazione della autonomia differenziata, o con le varie proposte di presidenzialismo. La nostra attenzione verso la Costituzione è antifascismo, e oggi esprimiamo preoccupazione per gli interventi scomposti ed inopportuni di alcuni rappresentanti delle istituzioni e della politica che in vari casi sono apparse divisivi in particolare sui temi della Resistenza e dell’antifascismo.
Da un lato assistiamo ad un sempre crescente “fastidio” quando si parla di fascismo. Ci viene rinfacciato di “essere fuori dalla storia”, “di seminare odio”, ponendo sottotraccia il ragionamento secondo il quale, se non ci sono le condizioni di pericolo di ritorno al fascismo, allora perché si dovrebbe parlare di antifascismo? D’altro lato viene riproposto il vecchio tema della cosiddetta ‘pacificazione’ che in realtà viene intesa, come ‘assoluzione’ del regime fascista. La ‘pacificazione’ è già stata fatta e con molta generosità: alla fine della guerra, tra amnistia, revisione dei processi e riduzioni di condanne, pochi gerarchi del fascismo hanno pagato le loro colpe, tra cui c’è anche quella di aver provocato la guerra civile, alleandosi con un esercito di occupazione.
Poi, grazie alla democrazia derivata dalla Resistenza, gli eredi del fascismo hanno potuto organizzarsi in partito politico, partecipare alle elezioni ed entrare in Parlamento, fino a raggiungere i vertici del governo e dello Stato. Non serve altro per dire che non c’è stata nessuna discriminazione e che, giustamente, la democrazia è stata coerente con i propri valori e ha lasciato a tutti la libertà politica che il fascismo aveva tolto. Quello che oggi si vuole, dunque, è che si dimentichi, che si metta tutto sullo stesso piano, che si confondano vittime e carnefici. Ne è una prova evidente la rincorsa a stilare elenchi di giornate da ricordare e celebrare, con un uso pubblico della Storia finalizzato a negare il valore fondante della Resistenza. Perché il 2 giugno, festa della Repubblica, è certamente importante, purché si ricordi che la Repubblica nasce quando il fascismo viene sconfitto; il 1° maggio è altrettanto importante perché è la festa dei lavoratori, che durante il fascismo non si poteva festeggiare; il 18 aprile 1948 ha segnato uno spartiacque politico tramite libere elezioni, libertà che il regime fascista aveva cancellato e che invece la Costituzione nata dalla Resistenza considera fondamentale. In questo 2023, 75esimo della Costituzione sono anche altri i valori della Resistenza che con preoccupazione vediamo messi in discussione, offuscati se non annullati. Tra quei valori, il più attuale e necessario è la pace.
L’Anpi ha fermamente condannato l’aggressione della Russia all’Ucraina, un atto inaccettabile, che provoca sofferenze, nega il principio dell'autodeterminazione dei popoli e tiene il mondo sull'orlo di un conflitto globale. Il nostro Paese ha sostenuto e sostiene la resistenza ucraina, diversa da quella italiana ma ugualmente valida. La condanna della guerra va però accompagnata da un forte impegno nel costruire una agenda di pace, questo è il compito della Repubblica codificato nella nostra Costituzione all’art.11
Questo è il mandato che la nostra Memoria civile e collettiva ci ha consegnato ottant’anni fa. Una agenda di pace imperniata su tre passaggi: soccorrere, negoziare, disarmare; una agenda di pace da proporre e imporre all’Europa la cui afasia diplomatica in questo lungo anno di guerra è il grande dramma del nostro tempo. Come è un dramma assistere ad una Europa che, nata sul principio che tutte le vite contano, oggi rimane inoperosa di fronte ad una umanità abbandonata fino a morire lungo i nostri confini, una umanità, destinata a non godere dei diritti di cittadinanza, una umanità verso la quale si costruiscono muri, si deporta, si imprigiona , si lascia morire.
E se la Resistenza e la Costituzione sono il risultato di una preziosa e ampia partecipazione, oggi siamo preoccupati per quei sedici milioni di donne , uomini e giovani che hanno deciso di non partecipare alle ultime elezioni mandandoci un allarmante segnale. A loro rivolgiamo la nostra attenzione continuando il nostro impegno a diffondere i valori della Costituzione e a far rivivere la speranza in un mondo migliore, in cui salute, istruzione, lavoro, pace e libertà siano diritti e non privilegi. E’ così che oggi possiamo onorare la nostra Liberazione dal fascismo e offrire al mondo la parte migliore della nostra storia civile.
Il prefetto di Lecco Sergio Pomponio
"Non c'è Liberazione senza Giustizia - ha detto il numero uno dell'Ufficio territoriale del Governo - E non c'è Giustizia senza Libertà".
Il prefetto ha fatto poi un richiamo all'estrema attualità dell'emergenza migranti dopo i due appelli pubblici ricolti a ad amministrazione ed enti lecchesi per individuare soluzioni abitative per 400 migranti destinati alla provincia di Lecco: "Dobbiamo aiutare tutti, non solo gli ucraini, ma chiunque bussi alla nostra porta"
Il viaggio della Resistenza
Dopo la manifestazione di questa mattina nel pomeriggio di oggi, alle 15, è un programma la visita guidata nelle sale del Museo Storico di Palazzo Belgiojoso per ripercorrere i momenti fondamentali della resistenza lecchese.
Stasera "Storie di ribelli per amore. Don Giovanni barbareschi e il coraggio della Resistenza Milanese"
Le celebrazioni lecchesi proseguiranno in serata, alle 21, al Cinema Teatro Nuovo Aquilone di Lecco, dove si terrà la proiezione del docufilm "Storie di ribelli per amore. Don Giovanni barbareschi e il coraggio della Resistenza Milanese" promosso dalla collaborazione tra fondazione Ambrosianeum, Comune di Lecco, Comunità pastorale Madonna del Rosario Lecco e Nuovo Aquilone Cinema Teatro. La proiezione del docufilm sarà preceduta da interventi del sindaco di Lecco Mauro Gattinoni, del parroco e prevosto di Lecco, presidente di Fondazione Ente dello Spettacolo don Davide Milani, da Giacomo Perego della Fondazione Ambrosianeum, del regista Simone Pizzi e dalla testimonianza di Luigi Ferrario.
"Potenti in fuga"
Infine, venerdì 28 aprile alle 20.45 in Sala don Ticozzi A.N.P.I. - Lecco, con il patrocinio del Comune di Lecco, promuove la proiezione di "Potenti in fuga", pellicola che attraverso immagini, luoghi e testimonianze racconta una delle pagine più importanti della storia italiana accaduta nel lecchese.
Tutte le foto del 25 aprile a Lecco
Il sindaco di Lecco Mauro Gattinoni
Mattia Micheli, vice presidente della Provincia di Lecco
Il prefetto di Lecco Sergio Pomponio
Mario Stojanovic