"A riveder le stelle, in cammino con Dante”
Gli studenti del triennio del Liceo Leopardi hanno incontrato Franco Nembrini
“A riveder le stelle, in cammino con Dante”. Da una lunga amicizia con Franco Nembrini è nato l’incontro tenuto lunedì 27 settembre alla Camera di Commercio di Lecco tra il professore bergamasco, cultore del sommo poeta, e i ragazzi del triennio del Liceo Leopardi. A moderare l’incontro il professore di lettere del Liceo Cosimo Maggio. La lezione si è inserita nel programma già fitto di appuntamenti del Dante Festival di Lecco che ha celebrato i 700 anni della morte di Dante con un ciclo di incontri. Quella di Nembrini è una chiave di lettura inedita della Commedia, sfidante, tesa a far precipitare nell’esperienza umana di ciascun lettore ciò che Dante ha visto nell’aldilà.
"A riveder le stelle, in cammino con Dante”
«Quali sono le parole che ricorrono di più all’interno della Commedia? – ha esordito Nembrini – “Occhi”, “bene”, “vidi” e “mondo”. Basterebbero queste per capire tutta l’avventura di Dante nei mondi ultraterreni. Tutto è basato su uno sguardo, Dante ci insegna a guardare la realtà. Il suo non è problema innanzitutto teologico ma di sguardo su quello che accade». Sguardo, ma anche desiderio, l’altra chiave per immergersi nell’opera e nella propria vita. «Siamo in una fase di depressione, basta guardarsi intorno, non c’è desiderio. È come se volassimo troppo in basso, tutto è una noia, uno schifo. Eppure, la realtà ci risponde in base all’intensità della domanda. E quindi cosa cercate? Perché siete qui?» ha sfidato la platea di studenti. La lettura della Commedia diventa quindi un’occasione di riscoperta del proprio desiderio, di un qualcosa che ci apra lo sguardo.
«Pensate al primo canto dell’Inferno, quando Dante riferendosi a Virgilio scrive “Il ben che vi trovai”. Io ho capito questo verso quando sono stato a Karkov, in Ucraina, per un ciclo di incontri sull’educazione; ho incontrato questo ragazzo, si chiama Oleg, affetto da nanismo e cieco che aveva ascoltato tutto l’audiolibro della Divina Commedia. La cosa che gli mancava di più, mi ha detto alla fine dell’incontro, era il poter vedere le stelle. Abbiamo mosso mari e monti e l’abbiamo portato qui in Italia per poterlo operare, ha riacquistato la vista, riusciva a vedere la luna. Ma la cosa che l’ha colpito di più quando ha riaperto gli occhi era lo sguardo dei suoi amici. È il bene che vi trovai di cui parla Dante».
Il punto è quindi questo: Dante non va immaginato, ma è un’esperienza. «Quello che racconta nelle cantiche io l’ho vissuto in Sierra Leone con i bambini-soldato o con le donne che vivono nelle Favelas. Dante andando sempre più a fondo di sé, immergendosi nella propria esperienza umana, arriva a vedere la verità sull’aldiquà». Per poterlo fare ci vogliono maestri che prendano per mano, come Virgilio con Dante: “Allor si mosse, e io li tenni dietro”.