Dopo le esequie celebrate ieri, giovedì, alla Bovisa di Milano, stamattina una seconda cerimonia funebre nella natia Premana ha dato la possibilità alle tante persone che si sono radunate sul campo sportivo dell'oratorio San Luigi di dire addio a don Graziano, un uomo che ha fato del servizio e dell'impegno, in particolare nei confronti dei giovani, la sua missione di vita.
La comunità stratta attorno alla grande famiglia
Semplice, di legno nudo, finché sopra non sono stato deposto l'abito talare, simbolo del sacerdozio, la bara è stata adagiata sul palco che che ha fatto da altare per la Messa. Nove i sacerdoti concelebranti, tra i quali il decano don Lucio Galbiati, il vicario episcopale monsignor Maurizio Rolla, il parroco di Premana don Mauro Ghislanzoni. A presiedere l'ufficio funebre, l'Arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini, profondamente addolorato e commosso. A un lato dell'altare numerosi religiosi, preti e suore; all'altro lato una corale composta dalle voci di tanti amici aiq uali, a fine celebrazione eucaristica, si è unito uno dei fratelli di don Graziano, per cantare da solista una splendida Ave Maria.
Tra le centinaia di persone che hanno trovato posto nel quadrilatero del campo sportivo, sulle tribune ma anche lungo la strada panoramica che sovrasta la struttura, c'erano anche i componenti del Coro Nives, che poi al cimitero ha intonato il Signore della Cime. C'era il sindaco di Premana Elide Codega. E c'era la numerosa famiglia, stretta attorno a mamma Marcellina, vedova di papà Nicola, storico sagrestano, prematuramente scomparso una decina di anni fa: i nove fratelli, le quattro nuore, i tre generi, i ventuno nipoti.
L'omelia di monsignor Delpini per celebrare don Graziano Gianola
Gesù gridò a gran voce. Gridò “perché?”
Il grido. Un grido che scuote la terra. Un grido che squarcia il velo del tempo. Il grido che spalanca i sepolcri. Il grido che trafigge i cuori.
Quello che Gesù grida è “perché?”. Non è domanda per sapere una risposta. È il grido che protesta e inveisce contro la morte e chiama in causa Dio.
Maledetta sei tu, morte: Dio non ti vuole, perché spalanchi le tue fauci orrende?
Maledetta sei tu morte: tu mi spaventi! Angoscia che paralizza, che fai sudare sangue!
Perché? Perché l’abisso si spalanca e inghiotte la vita. Maledetta sei tu morte!
Perché continui a pretendere di essere più forte di Dio? Perché contini a insinuare il sospetto che il Padre, nella morte, abbandoni i suoi figli? Io ti sfido, morte! E nella morte continuo a pregare: Padre! Abbà! Padre! Padre!
Maledetta, morte, spietata, perché non distingui il giusto dall’empio, il tiranno delle vittime. Perché? Morte spietata! Perché prendi e massacri i miei amici? Perché strazi i bambini? Perché prendi il papà, la mamma? Morte maledetta!
Piuttosto prendi me!
Maledetta sei tu, morte! Io sono la vita! Vattene via, morte!
Insieme con il Figlio crocifisso, ha gridato, grida don Graziano: perché, morte maledetta? Insieme con il Figlio crocifisso, insieme con don Graziano, gridiamo anche noi, grida la Chiesa: perché? E nel grido la protesta e la preghiera ostinata: Padre! Padre!
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Gesù di nuovo gridò a gran voce. Gridò: “eccomi!”.
Il grido. Il grido indecifrato. Il grido che la terra e i viventi non sanno comprendere. Il grido che gli angeli raccolgono come raccolgono il sangue dell’Agnello. Il grido che forse il centurione, il pagano, lo straniero intuisce. L’ultimo grido. Che cosa ha gridato Gesù.
Gesù gridò a gran voce: “Eccomi!”. Mi hai chiamato: eccomi! Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato … Ecco, io vengo per fare la tua volontà (Cfr Eb 10,5.9).
“Padre, mi hai chiamato nei giorni lieti: eccomi! Tu non organizzi feste mondane, non vuoi sacrifici né offerta né decime, ma solo che io ti ami nei giorni lieti. Eccomi!
Padre, mi hai chiamato nei giorni tribolati: eccomi! Tu non vuoi i giorni tribolati, ma solo che io ami te e i miei fratelli e sorelle anche nei giorni tribolati. Eccomi!
Padre, mi hai chiamato nei giorni straziati, massacrati dalla violenza, angosciati dalla morte, la morte maledetta: eccomi! Tu non vuoi lo strazio né il massacro né la morte maledetta, ma che io ami te e i fratelli e le sorelle anche nei giorni dello strazio e del massacro e della morte maledetta: eccomi!
Eccomi, sempre. Continuo ad amarti e ad amare i fratelli e le sorelle. Eccomi, niente mi può separare da te, né vita, né morte, né presente, né avvenire. Eccomi.
Eccomi, io sto con te, Padre, dovesse costarmi la vita! Eccomi!
Insieme con il Figlio consegnato fino alla morte, grida don Graziano: eccomi, Padre! Per fare la tua volontà, per continuare ad amarti e ad amare i fratelli e le sorelle: eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato (Eb 2,13). Insieme con il Figlio crocifisso, insieme con don Graziano gridiamo anche noi, grida la Chiesa il grido indecifrabile: eccomi!
Gesù di nuovo gridò a gran voce. Gridò: “Alleluia! Gloria!”
Ma nel grido di Gesù risuona l’inaudito. Dall’abisso insondabile e spaventoso sale un grido inatteso, sconcertante, sconvolgente. Un grido di vittoria. Alleluia! Gloria a Dio!
Gesù colpito e umiliato, sotto i colpi e circondato dal disprezzo di coloro che passano curiosi sotto la croce, grida ancora una volta. Ma non è un gemito di pena. Non è una invettiva di condanna verso i miserabili figli degli uomini. Gesù ancora grida il grido dello scandalo: io vi perdono! Alleluia! La misericordia del Padre è più grande del vostro peccato! Alleluia, mentre voi insultate e picchiate, io già vedo che dentro di voi è seminato un principio di conversione. Alleluia!
Gesù infine morto e disceso agli inferi intona il canto glorioso che fa cadere le mura della città ostile, come una volta le mura di Gerico. I redenti gridano con Gesù il cantico della vittoria: Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, e forza al nostro Dio, seduto sul trono e all’Agnello.
Nel morire di Gesù si compie la sua ora e diventa visibile la sua gloria: e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio Unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità (Gv 1,14).
Alleluia! È il grido più difficile da imparare, è il grido più difficile tra le lacrime degli affetti che sembrano spezzati per sempre, nella desolazione dell’irreparabile. Ma don Graziano si unisce al grido di Gesù e vuole gridare “Alleluia! Lode, gloria, onore, al nostro Dio!”, perché vuole consolare la mamma e i fratelli e gli amici più cari. Vorrebbe squarciare i cieli e rivelare la gloria di Dio per insegnare il cantico dell’esultanza crocifissa, della gioia invincibile e insieme impossibile.
Alleluia.
Così canta anche la Chiesa, così gridiamo tutti insieme con le lacrime: Alleluia!
La celebrazione del funerale di un prete, la celebrazione del funerale di don Graziano non è il contesto per riflessioni e insegnamenti. C’è qualche cosa che si spezza, come un vaso prezioso che contiene un profumo di grande valore e nello spezzarsi irreparabile del vaso prezioso, nel diffondersi del profumo in tutta la casa non c’è posto se non per un grido.